Rita Dalla Chiesa, “guarda e impara!”: la lezione a Giuseppe Conte

Riportiamo l’articolo di Libero.it

Rita Dalla Chiesa umilia il leader del Movimento 5 stelle – uno dei pochi leader politici che non erano presenti ai funerali del Cavaliere mercoledì 14 giugno nel Duomo di Milano – con un post pubblicato sul suo profilo Twitter dove mostra la foto di Giorgio Almirante, fondatore e leader storico del Movimento sociale italiano, alle esequie di Enrico Berlinguer, segretario del Partito comunista: “Questo era Almirante ai funerali di Berlinguer”, scrive la conduttrice e deputata di Forza Italia. “Chi non era in Duomo (per i funerali di Silvio Berlusconi, ndr) dovrebbe imparare… Ci sono doveri istituzionali che vanno oltre le idee, Giuseppe Conte”.

Una bordata al leader del Movimento 5 stelle evidentemente inchiodato alla sua maleducazione. Conte ha poi provato a spiegare le sue ragioni e oggi in una intervista a Il Fatto quotidiano dice: “Non sono andato per rispetto sia nei confronti dei suoi cari e di tutti coloro che l’hanno amato e sostenuto, sia nei confronti dei principi e dei valori della nostra comunità politica. Ma trovo davvero surreale questo clima di canonizzazione di Berlusconi, tra iniziative celebrative del governo, programmazione tv a reti unificate e sospensione delle attività in varie istituzioni, comprese le aule parlamentari”.

Giuliana de’ Medici Almirante: “Giorgia Meloni è coraggiosa. Guardi sempre ai valori del MSI”

Giuliana de’ Medici Almirante figlia di donna Assunta e Giorgio Almirante interviene in esclusiva su “Le Banche d’Italia” parlandoci di politica attuale, di giovani e dei suoi dolcissimi genitori. Essa è segretario nazionale della Fondazione Almirante.

 

Giuliana de’ Medici Almirante quali sono a suo avviso le migliori qualità politiche della prima donna premier del nostro Paese Giorgia Meloni?

Sicuramente la tenacia e il coraggio. Ha avuto coraggio a separarsi da Berlusconi per fondare Fdi e poi ha avuto la tenacia di lavorare per arrivare a essere premier. 

Suo padre Giorgio Almirante, secondo lei, che consigli darebbe alla Meloni?

È difficile dire cosa lui potrebbe pensare oggi. Inevitabilmente è il mio pensiero che esprimo. Io le direi di guardare un po’ di più a quei valori del passato che tutti le vogliono far dimenticare. Parlo del MSI ovviamente che ha avuto una storia gloriosa e che ha avuto anche momenti difficili che ha però sempre superato. 

La Fondazione Almirante che obiettivi ha?

La Fondazione Almirante è nata per portare avanti proprio quegli ideali e quei valori che Giorgio Almirante ha predicato per tutta la sua vita. Ha però solo intenti culturali e di studio. 

Da quando si è insediato il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, quali misure importanti ha messo in atto?

Onestamente per ora non credo nulla. Ma dobbiamo dargli il tempo di valutare studiare e organizzare una situazione tragica che ha trovato in regione. 

Cosa augura all’Italia per il suo futuro?

Mi auguro soprattutto che si possa offrire ai nostri giovani un futuro migliore di quello che si presenta oggi. Vede tutti parlano male dei ragazzi che non hanno voglia di lavorare e che non vogliono fare sacrifici. In parte sarà anche vero ma la maggior parte sono ragazzi mortificati e che hanno perso l’entusiasmo per il loro futuro. 

Che ricordi ha dei suoi genitori donna Assunta e Giorgio Almirante?

I ricordi dei miei genitori sono dolcissimi. Sono stata sempre riempita d’amore da parte loro. Erano due persone eccezionali e sono felice e orgogliosa di essere cresciuta in questa famiglia 

Diversi anni fa intervistai la sua cara mamma, persona cordiale e forte allo stesso tempo, di cui ho sempre apprezzato le qualità umane. Cosa le manca di lei?

Mi manca tutto. Io sono sempre stata molto legata a mamma con cui ho condiviso i momenti belli e brutti della vita. Negli ultimi anni poi quando lei si era ritirata a una vita più tranquilla abbiamo vissuto in simbiosi. Credo di aver avuto, più che gli altri figli, un rapporto speciale e unico. 

Il direttore responsabile Agrippino Castania

Enrico Berlinguer moriva 39 anni fa. Il gesto di Almirante fu il simbolo dell’omaggio dell’Italia intera

Quel giorno di 39 anni fa molti di noi ricordano cosa stavano facendo. Quella sera, il 7 giugno , in piena campagna elettorale per le elezioni europee, Enrico Berlinguer cadde  sul palco di Padova colpito da un ictus. Morirà quattro giorni dopo e il Pci, sfruttando l’effetto commozione, diventerà il primo partito italiano. Icona straordinaria della sinistra massimalista, sardo e borghese, ricco di famiglia, Berlinguer aveva incarnato lo spirito proletario non senza contraddizioni.

Negli anni Settanta a Sofia avevano tentato di farlo fuori. In un’intervista dichiarò di sentirsi più sicuro “sotto l’ombrello della Nato” nonostante quella spettacolare organizzazione del suo partito, con migliaia di funzionari, si reggesse grazie ai dollari che annualmente il Pcus gli elargiva. Sul piano strettamente politico Berlinguer aveva subito una sorta di trauma con l’omicidio Moro, che congelava ogni ipotesi di costruzione alternativa con il Pci protagonista.

Craxi, il nemico

In quel 1984 c’erano un Capo dello Stato socialista ma soprattutto un Premier socialista, autonomista e coraggioso che aveva, con molta spregiudicatezza, lanciato una sfida di riformismo e di modernizzazione culminata con Il decreto di San Valentino sulla scala mobile. Craxi era già il nemico da abbattere dal Pci. Berlinguer, destinato eternamente all’opposizione, il Papa di una Chiesa che raccoglieva il consenso di un terzo degli italiani. Quell’emorragia cerebrale arrivò mentre l’Urss si apprestava ad eleggere segretario Gorbaciov e ad avviare un quinquennio di glasnost che sarebbe coincisa con il dramma della implosione e della caduta del socialismo reale nella cortina di ferro. Un po’ di anni prima, Berlinguer aveva posto la questione morale. Un’accusa  implicita al sistema di corruttela del pentapartito ma anche un monito a una flessione notevole dei valori morali che stava attraversando gli anni Ottanta.

Per molti la morte di Berlinguer fu la fine della Prima Repubblica

Berlinguer morì sul “lavoro”, così come avrebbe fatto quattro anni dopo Giorgio Almirante. Proprio il leader missino fu , per citare la figlia Bianca, l’emblema  migliore dell’omaggio dell’Italia intera a Berlinguer con quella lunga camminata da cittadino anonimo in fila per salutare il feretro. Quella sera di 39 anni fa segnò per molti versi la morte anticipata della prima Repubblica. Il leader che cede nella drammaticità delle immagini conferma la corporeità di ciò che rappresentava. Era un uomo che portava in sé il carisma tipico di quelle guide immanenti che, proprio come i Papi, vanno via solo con la morte. 40 anni dopo il deserto totale accompagna la politica. Non più divisa per classi o per rappresentatività. In un mondo totalmente cambiato nemmeno la questione morale ha più lo stesso sapore. In mezzo, nonostante la sua antistoricità, l’immagine eterna di un uomo che ispirava fiducia in chiunque ne incrociasse lo sguardo. Un uomo onesto.

RADICI PROFONDE SI PENSIERO UNICO NO , intervento di Roberto Rosseti

Martedi 30 maggio nei saloni della Fondazione An in via della Scrofa si è tenuto un
convegno- dibattito sul tema: “Radici profonde si, pensiero unico no” che aveva lo
scopo di rappresentare tutte le posizioni del mondo di destra in questo particolare
momento politico e gli stretti legami con quello che ha rappresentato la cultura di
destra in Italia. Sono stato invitato ad intervenire quale membro della Fondazione
Giorgio Almirante ed ho avuto in tal senso l’avallo di Giuliana De Medici. Quanto
ripropongo è una sintesi dell’intervento a conclusione del convegno.

“Credo che sia opportuno affermare immediatamente che siamo tutti convinti della
impossibilità del ritorno del FASCISMO come forma di potere politico, diverso è
ritenere che, se è vero che si parla di radici profonde, non si possa onestamente
confessare che la generazione a cui appartengo e quella che va dalla fondazione del
Msi sino al 1994, faceva riferimento in maniera esplicita a quella esperienza di
governo anche se con la formula: “Non rinnegare,non restaurare”. Quello che si
chiedeva era esclusivamente un giudizio obbiettivo legato al periodo storico in
quelle vicende avevano avuto luogo. Ed è per questo che ,prima, vorrei parlare di
altri pilastri della civiltà che hanno avuto la loro culla in Italia: L’Impero Romano ed
il CATTOLICESIMO.
A dimostrazione che la storia la raccontano sempre i vincitori ancora adesso nella
scuola molti studenti liceali si cimentano nella lettura del De Bello Gallico, opera di
Giulio Cesare che racconta della strage dei Galli. E’ lo stesso condottiero romano
che quando parla della battaglia di Alesia racconta che, grazie a quella vittoria,
vennero uccisi oltre un milione di Galli. Un vero e proprio genocidio. Non che i
romani siano stati più generosi o meno sanguinari in altre occasioni basti pensare
alla totale distruzione di Cartagine, con tanto di spargimento di sale sulle rovine
perché non crescesse neanche più l’erba, al termine delle guerre puniche, o alla
conclusione della rivolta di Spartaco con la crocifissione di tutti gli schiavi, uomini o
donne che fossero, che avevano partecipato all’insurrezione.
Toccherà poi ai martiri cristiani essere dati in pasto alle belve in quanto eversori
dell’ordine pubblico e destabilizzatori dell’impero romano.
Le persecuzioni nei loro confronti cesseranno nel 313 d.c con l’editto di Costantino
ma basteranno soltanto 70 anni, quando con l’editto di Tessalonica il Cristianesimo
diventerà religione di Stato, per trasformarsi da vittime in carnefici. Da allora inizia

una serie di stragi di chi non vuole rinunciare alle divinità pagane, distruzione dei
templi, saccheggi di intere città. Riporto solo alcune delle più conosciute in ordine
temporale e tratte dall’inchiesta: “I crimini della Chiesa Cattolica”
Nel 782, 4.550 Sassoni vengono “cristianamente” decapitati su ordine di Carlo
Magno per aver rifiutato il battesimo cattolico.
Nel 1096, 800 ebrei vengono massacrati dai cattolici a Worms, in Germania ed altri
700 ebrei vengono massacrati a Magonza.
Nel 1191, 2.700 progionieri di guerra musulmani sono cristianamente decapitati
dai Cristiani in Palestina.
Nel 1208, 20.000 “eretici” catari vengono massacrati dai Crociati a Beziers in
Francia.
Nel 1219 altri 5.000 catari sono massacrati a Marmande, sempre in Francia.
Nel 1391 4.000 ebrei sono massacrati dai cattolici a Siviglia in Spagna.
Non possiamo poi tralasciare ciò che avvenne durante le Crociate: nella cosidetta
crociata dei pezzenti vi furono violenze inenarrabili che causarono la morte di
migliaia di persone: venivano arrostiti allo spiedo perfino i bambini! Quando, nel
corso della prima crociata, fu presa Gerusalemme nel 1099, furono trucidate dai
Cristiani 60.000 persone, senza nessuna distinzione tra musulmani, ebrei, donne e
bambini. Le violenze si ripeteranno per tutte le altre Crociate.
Con l’istituzione della Santa Inquisizione si arrivò al risultato di ottenere le
confessioni estorte con le torture più svariate. E si arriva fin quasi ai giorni nostri
visto che possiamo parlare di quanto compiuto nell’evangelizzazione del Sud
America
Sia ben chiaro che , se parliamo di religioni ,l’Islam non è stato certo da meno anzi
l’Isis o Al Qaida sono fenomeni attuali e sono migliaia le loro vittime in tutti gli
angoli del mondo.
Questo per dimostrare che il giudizio storico che viene dato non si basa solo ed
esclusivamente sugli atti, sia pur terribili compiuti, ma sul complesso dei risultati che
tali fenomeni religiosi, politici o culturali hanno raggiunto nel corso dei secoli.
C’è un solo fenomeno che riesce forse a superare, in quanto a numeri negativi , gli
esempi riportati ed è il Comunismo. Questi, in estrema sintesi, i risultati ottenuti dai
seguaci di Marx.
 URSS, 20 milioni di morti,
 Cina, 65 milioni di morti,
 Vietnam, un milione di morti,
 Corea del Nord, 2 milioni di morti,

 Cambogia, 2 milioni di morti,
 Europa dell'Est, un milione di morti,
 America Latina, 150 mila morti,
 Africa, un milione 700 mila morti,
 Afghanistan, un milione 500 mila morti
Se poi vogliamo guardare a tempi più vicini possiamo citare la strage degli
Armeni, il Darfur, Ruanda, Timor Est, i Balcani, quanto avviene in Libia, Somalia,
Yemen, Siria, Iraq. Non c’è parte del mondo che non abbia le sue vergogne da
nascondere.
Ma veniamo ai tragici numeri che inchiodano la dittatura fascista allesue
responsabilità. N u eri reali che sono il frutto degli studi e delle pubblicazioni di
chi l’ha osteggiata e combattuta.
Dal 1926, data di esordio del Tribunale Speciale che doveva giudicare i crimini
contro il fascismo e comprende omicidi, attentati e addirittura il tentativo più
volte di assassinare Mussolini, le condanne a morte emesse sono state 24 fino al
1942, in tutto 5619 i detenuti politici.
Per fare un paragone basti pensare che solo dal 1970al 1983 sono stati più di venti i
giovani missini assassinati soloperchè iscritti al partito o alle sue organizzazioni
giovanili-
Se parliamo però delle vittime del terrorismo i questi quasi 80 anni di splendida
democrazia repubblicana arriviamo tranquillamente ad oltre un migliaio di vittime
ed i detenuti politici sono complessivamente decine e decine di migliaia. E non esiste
strage in cui non siano coinvolti uomini dei servizi segreti italiani o comunque legati
ai servizi. E non chiami moli “deviati” perché i responsabili politici erano sempre
uomini facenti parte del potyere istituzionale. Per essere precisi quasi tutti
democristiani.
Proprio la settimana scorsa, nell’ambito della trasmissione condotta da Andrea
Purgatori sulla Sette, l’ex magistrato ed parlamentare del Pd Pietro Grasso non si è
vergognato di raccontare come,nell’esercizio delle sue funzioni, fosse venuto a
conoscenza da alcuni pentiti che, alcuni attentati compiuti sul continente dalla mafia
ed altri che dovevano essere progettati , dovevano avere la firma “Falange armata”.
Sigla già usata diverse volte per fare ricadere su presunte organizzazione neofasciste
la responsabilità.
Non solo ma , visto che sono qui nella veste di componente della Fondazione Giorgio
Almirante, vorrei ricordare che le uccisioni di militanti missini ed il tentativo di
criminalizzare un mondo nascono dopo i grandi successi elettorali del 1970 e 1971. Il

primo tentativo di accusare l’Msi di ricostituzione del partito fascisto è del 1973 e
verrà inutilmente reiterata nel 1975, 79 ed 82.
Visto che non si riescono ad ottenere risultati neanche in questa maniera si tenterà
la carta della scissione con Democrazia Nazionale nel 1976- Fanfani ne è la mente
coadiuvato dal suo collaboratore e capo ufficio stampa della Rai nonché sindaco di
San Felice Circeo, Giampaolo Cresci, che offre incarichi e contratti. I finanziamenti
sono garantiti dalla P2 e da un signore allora sconosciuto: Silvio Berlusconi, come
racconterà lo stesso parlamentare scissionista Raffaele Delfino.
Se ne vanno 17 parlamentari su 34 e nove senatori su quindici ma l’esperienza
abortisce nel 1979 quando alle elezioni nessuno verrà riconfermato da popolo
italiano. Questa è la storia e non rispettarla o tentare di nascondere la verità
significa tagliare le proprie radici.
Proprio in quell’anno, al dodicesimo congresso del Msi che si tiene a Napoli,
Giorgio Almirante lancia una battaglia che rappresenta una svolta assoluta nel
campo delle riforme istituzionali. Sopra il banco della presidenza lo striscione porta
la scritta: Per una nuova repubblica.
Quest0 quanto riportato nella mozione di maggioranza:
“Occorre un’autonomia, morale quindi culturale e quindi politica , che ci consenta –
soprattutto al cospetto delle nuove generazioni – di presentarci come autentica forza
di rinnovamento.
La modernità, cioè la volontà e la capacità di guardare ai grandi problemi della
società contemporanea, senza complessi di inferiorità, nei confronti delle nostre
come delle altrui tradizioni; e quindi di saper essere opposizione creativa e non
soltanto negativa e distruttiva.
La popolarità, cioè il costante contatto con il partito e la società, tra i rappresentanti
del partito nelle assemblee elette dal popolo e gli interessi morali e materiali, in una
costante e sempre più valida mobilitazione a favore degli interessi reali-
Per condurre tale battaglia con efficacia e con stile, con validità di
contenuti……..occorre portare avanti con coraggio, da posizioni di avanguardia il
discorso che si impone ormai alla coscienza degli italiani; il discorso sulla nuova
Repubblica, visto il conclamato fallimentare della prima Repubblica italiana del
dopoguerra, e quindi il il discorso sullo Stato e sulla societภil discorso sull’Europa; e
pertanto il discorso sul sistema, quello che le altre forze politiche da qualche tempo

chiamano il discorso sulla “terza via” o sul “terzo modello”, previo riconoscimento,
che sembra unanime, della non validità sia del primo che del secondo modello, cioè
del modello marxista che del modello capitalista.”
“Il vero discorso che si deve aprire è quello della integrale revisione della Costituzione
, per trasformare l’Italia, con tutte le garanzie della libertà, in una Repubblica
sganciata dalla partitocrazia al vertice, cioè con Presidente eletto dal popolo, dotata
di autorità, cioè con Presidente in grado di nominare l’esecutivo e con esecutivo
immune dai capricci e dai ricatti di una partitocrazia arbitra del Parlamento, fornita
di adeguati controlli, con un Parlamento eletto e selezionato non soltanto nel nome
dei partiti , ma con la rappresentanza delle categorie ed il requisito della competenza
associato a quello della rappresentanza politica. L’attuale Costituzione della
Repubblica, in nome della quale tanti delitti si commettono e tante lacrime inutili si
versano, è dai suoi stessi genitori abbandonata e tradita .”
Soltanto cinque giorni dopo la fine del Congresso di Napoli, il 12 ottobre 1979, il
presidente del gruppo del Movimento Sociale alla Camera, on. Alfredo Pazzaglia
portava formalmente il problema in Parlamento e , intervenendo nel dibattito,
chiedeva un’autentica riforma istituzionale che indirizzasse il Paese verso una
“Nuova Repubblica per superare la crisi del sistema”.
Su questo tema Almirante ed il Movimento Sociale Italiano si sono spesi per anni
tanto è vero che nel 1982, in occasione del tredicesimo Congresso di Roma ,
Almirante presentò addirittura il progetto di una nuova Costituzione che
prevedesse, oltre alla elezione diretta del Presidente della Repubblica anche quella
dei Presidenti delle Regioni,dei Comuni e delle Province, un Parlamento
monocamerale eletto per metà dal popolo e metà dalle categorie. Molte di queste
proposte sono state acquisite nel tempo tanto è vero che , attualmente, si decide
così per Regioni e Comuni, le province non esistono più, ma ci si è ben guardati dal
dire chi per primo aveva avuto questa intuizione.
La commissione Bozzi, la commissione Jotti, Bettino Craxi, Giuliano Amato,
Gianfranco Miglio, Mario Segni, via via fino ai tempi nostri non vi è stato qualcuno
che non si sia appropriato ingiustamente di una proposta che ha un padre e di cui si
conosce perfettamente il nome. E’ lo stesso uomo che, prima di qualsiasi altra cosa,
ci ha insegnato come si deve vivere, come ci si deve comportare anche a costo di
rischi e sacrifici ma senza mai abbandonare un’unica bandiera: la coerenza. Questo è
il suo testamento al quale spero ancora oggi di non dover mai venire meno.

“ Noi siamo caduti e ci siamo rialzati parecchie volte. E se l’avversario irride alle
nostre cadute, noi confidiamo nella nostra capacità di risollevarci. In altri tempi ci
risollevammo per noi stessi. Da qualche tempo ci siamo risollevati per voi, giovani,
per salutarvi in piedi al momento del commiato, per trasmettervi la staffetta prima
che ci cada di mano, come ad altri cadde nel momento in cui si accingeva a
trasmetterla. Accogliete dunque, giovani, questo mio commiato come un ideale
passaggio di consegne. E se volete un motto che vi ispiri e vi rafforzi, ricordate:
Vivi come se tu dovessi morire subito
Pensa come se tu non dovessi morire mai .
Se le sue idee sono talmente attuali e moderne che , a distanza di quasi 44 anni dalla
loro enunciazione, nessuno ancora è riuscito a realizzarle , a maggior ragione deve
essere apprezzato il suo comportamento a livello umano perché non ha mai
rinunciato o rinnegato quello in cui credeva. Ed è per questo che in me è profonda
la certezza di essere un convinto Anti-antifascista.
Roberto Rosseti