Afghanistan addio …….
“E’ finita la guerra più lunga nella nostra storia, venti anni, e dobbiamo impegnarci a difendere gli Usa da nuove minacce”. Questa la frase con cui il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha commentato la definitiva chiusura delle operazioni in Afghanistan e l’evacuazione dell’ultimo soldato americano. Detta così sembra il “Bollettino della Vittoria” del generale Diaz alla fine della prima guerra mondiale nel 1918. “L’operazione di evacuazione da Kabul è stata uno straordinario successo”.
Pensare che il Presidente degli Stati Uniti consideri uno straordinario successo una indegna fuga dopo venti anni di guerra senza vergognarsi fa accapponare la pelle. L’aeroporto, controllato dai più prestigiosi reparti del suo esercito, è stato il luogo in cui l’Isis, con un attentato kamikaze, ha causato circa duecento morti , fra cui tredici soldati Usa. Oltretutto sono numerose le testimonianze di chi ha dichiarato che , oltre all’esplosione, sicuramente causa di numerosi morti, a sparare sulla folla, accalcata per fuggire, sono stati militari Usa e turchi. Non solo, membri del Pentagono hanno fornito la notizia dell’ uccisione con un drone di un militante dell’Isis come risposta militare, ma è stato subito aggiunto che la persona in questione non aveva alcun rapporto con l’attentato all’aeroporto di Kabul. E pensare che il capo della Cia era stato alcuni giorni prima in Afghanistan per trattare la ritirata totale e, come risultato del colloquio, aveva ottenuto l’informazione del pericolo di attentati da parte dell’Isis proprio all’aeroporto. Se questo è stato il risultato degli avvertimenti avuti Biden, come minimo , deve agire per un rapido cambio dei vertici dei servizi segreti che, nonostante un avviso cos’ preciso, non sono riusciti a bloccare niente e nessuno. Anzi, qualche giorno dopo l’attentato, avvisati del possibile lancio di razzi da parte sempre di terroristi dell’Isis, hanno dato il via ad una azione difensiva in cui sono stati uccise nove persone, peccato che sei di queste erano bambini ed una delle piccole vittime non arrivava ai due anni. Quando si dice stroncare il terrorismo dalla radice e prima che si sviluppi troppo.
Immagino la vergogna provata da quei soldati imbarcati per tornare in patria accompagnati dalle raffiche di mitra in aria da parte dei talebani che festeggiavano la vittoria e negli occhi la sfilata di armamenti lasciati a terra nelle mani del nemico. Non basta affermare che tutte le armi erano state “smilitarizzate” e che gli obiettivi, per cui ad ottobre del 2001 era iniziata questa guerra per “esportare la democrazia”, erano stati raggiunti. Quell’anno i talebani controllavano piccole zone del paese e avevano dalla loro parte una esigua minoranza della popolazione, adesso governano l’intera nazione, fatta eccezione del Panshir dove, come aveva gia fatto suo padre prima di essere ucciso in un attentato compiuto da due tunisini per conto di elementi vicini ad Al Qaida, combatte il figlio di Massud. Se il Vietnam e la fuga da Saigon è stata una delle pagine più oscure per la potenza militare statunitense ora la si può considerare una strepitosa vittoria rispetto al disastro di oggi. Sul terreno sono stati lasciati in mano ai Mullah 73 velivoli, fra aerei ed elicotteri, 70 veicoli tattici corazzati Harp del costo di circa un milione di dollari l’uno, carri armati, autoblindo ed addirittura il sistema di difesa Cram in grado di intercettare razzi, proiettili di artiglieria e colpi di mortaio, quello stesso che avrebbe bloccato gli ultimi razzi lanciati dall’Isis. Secondo il capo del comando centrale usa, gen. Kennet Mc Kenzie, non vi sono problemi perché sono mezzi “resi inservibili” . Ma cosa volete che sia, dal punto di vista economico, la perdita dell’armamento di un intero esercito quando in questi venti anni gli Stati Uniti hanno bruciato in questa fantastica operazione la bellezza di 2313 miliardi di dollari . Se parliamo invece dei vantaggi tratti dal popolo afgano in questo sforzo compiuto dalle potenze occidentali per garantirgli la “democrazia”, dobbiamo contare i 2,7 milioni di civili fuggiti all’estero, di cui 1,4 milioni in Pakistan e 780 mila in Iran, oltre all’Europa e tutte le altre nazioni più vicine ed i quattro milioni che hanno compiuto una emigrazione all’interno delle varie province del Paese. In totale circa 7 milioni di persone hanno cercato scampo alla guerra su un totale di 38 milioni di abitanti. Un ottimo risultato per poi lasciarli tutti in mano ai talebani.
In un suo recente intervento il “grande vecchio” della politica americana, il novantottenne ex segretario di Stato Henry Kissinger, non ha lesinato le critiche a chi aveva diretto le operazioni militari in questi anni: Ne riportiamo alcuni passi. “ Gli Stati Uniti si sono rivelati inadeguati nelle azioni di contrasto agli insorti a causa della loro incapacità nel definire quale fossero gli obiettivi raggiungibili e di collegarli tra loro in modo tale da ricevere l’appoggio delle istituzioni politiche americane. Gli obiettivi militari sono stati troppo assoluti ed irraggiungibili, quelli politici troppo astratti e sfuggevoli L’incapacità di collegarli tra di loro ha fatto si che l’America restasse invischiata in conflitti privi di termini ben definiti e ci ha portato, in patria, a perdere di vista le finalità condivise, sconfinando in un marasma di diatribe interne. Siamo sbarcati in Afghanistan sull’onda di un sostegno popolare in risposta agli attacchi terroristici di Al Qaida ma, dopo una campagna militare iniziale che ha raggiunto i suoi scopi con la massima prontezza, ci siamo imbarcati in un procedimento talmente lungo ed invasivo da alienarci le simpatie della maggioranza degli afghani, anche di coloro che si erano opposti ai jihadisti. I talebani sono stati tenuti sotto controllo ma non eliminati, l’introduzione di forme di governo Inconsuete, d’altro canto , ha indebolito l’impegno politico ed incoraggiato la corruzione dilagante……. I presidenti Donald Trump e Joe Biden hanno avviato trattative di pace con i talebani che avevano giurato di sterminare una ventina di anni prima. Quei negoziati sono sfociati oggi nel ritiro incondizionato degli americani, per opera del governo Biden. Spiegarne i motivi non cancella la brutalità e soprattutto la precipitazione della decisione presa.”
Questa la lapide posta da Kissinger su quanto compiuto in questi anni e che non riguarda solo il prezzo economico che gli Stati Uniti hanno pagato e che aumenterà nel tempo visto che continuerà a pesare sulle casse dello Stato l’assistenza alle migliaia e migliaia di reduci, ai parenti dei soldati morti in battaglia. Ancora una volta a pagare più di tutti sono stati comunque gli afghani che, oltre ai quasi cinquantamila morti civili, devono contare 66 mila soldati o poliziotti uccisi 52 mila combattenti dell’armata talebana rimatsi sul campo. Per gli Stati Uniti le vittime sono state 2461 ma a questi si vanno ad aggiungere 3846 contractor statunitensi, un dato che il Pentagono preferisce non fornire e comunque non commentare perché dimostra che a compiere le azioni più pericolose erano persone non regolarmente inquadrate fra le forze ufficiali dell’esercito.
Anche l’Italia che, come notoriamente tutti sanno, ha da sempre grandissimi interessi e relazioni con quanto avviene da quelle parti, ha dovuto pagare il suo contributo di sangue: 54 soldati uccisi e 723 i feriti. Oltre alle vite umane perse per una guerra inutile e nella quale non avevamo alcun motivo di intervenire, sono stati spesi milioni e milioni di euro per finanziare le operazioni militari e la costruzione di scuole, ospedali da campo e strade che verranno utilizzate dai talebani. Comunque possiamo essere soddisfatti, come ha affermato il ministro degli esteri Di Maio, perchè abbiamo dimostrato come in pochi giorni siamo stati capaci di trasportare cinquemila profughi afghani di cui duemila soltanto nella tendopoli costruita ad Avezzano. Chissà se avevano il green pass per salire sugli aerei e se al loro arrivo a Roma sono stati controllati dal punto di vista sanitario. Fortunatamente per le donne non vi sono assolutamente i problemi legati all’uso delle mascherine: sono abituate al burka.
Roberto Rosseti
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