Con che spirito andremo al voto
Marcello Veneziani La Verità (27 luglio 2022)
Con che spirito affrontare questi due mesi di campagna elettorale e poi il voto? Gli entusiasti non hanno dubbi e per loro sarà facile schierarsi. Beati loro. Ma per i disincantati, quelli che ne hanno viste troppe, quelli che hanno uso di mondo, esperienza di uomini e situazioni, e sanno come va a finire, si tratta di mettere a freno il proprio scetticismo e provare a ragionare, cercando di trovare motivi in positivo.
Sul piano generale, il tema preliminare che si propone è triplice. Riportare la politica alla guida dei governi. Riportare i governi alla guida di stati sovrani. Riportare il popolo sovrano alla guida della politica. Queste premesse generali già dicono quali sono i pericoli da sventare col voto: i commissari straordinari che diventano ordinari e restano a tempo indeterminato; la sottomissione degli stati sovrani alle oligarchie transnazionali e ai loro interessi; la nascita di governi su mandato delle oligarchie (la cupola) e non dalla volontà liberamente espressa dai cittadini sovrani e degli interessi popolari.
Sul piano pratico e specifico, questa premessa generale si traduce in precise conseguenze: priorità assoluta è avere finalmente un governo che non sia guidato, determinato e influenzato dal Partito Democratico, che finora è stato l’asse di tutti i governi che non sono nati dal popolo, sorti nel nome dell’emergenza. Riportare finalmente il Partito Dragocratico, in sigla PD, fuori dal potere, se il verdetto elettorale lo indica in modo chiaro e netto; e con loro tutti i loro alleati, ascari, dependance e periferiche.
Seconda condizione per restituire dignità alla politica è liberarsi dei grillini che sono stati il punto più basso e indecente dell’antipolitica che si è fatta potere; grillini, ex-grillini, contorsionisti e trasformisti, dilettanti e invasati. Hanno fatto danni con la loro azione politica e le loro leggi; e, come ulteriore danno, hanno fatto rimpiangere la prima repubblica, rivalutando i vecchi partiti, e sono riusciti a rendere inaccettabile il populismo.
Da queste premesse derivano scelte di voto ben chiare. In un sistema bipolare rispetto a questi mali maggiori, il centro-destra è da considerarsi quantomeno il male minore. Non aspettarsi nulla da loro, non pensare che possano cambiare davvero le cose. Votare dunque per schivare o per schifare il peggio. Ma senza riporre speranze o fiducia nel centro-destra.
Per quel che ci riguarda, come sapete, non abbiamo risparmiato critiche anche severe ai singoli leader del centro-destra e alla coalizione intero. Personalmente mi sforzerò in questi due mesi di restare in apnea fino alle votazioni; di non prendermela col centro-destra, coi loro leader, candidati e classi dirigenti, con la loro credibilità e affidabilità. Saranno già massacrati dalla Grande Macchina del Potere in tutte le sue ramificazioni, e non ci aggiungeremo noi ad aggravare la pena. Anzi la campagna di linciaggio, già partita, accenderà la voglia di difenderli e di combattere la piovra scatenata dai cento tentacoli. Sarà prioritario buttar fuori dal potere i Dem, la cupola dei poteri cresciuta intorno a loro, più la galassia di alleati, complici, derivati annidati nei governi, nelle istituzioni, nella cultura, nell’informazione, nell’intrattenimento, nei poteri diffusi, nella magistratura e in tanti altri ambiti. E lo sciame di leggi che vorrebbero introdurre per snaturare definitivamente la nostra società. È triste votare contro, anziché a favore, benché il voto contro sia stata la molla prioritaria della politica in Italia, tra antifascismo e anticomunismo, antiberlusconismo e ora antisovranismo. Ma la spinta originaria della politica, lo insegnava Carl Schmitt sulla scia di Hobbes e Machiavelli, è il conflitto, le alleanze che si costituiscono per fronteggiare il Nemico.
Più facile sarebbe stato incoraggiare l’astensionismo, chiamare fuori e tirarsi fuori. E facile sarebbe sostenere piccole formazioni più radicali che raccolgono gli scontenti della destra, della lega, dei grillini: ma è una legge inevitabile della politica che la loro intransigenza è direttamente commisurata al momento nascente di opposizione radicale. Finché sono irrilevanti fanno la voce grossa. Se dovessero avere i numeri per diventare forza di governo, oltre a mostrarsi anche loro inadeguati, ripercorrerebbero gli stessi “tradimenti” che attualmente denunciano delle forze “vendute” al sistema.
Con ogni probabilità quelli del centro-destra cederanno su molte cose per sopravvivere, su alcune saranno inefficaci o intimiditi; alcuni si venderanno alla Cupola, se già non è successo. Ma lasciando il passo ai loro avversari, avremo non la probabilità ma la certezza che le priorità del Paese reale verranno calpestate. E dunque dovendo scegliere tra i nemici virulenti e gli inefficaci difensori, obtorto collo, preferiremo comunque, per realismo, i secondi. È ben chiaro che una scelta di questo genere è a sangue freddo, turandosi naso orecchie e gola, e talvolta anche tappandosi la vista. Condivido quasi tutte le critiche attualmente rivolte ai tribuni del centro-destra; le ho espresse fino all’altro giorno. Ma l’idea di battere o arginare un potere soffocante e avverso, all’insegna del politically correct e dei dettami della Cappa, è impellente e non consente diversioni e defezioni. Un atteggiamento del genere è distaccato e disincantato, ma non va incontro a delusioni perché non abbraccia illusioni. Una cosa sola vi chiedo: accogliete o respingete questo ragionamento ma non siate malpensanti. Possiamo sbagliarci ma non abbiamo mai sostenuto tesi per trarne personale profitto e non lo faremo certo ora, in età grave.
Altri invece, gli entusiasti, avrebbero preferito un fervorino per l’ordalia, un appello euforico alle armi. Vi capisco, ma non è il caso. Abbiamo i piedi per terra e ci limitiamo solo a opporci a chi ci mette i piedi in testa e ci vuole sotto terra.