Seduta del 14 luglio 1949
La ratifica del Patto Atlantico
La ratifica del Patto Atlantico è un «avvenimento» anche per il Msi, è un pezzo di storia. Nell’immediato secondo dopoguerra il dibattito è acceso come non mai, il Msi si fa interprete delle «gravi responsabilità» che comporta la ratifica del Patto stesso; e Almirante chiede la sospensione della discussione con un ordine del giorno nel quale si sostiene che «nessun motivo di particolare urgenza giustifica la ratifica italiana del Patto, prima che esso venga ratificato dagli Stati Uniti d’America». Il documento invita anche la Camera a riflettere su come «possa essere fortemente pregiudizievole al nostro Paese il ratificare un Patto sul quale non si sono ancora in via definitiva e in modo formale pronunciati coloro che ne furono i promotori e che ne sono gli unici effettivi garanti». Ecco come Almirante, allora segretario del Msi, motiva la posizione missino.
ALMIRANTE: “Questa nostra iniziativa è connessa con altra precedente che l’onorevole Ambrosini lo sa fu presa in sede di Commissione degli esteri dall’onorevole Russo Perez a nome del Movimento sociale italiano. È con qualche impaccio personale che prendo la parola su questa precisa proposta, dopo che analoga proposta è stata avanzata dal settore opposto. Dovrei avanzare le stesse preoccupazioni, che avanzò ieri, respingendole subito, l’onorevole Togliatti, il quale disse che non si preoccupava se in qualche occasione i suoi voti coincidevano con i nostri, perché i nostri sono pochi voti. Egli è il capo di un partito di massa, ragiona come capo di un partito di massa, fa considerazioni di quantità; io non sono il capo di un partito di massa, voglio considerarmi il capo di un partito d’ avanguardia e faccio considerazioni di qualità. Rispondo perciò all’onorevole Togliatti che i suoi molti voti non ci preoccupano, perché conosciamo la loro qualità. “
MATTEUCCI: “La sua è buona qualità! “
ALMIRANTE: “E si può anche rilevare che, trovandomi in questa particolare situazione politica, che potrebbe giustificare il solito slogan, di cui la maggioranza fa uso largo e facile: «collusione fra comunisti e Movimento sociale», mi converrebbe forse rinunziare a prendere la parola in simile circostanza. In verità, onorevoli colleghi, nel prendere la parola, più che impaccio o imbarazzo politico, sento in me una specie di ripugnanza morale, perché ancora una volta ci è toccato sentire in questa Assemblea i temi nazionali (le colonie, Trieste) usurpati e profanati da coloro che siedono in quel settore.
Vi prego, onorevoli colleghi della maggioranza, di accettare questa mia ripugnanza e questa angoscia come qualcosa che travaglia noi tutti. Se vogliamo strappare a costoro la falsa etichetta tricolore, bisogna avere il coraggio di sventolare il tricolore dentro e fuori di qui. “
PAJETTA GIAN CARLO: “Con la croce uncinata. “
ALMIRANTE: “Coloro che ragionano e sentono in buona fede non possono confondere noi con loro. “
PAJETTA GIAN CARLO: “Trieste non ha fatto parte nemmeno della Repubblica di Salò quando il vostro gruppo l’ ha vivamente regalata ai tedeschi. Risponda su questo! “
ALMIRANTE: “A questo linguaggio io non mi adeguo ed evito a me stesso la vergogna di pronunziare apprezzamenti su quello che è stato detto. Replico soltanto che i triestini hanno già risposto in modo adeguato al Partito comunista.
E vengo all’argomento. Il mio ordine del giorno è molto chiaro. Noi chiediamo che la discussione sia rinviata, perché il Patto Atlantico non è stato ancora ratificato dagli Stati Uniti d’America. Sarò costretto a servirmi di argomentazioni in verità banali; non credo che sia colpa mia, ma della situazione che si è determinata.
Nella stessa relazione di maggioranza si fa una constatazione ovvia: la formazione del Patto del Nord Atlantico si deve principalmente agli Stati Uniti d’America; essi ne sono stati i maggiori artefici e si sono assunti gli oneri economici e militari più gravi connessi con la sua attuazione.
Ed allora due semplicissime constatazioni: 1°) gli Stati Uniti non sono dei contraenti qualsiasi del Patto Atlantico; essi ne sono gli autori e gli unici effettivi garanti. 2°) Il Patto Atlantico, comunque lo si giudichi, da amici o da avversari, in tanto ha un valore effettivo e in tanto serve a qualcosa, in quanto abbiano una funzione effettiva, esistano e siano approvati i provvedimenti di carattere militare ed economico che soltanto gli Stati Uniti d’America possono adottare.
Qual’è la situazione? L’abbiamo seguita su tutti i giornali governativi o comunque largamente favorevoli alla ratifica del Patto Atlantico. Che cosa hanno detto questi giornali? Che si è determinata nel Senato americano ed in genere nella opinione pubblica statunitense una certa perplessità che prima della conferenza di Parigi non esisteva intorno al Patto Atlantico; che comunque questa perplessità non pare tale da mettere in grave pericolo la ratifica, ma che in ogni modo in grave pericolo è l’approvazione dei piani militari ed economici connessi alla ratifica del Patto Atlantico. Inoltre la stampa ci ha detto che vi è la possibilità da parte del Senato americano, dell’approvazione di qualche clausola modificativa del patto, soprattutto per quanto concerne i poteri del presidente degli Stati Uniti e l’automatismo del Patto medesimo.
Desidero leggervi qualche stralcio di giornali favorevoli alla ratifica del Patto, non per dimostrarvi cose che già sapete, ma per ricordarvi che queste mie dichiarazioni sono assolutamente obiettive e facilmente documentabili. Si legge su Il Tempo del 6 luglio: «Dal modo come si svolgerà la discussione sul Patto Atlantico, si deciderà in America se insistere ancora per far passare in questa sessione anche il programma del riarmo europeo». Quindi si mette in gravissimo dubbio la possibilità che il piano di riarmo passi.
Ancora nello stesso giornale: «L’ostacolo principale è sempre quello che, approvando il Patto, si impegna automaticamente la nazione americana a pagare le spese per il riarmo delle nazioni europee». Ed ancora: «I senatori, ormai convinti nella grande maggioranza della necessità di ratificare il Patto, esitano ancora se approvarlo senza introdurvi qualche clausola che limiti i poteri del presidente e riconfermi il diritto esclusivo del Congresso di dichiarare la guerra. Un altro ostacolo è poi rappresentato dall’opinione che il Patto sia ormai inutile dal momento che la Russia è stata fermata in Germania». Mi permetto di osservare che questa opinione è alquanto illusoria, ma l’apprezzamento non è mio.
Ed ancora: «È stato un grave errore non aver ratificato il Patto prima della conferenza di Parigi, errore da parte del Dipartimento di Stato americano». Un’altra citazione, dello stesso giornale: «Si parla del pericolo che la ratifica del Patto possa venir compromessa. Tale pericolo era seriamente aumentato negli ultimi giorni in conseguenza dell’ostilità della opposizione repubblicana e di una parte dei senatori democratici degli Stati del sud contro la politica interna ed estera del presidente».
Posso citarvi anche un giornale americano, il New York Times, del 9 luglio, che parla anch’esso di una forte opposizione repubblicana alla ratifica del patto e del pericolo che questa forte opposizione determini qualche squilibrio nella votazione del Senato.
Comunque è lungi da me l’idea o l’intenzione di voler forzare questa interpretazione, di voler far credere a qualcuno che la ratifica del Patto da parte del Senato americano possa correre serio pericolo. Vi prego però di riflettere ancora una volta su quanto dicevo prima. La ratifica del patto, se avvenisse indipendentemente dal-
l’approvazione del piano economico e militare connesso col Patto stesso, avrebbe un determinato valore; se invece avvenisse in connessione con il piano economico-militare avrebbe un altro valore, e questa differenza di valore esiste, tanto per coloro che al Patto sono favorevoli quanto per coloro che al Patto sono contrari. Anzi debbo dire di più: queste perplessità debbono proprio sentirle coloro che al Patto sono favorevoli, proprio coloro che ritengono necessario che il Patto funzioni in tutta la sua portata, che non è una portata cartacea o una portata politica soltanto, ma è chiaramente e ostensibilmente una portata economico-militare.
In sostanza ci troviamo di fronte ad un atto politico di enorme importanza senza poterne valutare obiettivamente e coscienziosamente tutti gli elementi. Mi si farà una facile obiezione, e cioè che la discussione del patto al Senato americano è già in corso e che si attende la ratifica domani o dopodomani e quindi durante la nostra discussione si potranno avere notizie precise in merito alla ratifica o alla non ratifica. Potrei fare, allora, una controbiezione altrettanto facile, e cioè che per iniziare la nostra discussione è opportuno e necessario avere già in mano elementi di giudizio definitivo. E d’altra parte non è tanto la ratifica stessa, quanto l’insieme della politica nord americana, che noi dobbiamo valutare.
È questo un momento politico assai delicato, anche senza arrivare agli allarmismi dell’estrema sinistra e non si possono ancora prevedere i risultati finali. Si può dedurre ciò dalla lettura di tutti i giornali. E allora perché l’Italia deve imbarcarsi in questa avventura ad occhi chiusi? Perché noi dobbiamo rifiutare di valutare la situazione nell’interesse del paese? Una soluzione affrettata può forse essere interesse del Governo. Ma sulla politica estera in questi giorni si sono avvertite talune perplessità anche in seno alla maggioranza. I giornali hanno pubblicato che un certo numero di deputati democristiani hanno fatto opposizione alla politica estera in seno al loro gruppo. Probabilmente quei deputati non prenderanno la parola in questa discussione, o se la prenderanno lo faranno per approvare la ratifica senz’altro. Ma è indubbio che perplessità vi siano qui e fuori di qui.
Ora, per quali ragioni ripeto il paese deve trovarsi ancora una volta di fronte a non sufficientemente meditate decisioni? Perché ancora una volta dobbiamo dare l’impressione di votare a «scatola chiusa»? Ragioniamo ampiamente e serenamente, ciascuno dal suo punto di vista, ma ciascuno con illuminata coscienza, intorno ad un problema di tanta gravità! Ecco perché, onorevoli colleghi, vi invito ad accogliere la nostra proposta di sospensiva: essa, lo posso dire, è stata meditata con piena coscienza, come tutte le proposte che provengono da questo settore della Camera, piccolo di numero, ma nello spirito impavido; essa è dettata veramente da una visione chiara e onesta del supremo interesse del nostro paese.”
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