Napoli, delirio-Pd: “Questa rotonda è fascista, ecco perché”.

15/02/2024 LiberoQuotidiano.it

Una rotonda con una pianta al centro. Il muretto di pietra, i segnali che indicano il senso di marcia. Sullo sfondo, una fabbrica e quello che sembra un ipermercato. Insomma, potremmo essere in una qualsiasi delle migliaia di rotonde sparse per l’Italia. E invece no. Quella che vedete qui sopra non è affatto come tutte le altre. Perché, signore e signori, nella foto potere vedere una minacciosa e pericolosissima rotonda fascista…

Siamo a Sant’Anastasia, paese di 26.156 abitanti della città metropolitana di Napoli. E qui, il 7 febbraio (probabilmente approfittando del fatto che l’Italia intera era distratta dal Festival di Sanremo), l’amministrazione comunale, con una delibera della Giunta, ha deciso di intitolare la rotonda incriminata nientemeno che a Giorgio Almirante, storico leader del Movimento sociale italiano. Serve dire cosa è successo dopo?

Ovviamente avete già capito. Essì, la sinistra, a partire dal Partito democratico per arrivare alla solita Anpi, ha risposto con una raffica di dichiarazioni indignate. «Ricordiamo tutti chi era Almirante», hanno tuonato Marina Mollo e Peppe Maiello, del gruppo consiliare dem in comune. E via: «Durante il regime fascista fu un importante dirigente del partito, autore di articoli fascisti e antisemiti. Non ha mai rinnegato la sua fede fascista e la sua ostilità alla democrazia nonché la sua ammirazione per Benito Mussolini. Dedicare un’area pubblica ad Almirante vuol dire celebrarlo e con lui celebrare il fascismo. Questa è la più alta violazione alla nostra Costituzione».

Quindi, come detto, il comunicato dell’associazione dei partigiani: «L’Anpi prende le distanze con profonda indignazione e incredulità da questa ennesima scelta che testimonia la determinazione abietta di rimuovere la Storia, di legittimare certe ideologie, di negare responsabilità del passato e spazzare via anni di lotte, quelle lotte che hanno contribuito a cancellare la pagina più buia della nostra storia al fine di far trionfare la democrazia e la giustizia. Il fascismo non è un’opinione, è un crimine».

Eccoci qui, alle prese con la spinosa questione di una rotonda incostituzionale. Ora, le vie ad Almirante sono sempre causa di scontro politico e divisioni. Però vanno ricordate alcune cose: – È vero che Almirante ha aderito alla Repubblica sociale, ma soprattutto, dopo la guerra, è stato leader della destra italiana per circa vent’anni e deputato della Repubblica per quarant’anni ininterrotti, dal 1948 al 1988, dalla prima alla decima legislatura. – È vero che Almirante ha scritto articoli antisemiti, ma questa parte del suo passato l’ha più volte rinnegata in maniera chiara e netta, come peraltro diversi ex fascisti poi diventati guru della sinistra…
– I progressisti e i membri dell’Anpi di Sant’Anastasia dovrebbero rileggersi quello che di Almirante ha detto, per esempio, l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Almirante è stato espressione di una generazione di leader di partito che, pur da posizioni ideologiche profondamente diverse, hanno saputo confrontarsi mantenendo reciproco rispetto, a dimostrazione di un superiore senso dello Stato che ancora oggi rappresenta un esempio». Correva l’anno 2014. Allora un Capo di Stato ex comunista certe cose poteva dirle. Oggi non si può più, bisogna solo insultare. È il rischio delle rotonde, quando si sbaglia strada può capitare di tornare indietro…

PER NON DIMENTICARE

«Il Giorno del Ricordo è arrivato tardi, drammaticamente tardi: 60 anni dopo e con tanta fatica (l’ iter parlamentare è durato 10 anni)». A scrivere un lungo e vibrante intervento è Roberto Menia, il papà della legge che istituì il 10 febbraio come data per ricordare. Una data simbolo “per seminare memoria, recuperare dalla polvere della storia vicende nascoste, occultate, dimenticate, mai raccontate, infoibate anch’esse”. Il senatore di Fratelli d’Italia rammenta su Libero quanta  fatica sia costata arrivare a questo. Figlio di un’esule istriana, oggi afferma «Adesso il debito morale dell’Italia è in parte sanato». Ma quanta fatica e quanto tempo ci sono voluti per approdare ad un momento di pietas collettiva.

Menia: “Il Giorno del Ricordo è arrivato drammaticamente tardi”

“Richiesta di giustizia, amore, umanità, rispetto. E quando si semina prima o poi si raccoglie”, scrive Menia. Ma i rimpianti non si dissolvono:  il “Giorno del Ricordo” è arrivato tardi. “E molto, moltissimo, è andato perduto. I tesori della memoria di tanti vecchi, la cantilena della lingua del dolce sì, i profumi, lo spirito, le tradizioni. Troppi, donne e uomini, hanno chiuso gli occhi seppellendo con loro le vecchie care memorie. Le città hanno cambiato nome e quasi nessuno, oggi, in Italia conosce più Parenzo, Pola, Fiume, Zara: le chiamano Porec, Pula, Rijeka, Zadar”.

Menia, il bilancio: “In tanti hanno saputo quel che non sapevano”

“Convenienze politiche di ordine interno e internazionale indussero a cancellare dalla coscienza e dalla conoscenza degli italiani questa grande tragedia nazionale – scrive Roberto Menia-. Una tragedia che per decenni è rimasta confinata nelle memorie private delle nostre famiglie; lassù, in quell’angolo d’Italia alla frontiera orientale”. A quasi vent’anni dall’istituzione del giorno del ricordo, il bilancio che trae  Menia è in parte positivo: “è giusto dire che quella legge ha almeno in parte sanato il debito morale dell’Italia tutta nei confronti della tragedia giuliano -dalmata. Tanti hanno saputo quel che non sapevano. Nelle scuole si è iniziato a studiare, parlare, conoscere; città e paesi d’Italia hanno intitolato vie, parchi e percorsi alla memoria delle foibe e dell’esodo”.

“I negazionisti, piccole sacche condannate dalla storia”

Certo, non tutto è positivo: “Rimangono ancora, confinati fuori dal presente e da quel sentimento di umanità che dovrebbe legare ogni connazionale, i negazionisti in servizio permanente effettivo. Ma sono piccole sacche, condannate dalla storia. Oggi, 10 febbraio, l’Italia, quella dolce e orgogliosa di cui noi, figli dell’esodo, siamo innamorati, si riconcilia. E riconosce nella sua compiutezza il valore della grande prova che i giuliano -dalmati le seppero offrire.

IL GESTO DI ALMIRANTE E BERLINGUER – Frascati 12 Febbraio ore 17.30

Il dibattito politico per essere tale ha bisogno di tutti gli attori protagonisti in campo. La nostra visione della politica è differente e improntata alla dialettica per analizzare temi e prospettive passate e future.Vi aspettiamo a Frascati, presso il Palazzo Comunale  “Sala degli specchi”, Lunedì 12 Febbraio alle ore 17::30.

 


Fascismo ed ebrei, le idiozie (anche a destra) hanno stufato

Riceviamo da Caio Mussolini la lettera da lui inviata al giornale on line  ” il Primato Nazionale “.Ci sembrano delle considerazioni  molto equilibrate e lo condividiamo volentieri con gli amici della Fondazione

PN     il Primato Nazionale 

Roma, 1 feb – Pubblichiamo un commento espresso  da Caio Mussolini sul tema del fascismo e degli ebrei, in contestazione aperta con quanto asserito da alcuni esponenti di FdI, suo stesso partito. La questione storica e la mancanza totale di lucidità sull’argomento rendono necessario approfondirla con serietà, ma soprattutto con un minimo di logica.

Fascismo ed ebrei, un po’ di buon senso contro i deliri storici che divampano anche a destra

Gentile Vice Direttore Fergola,

Vi scrivo per poter condividere alcune riflessioni in merito all’evento tenutosi a Roma e riportato nell’articolo a firma di Alessandra Parisi, non essendomi stata data l’opportunità di farlo direttamente dalle pagine del Secolo d’Italia.

Prendo spunto dall’importante evento tenutosi la settimana scorsa a Montecitorio e realizzato con l’obiettivo di preservare la memoria riguardante le tragedie del XX secolo subite dal popolo ebraico. Iniziativa lodevole e condivisibile che si collega alla nostra tormentata storia del XX secolo, e proprio per questo motivo un ponderato e attento uso delle parole sarebbe stato auspicabile, specialmente da parte di chi ricopre importanti cariche istituzionali.

Mi permetto subito di evidenziare, citando proprio Hannah Arendt che il fascismo non è stato “totalitarismo”. Infatti il F. non è mai riuscito a controllare completamente la vita dello stato perché la Chiesa e la monarchia si sono mantenute autonome rispetto ad esso. Inoltre il F. non ha praticato il terrore né lo sterminio di massa e per questi motivi lo si può definire “imperfetto”. Invero i due totalitarismi europei erano quello nazista e quello comunista dell’Unione Sovietica. Basta leggere il libro della stessa scrittrice “Le origini del totalitarismo” di Einaudi, per capire le grandi differenze tra la dittatura fascista e i due totalitarismi.

Il fascismo, contrariamente a quanto sostenuto dal relatore, non ha “sistematizzato giuridicamente l’annientamento del popolo ebraico per poi eseguirlo”. Invero sino al 8 settembre 1943 è stato il contrario, vedi la Delasem, le partenze da Trieste (città definita Sha’ ar Zion) in nave effettuate sino al 1943 verso Israele organizzata da Misrad ha sochnut ha yehudit; vedi Primo Levi che ha potuto laurearsi normalmente in chimica a all’università di Torino nel 1941, o basta leggere cosa scriveva lo storico ebreo Léon Poliakov per indicare la protezione posta in essere da Benito Mussolini a favore degli ebrei (non solo italiani), che usò l’espressione  “Scudo protettore” (Léon Poliakov, “Il nazismo e lo sterminio degli ebrei”, pagg. 219-220). Questo scudo si ergeva non solo in Italia, ma in Croazia, in Grecia, in Egeo, in Tunisia, in poche parole ovunque penetrassero le truppe fasciste.

Anche lo studioso israelita Menachem Shelah nel libro intitolato Un debito di gratitudine (verso l’Italia) evidenzia il forte contrasto e aperto conflitto tra la linea italiana e quella tedesca nei confronti degli ebrei.
Finanche un autore antifascista come Mario Avagliano riconosce che: “in Francia, Jugoslavia e Grecia i comandi italiani intervengono spesso a difesa degli ebrei, e sottraggono molti di loro ai tedeschi, salvandoli dalla persecuzione e dalle deportazioni”.

Le leggi razziali, profondamente sbagliate e ingiuste poiché le comunità ebraiche erano presenti da secoli in Italia e perfettamente inserite nel tessuto sociale, nonostante le discriminazioni e ingerenze nella loro vita nei secoli che venivano storicamente da oltre Tevere. In aggiunta, molti ebrei avevano partecipato con entusiasmo alla Marcia su Roma, mentre tanti altri avevano avuto incarichi apicali nell’amministrazione pubblica (es. Finzi, Jung, Rava, Toeplitz, Almansi, Del Vecchio…). Tuttavia, le leggi razziali “discriminavano” e non perseguivano, e fino al 25 luglio 1943 nessun ebreo fu perseguitato né tantomeno deportato. Sarebbe sempre importante anche contestualizzare il periodo storico, basti pensare che la “grande democrazia” degli USA nel 1939 non permisero l’attracco della Nave Saint Louis procedente dal porto di Amburgo con più di 900 ebrei che scappavano dalle persecuzione naziste o ricordare che le loro leggi razziali vennero abolite col Civil Right Act solo nel 1964!

Il relatore conclude il suo intervento citando il libro di Hannah Arendt La banalità del male, che immagino abbia letto. Deve essergli tuttavia sfuggito cosa l’autrice scriveva proprio in merito al governo fascista e agli italiani nelle pagine finali, da 182 a 187, dove ad esempio riportava che: “Il sabotaggio italiano della soluzione finale aveva assunto proporzioni serie, soprattutto perché Mussolini esercitava una certa influenza su altri governi fascisti – quello di Pétain in Francia, quello di Horthy in Ungheria, quello di Antonescu in Romania e anche quello di Franco in Spagna. Finché l’Italia seguiva a non massacrare i suoi ebrei, anche gli altri stati satelliti della Germania potevano cercare di fare altrettanto“.

Poi arrivò l’infame 8 settembre, il “più grande tradimento della storia” (non lo dico io, lo scrisse il Mar. Montgomery nelle sue memorie, e quando citato in giudizio in Italia a metà degli anni ’60 vinse la causa, arrivando il sostituto procuratore di Milano dr. Bonelli a chiedere e ottenere dal Consigliere Istruttore Dr. Palma il proscioglimento del Maresciallo con l’archiviazione del procedimento) e tutto cambiò. Con la destituzione di Mussolini da Capo del Governo, l’egemonia militare tedesca in Italia e la guerra civile venne meno quella “protezione”, con le tragiche e sciagurate conseguenze che tutti conosciamo.

Spero con queste mie riflessioni di aver dato un piccolo contributo riguardante la verità storica, oggi necessaria più che mai se si vuole raggiungere una visione condivisa su quel complesso, drammatico e articolato periodo che ancora oggi ci perseguita.

Ringraziandola per lo spazio concesso, la saluto cordialmente.

Caio Mussolini