Seduta del 6 giugno 1952
// regime ha compreso che il Msi può rappresentare un «pericolo» per i consensi che la Fiamma tricolore va via via aggregando: la ricetta si chiama antifascismo, il medico che prepara la terapia Scelba, ministro dell’Interno. Almirante illustra in un lungo discorso la reiezione di minoranza: l’approdo del provvedimento in Aula fa seguito ad autentiche battaglie prima procedurali e poi di carattere politico sostenute in Commissione. La legge Scelba apre il capitolo della «persecuzione democratica» contro il Msi. Ma gli anni dimostreranno che l’antifascismo è un boomerang: Almirante ha vinto la sua battaglia contro l’odio e la fazione.
La bacchetta magica di Scelba
ALMIRANTE: “Signor Presidente, onorevoli colleghi: la perorazione del primo relatore di maggioranza, che mi ha chiamato personalmente in causa, mi costringe ad una brevissima introduzione di carattere personale. Sono stato chiamato in causa per aver pubblicato un articolo che fu già oggetto di larghe citazioni al Senato, e che ieri sera è stato citato anche dall’onorevole Perrone Capano. Devo dire al riguardo che la citazione di ieri sera non è stata perfettamente esatta. Ho qui il testo dell’articolo, e, alla fine della seduta, lo metterò a disposizione della Presidenza perché controlli, se lo crede, l’esattezza di quanto sto dicendo. Lo stato d’animo che ha determinato in me quell’articolo era uno stato d’animo polemico: più che polemico, esacerbato dalla dura battaglia politica che sto conducendo; ma credo che l’onorevole Poletto sia il primo ed il miglior testimone che, in questa dura battaglia politica da me personalmente sostenuta alla Camera da parecchi mesi, mi sono avvalso di argomenti, di motivazioni, di giustificazioni, di tesi sul piano politico, sul piano giuridico, sul piano costituzionale, che possono non aver convinto e credo non abbiano convinto l’onorevole Poletto e, a quanto sembra, neppure gli altri colleghi ma sono stati da me sostenuti su un piano di serenità e di obiettività del quale gli stessi colleghi mi hanno ripetutamente dato atto.”
POLETTO: “Se ella parlasse nei comizi e nel paese così come parla alla Camera, allora le cose starebbero in modo diverso.”
ALMIRANTE: “Ed io vorrei, proprio in risposta a quanto dice l’onorevole Poletto, che la Camera mi lasciasse parlare con la serenità con la quale intendo parlare. Se le mie argomentazioni saranno deboli, esse indubbiamente nuoceranno alla mia tesi, qualunque sia l’esito, ormai scontatissimo, del voto; ma se le mie argomentazioni, per avventura, potessero, non dico convincere, ma suscitare qualche perplessità in qualcuno, ciò non dovrebbe dispiacere a uomini i quali si proclamano ad ogni passo difensori della dignità del Parlamento.
Quanto alla seconda parte della perorazione polemica dell’onorevole Poletto, quella relativa alla lettera anonima, mi dispiace che l’onorevole Poletto abbia portato in Parlamento una lettera anonima. Le lettere anonime sono turpi in quanto anonime, e nessuno di noi ne ha mai tenuto conto nell’esercizio della sua attività politica, da qualunque parte vengano; e, almeno su questo principio morale, credo che, al di là e al di qua della barricata, possiamo e dobbiamo trovarci d’accordo. Parliamo dunque di cose serie e non di lettere anonime e di minacce, a parte il fatto che, almeno qui, noi non siamo nella posizione della maggioranza che tenti di schiacciare una minoranza, e neppure nella posizione del forte gruppo il quale, in ogni modo, tenti di imporre il proprio pensiero. Sono quattro anni che stiamo combattendo qui una battaglia minoritaria che potrà essere giudicata in qualsiasi modo, ma che ritengo sia rispettabile; e la stiamo combattendo con dignità, con fermezza e con fierezza. Non credo di attribuirci dei meriti: non sono meriti. Ci siamo solo condotti dignitosamente. Intendiamo continuare su questa strada finché ci sarà concesso di farlo. Crediamo in quello che facciamo, e lo riaffermiamo a proposito di questa legge, contro tutti gli avversari coalizzati. Credo che questa posizione sia per lo meno degna di un certo rispetto. Venendo al problema che ci affatica da tanto tempo, come relatore di minoranza, ascoltando l’interessante discussione che si è svolta su questa legge, ho avuto l’impressione che si sia verificato, in occasione di questo dibattito, un fatto piuttosto inconsueto nelle cronache parlamentari: quasi tutti gli oratori che alla discussione generale hanno partecipato, della legge si sono occupati punto o poco. Qualcuno non ne ha parlato neppure, altri ne hanno appena parlato. Forse molti non l’ hanno esaminata non è un’insinuazione con la dovuta serietà ed attenzione.
Quanto alle relazioni, e quanto in particolare alla mia povera e ponderosa relazione di minoranza, ho avuto tranne qualche rara eccezione la desolata impressione che non sia stata affatto esaminata dagli oratori. E tale impressione ho avuto soprattutto nei confronti degli oratori i quali hanno parlato a favore della legge; taluni di quelli che hanno parlato contro il disegno di legge hanno esaminato, discusso sia pure sommariamente le norme; degli oratori a favore, quasi tutti si sono limitati a cenni generici, o si sono dilungati in divagazioni di carattere storico, filosofico, politico, dottrinario, morale, religioso, veramente interessanti, senza dubbio: dopo questa discussione sappiamo tutto in merito al fascismo, all’antifascismo, al ventennio, alla guerra di liberazione, ma ho l’impressione che i concetti basilari che concernono questa legge non si siano eccessivamente chiariti.
Penso che la discussione degli articoli, se sarà, come dovrà essere, una seria se pur breve discussione, verrà a lumeggiare, malgrado il voto già scontato, taluni aspetti che hanno una fondamentale importanza.
Comunque, quanto è avvenuto in sede di discussione generale, mi costringe, non già a ripetere quanto ho avuto occasione di scrivere nella mia relazione di minoranza ed eviterò studiatamente di farlo ma ad esaminare inizialmente taluni dati relativi alla legge, al meccanismo di questa legge, così come si presenta. È un dovere che compio come relatore di minoranza, onde far sì che anche coloro che voteranno la legge cioè la grande maggioranza dei colleghi sappiano esattamente che cosa votano. Primo rilievo. Mi si è detto che la mia pretesa, cioè che si giunga ad una definizione giuridica del fascismo vietato per legge, è una pretesa assurda, ridicola ed incongrua. Mi si è detto: tutti sanno che cosa è stato il fascismo; lo abbiamo negli occhi, lo abbiamo nella memoria, lo abbiamo ancora nelle carni, lo abbiamo sofferto e patito, e proprio voi del MSI ci venite a chiedere che cosa sia? Io replico che non siamo stati noi a prendere l’iniziativa di definire che cosa sia il fascismo dal punto di vista giuridico, che cosa sia il fascismo vietato per legge. L’iniziativa l’ ha presa l’Assemblea Costituente e, dopo la Costituente, l’iniziativa l’ hanno presa il Governo e il Parlamento.
Si dice: vi è la norma XII transitoria della Costituzione che parla chiaro: è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Ma a me è molto facile obiettare che se la XII disposizione avesse davvero parlato chiaro, se fosse non una norma direttiva, ma una norma percettiva, come dicono i tecnici, non vi sarebbe stato alcun bisogno né di questa legge, che non abbiamo presentata noi, né della legge 3 dicembre 1947, che fu votata da quella Assemblea Costituente che votò la XII norma. Perché l’Assemblea Costituente ritenne di dover votare una legge speciale? Onorevole Poletto: legge speciale, indubbiamente, sul piano tecnico lasciamo stare per ora la discussione sulla eccezionalità speciale, indubbiamente, anche se deriva da una norma costituzionale. Non è vero che una legge, per il fatto che deriva da una norma costituzionale, non possa essere speciale. Mi appello al relatore onorevole Rossi, il quale spero mi vorrà dare ragione; si tratta di questione obiettiva.
Dicevo: perché la Costituente ritenne di dover votare una legge speciale, che precisasse che cosa si deve intendere per ricostituzione del disciolto partito fascista? Evidentemente, perché la XII norma transitoria, secondo il pensiero della stessa Assemblea Costituente, non era sufficiente allo scopo. E perché il Governo, anziché prorogare quella legge poteva farlo; e per inciso rilevo che non ha alcun fondamento la tesi sostenuta anche dall’onorevole ministro, secondo cui la presentazione di questa legge adempie ad un preciso precetto della Costituzione; per adempiere al preciso precetto della Costituzione, era sufficiente, onorevole ministro, prorogare la legge precedente; non era obbligatorio arrivare a questa legge; io credo che ella me ne vorrà dare atto perché il Governo ha presentato un’altra legge, in sostituzione della legge 3 dicembre 1947, che con la fine di quest’anno viene a scadere? Evidentemente, perché e lo stesso Governo nella relazione di presentazione di questa legge in Senato lo ha esplicitamente dichiarato ha ritenuto che la definizione di ricostituzione del disciolto partito fascista, data nella legge 3 dicembre 1947, fosse manchevole e che a quella definizione che non era stata operante sul piano della repressione, secondo il pensiero del Governo, se ne dovesse sostituire un’altra, che per l’appunto è la definizione data dall’articolo 1 di questa legge. Non solo, ma la definizione data all’articolo 1 di questa legge è difforme da quella che il Governo aveva dato nel testo presentato in Senato circa due anni fa, perché il Senato, nell’esaminare questa legge, ha ritenuto, a sua volta, che la definizione del disciolto partito fascista, data dal Governo precedente, non fosse abbastanza precisa ed ha formulato il nuovo testo dell’articolo 1 con il consenso dello stesso Governo. E allora come dite a noi che non è necessario dare una definizione del fascismo vietato per legge, del disciolto partito fascista, quando siete voi che avete già tre volte in tre maniere diverse definito giuridicamente il fascismo, il disciolto partito fascista e il fascismo vietato per legge, dimostrando così che una definizione è costituzionalmente necessaria, ma che siete incerti voi, che erano incerti Costituente e Governo sulla definizione da dare?
Le polemiche svoltesi dopo la presentazione della legge vertevano proprio sulla definizione giuridica del fascismo, vietato per legge o del ricostituito partito fascista. Alcuni senatori, per altro egregi dal punto di vista giuridico ricordo il senatore Ruini ritenevano che si dovesse dare una determinata definizione e in Senato si batterono perché fosse data; ed altri ritennero che altra se ne dovesse dare.
Perché ciò che per voi è stato opinabile fino ad oggi, deve diventare certissimo, inequivocabile, quando questa legge si deve fare accettare dall’opinione pubblica come sancta sanctorum delle verità rivelate? È opinabile. Non solo, ma per quello che il fascismo è stato dal punto di vista storico, devo dire che i parlamenti non fanno la storia, fanno la politica. È ridicolo che il Parlamento si metta non dico a discutere, ma a sentenziare su quello che è stato il passato o il trapassato. La storia non nasce da una discussione parlamentare. {Interruzione del deputato Bettiol Giuseppe). Onorevole Bettiol, mi sembra che sia abbastanza elementare quello che sto dicendo, oltre tutto. Vedo a che cosa si riduce la sua serietà di capo di gruppo parlamentare. Finché vi limitate a dire che quel che dico è sciocco o puerile, ciò significa che la ragione è dalla parte mia.
Insisto nel dichiarare che il meccanismo di tutta la legge nasce dall’articolo 1 e che l’articolo 1 è materia assolutamente opinabile. Voi avete ritenuto, cioè il Senato prima e la I Commissione della Camera poi, hanno ritenuto che la definizione del fascismo vietato per legge sia una definizione buona e pertinente. Noi sosteniamo che questa definizione non è né buona né pertinente. Noi sosteniamo invece che è arbitraria, ed imprecisa, e a questa nostra tesi voi non potete rispondere con un «fine di non ricevere» come avete fatto durante la discussione generale. Voi non potete replicare, dicendo, come ha detto l’onorevole Amadeo, che sia puerile parlare di un fascismo deteriore e di un fascismo non deteriore. L’onorevole Amadeo ha osservato che fare una simile distinzione è puerile. Egli evidentemente ha anche qualificato «puerile» il Presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno, perché la definizione di fascismo deteriore e di fascismo non deteriore io l’ ho ripresa dal discorso pronunciato dal ministro dell’Interno al Senato, e mi sono riallacciato alle ripetute dichiarazioni del Presidente del Consiglio, secondo le quali vi è una parte del fascismo che potrebbe essere accettata e una parte del fascismo che dovrebbe essere respinta. Non sono certamente in grado di penetrare nel cervello del ministro dell’Interno e del Presidente del Consiglio; non ho alcuna indicazione obiettiva per dire quale sia, secondo loro, la parte deteriore o non deteriore del fascismo; ma, quando parlo di fascismo deteriore e di fascismo non deteriore, tengo a far riflettere che io non faccio che ripetere la tesi governativa. Non ho, poi, bisogno di ricordarvi i discorsi recentissimi in proposito. Poiché si parla tanto della campagna elettorale, ne parlerò anche durante la mia relazione orale, e aggiungo che il discorso recentissimo del Presidente del Consiglio a Potenza (discorso che ha fatto un certo rumore) contiene dichiarazioni che non sono davvero puerili, sia dal punto di vista morale che dal punto di vista costituzionale. Quindi, non opponete un «fine di non ricevere» quando noi vi diciamo che questa definizione del fascismo vietato per legge è una.definizione insidiosa, arbitraria. Noi tenteremo di dimostrarvelo durante la discussione degli articoli.
Per accennare ad un argomento che riprenderemo quando si discuterà l’articolo 1 della legge, e cioè che ricostituisce il partito fascista colui che organizza un movimento che persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, usa la violenza quale mezzo di lotta politica e denigra la democrazia, mi sapreste chiarire sul piano giuridico che cosa vuol dire denigrazione? Voi sapete che esiste il concetto giuridico del vilipendio e non della denigrazione. Vi è poi qualcuno che sul piano giuridico sappia precisarmi il concetto esatto, inequivocabile di democrazia?
Molti oratori della maggioranza hanno trattato male la magistratura nell’esame di questo disegno di legge anche questo è un argomento che riprenderemo ma, onorevoli colleghi, badate che la magistratura si troverà con questo strumento in mano senza l’ausilio del Parlamento, senza i santoni, senza gli archimandriti parlamentari che sanno tutto in materia di democrazia e di fascismo e che non hanno alcun dubbio in questa materia. La magistratura, invece, avrà dei dubbi; e il compito del legislatore, qui riprendo un concetto espresso dal ministro dell’interno al Senato e che per una volta tanto sottoscrivo, è quello di emanare norme il più possibile precise, rigorose, e caute. Il magistrato avrà dinanzi a sé questa legge, ma non avrà i parlamentari ad illuminarlo, avrà la propria coscienza e il proprio senso giuridico; non lo accusate poi a posteriori se non potrà fare il proprio dovere. Sarete invece voi ad essere accusati di non aver saputo legiferare con sufficiente chiarezza. Noi sosteniamo che questa definizione non è rigorosa, obiettiva; noi sosteniamo soprattutto che essa istituisce non solo il reato di opinione, ma il reato d’ intenzione, il reato di finalità. Si parla nell’articolo 1 della legge di «finalità antidemocratiche». Desidererei sapere come farà il magistrato a giudicare sulle mie finalità, quale obiettiva testimonianza egli avrà sulle mie intenzioni, non dico sulle mie opinioni. Con questa legge, infine, si dà luogo anche al reato di pensiero.
Desidero, ora, tentare di insinuare qualche dubbio sull’assoluta imprecisione della definizione leggendovi una citazione interessante; vi dirò poi di chi sia il testo che leggo: «Che cosa significa ad esempio “promuovere, costituire, organizzare o dirigere un partito, un’associazione, un movimento il quale (sic!) sia diretto contro gli istituti democratici fondamentali stabiliti dalla Costituzione”? Che cosa significa, ancora, “minacciare o esaltare la violenza come metodo di lotta politica”? Così definito il reato, l’accertamento della sua consistenza finisce per diventare un vero e proprio giudizio politico con tutti i pericoli conseguenti che riguardano non tanto il potere giudiziario, nel quale è da presumere una cauta ed obiettiva applicazione della legge, quanto quello esecutivo. V’immaginate una simile legge in mano ad un prefetto, a un questore o a un qualsiasi agente di polizia, preoccupati di mostrarsi zelanti presso il loro ministro o il loro superiore? Quanti arresti o denunce pioverebbero domani per una parola detta in un comizio o per una frase scritta in un articolo? Arresti e denunce che la pratica c’insegna che non sarebbero neppure «polivalenti» ma diretti contro certe organizzazioni e certi uomini che il partito di Governo addita quotidianamente come «asserviti allo straniero», «assassini» e così via. Chi dovrebbero colpire gli organi del potere esecutivo lo saprebbero dai discorsi di De Gasperi e di Scelba». Questo è stato scritto sull’ Avanti! in data 14 maggio 1952 e non è stato riferito alla legge Scelba, ma alla legge polivalente, all’articolo 1 della legge polivalente. L’articolo 1 di quella legge ha lo stesso testo, salvo poche irrilevanti varianti, di quello della legge di cui ci stiamo occupando. Le sinistre avanzano le obiezioni che or ora avete ascoltato circa il testo dell’articolo 1 di quella legge; se queste loro obiezioni all’articolo 1 della legge polivalente, che è identico all’articolo 1 della legge Scelga, sono esatte, perché qui vengono a sostenere che l’articolo 1 della legge Scelga è costituzionale, è giuridico, è perfetto, è politicamente bene inquadrato, quando sull’Avanti! scrivono il contrario d’un articolo di legge identico? È questa la loro giustizia distributiva? Così si fa la legge? Si dimenticano gli onorevoli colleghi della maggioranza e dell’estrema sinistra che i caratteri che una legge deve avere per essere legge sono i caratteri della astrattezza e della generalità? Se si voleva, invece, che una legge che avesse i caratteri dell’astrattezza e della generalità, una legge specifica ed apposita, cioè se si voleva mettere in atto una qualsiasi procedura intesa a colpire un determinato settore, non era molto più onesto e semplice servirsi del codice penale vigente, servirsi del testo unico della legge di pubblica sicurezza?
Io posso dire una cosa che non mi giova politicamente, perché mi richiama a quel tremendo articolo 211 del testo delle leggi di pubblica sicurezza che ella, onorevole Scelga, richiamò in Senato, che è testo fascista, che deve essere abrogato e corretto perché non rispondente più alla Costituzione, ma che ella tuttavia invocò al Senato proprio a proposito della legge attualmente in esame; ma le dirò con estrema franchezza che sarebbe preferibile, non per noi, ma per chiunque dovesse essere colpito dalla legge attualmente in esame, di essere colpito da un provvedimento politico-amministrativo derivante o dal codice penale o dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, perché in quel caso ci sarebbe la possibilità di ricorrere al Consiglio di Stato, ci sarebbe la possibilità obiettiva di difesa che attraverso il meccanismo di questa legge (articolo 3, che giustamente, come disse l’onorevole Roderti, è poi la chiave di volta di tutto il problema) viene tolta a chi dalla legge venisse colpito. E proseguiamo nell’illustrare il meccanismo di questa legge. Dopo l’articolo 1, all’articolo 2 vi sono le pene (non discuterò se esse sono adeguate o meno; ne parleremo a suo tempo) che colpiscono i promotori, i dirigenti, gli organizzatori e i partecipanti. E qui nasce la seconda questione, delicatissima dal punto di vista giuridico: la persecuzione per un fatto non compiuto, per il cosiddetto reato per fatto altrui.
I relatori di maggioranza mi hanno contestato che questa mia osservazione sia esatta. La riprendo e la ripeto perché questa persecuzione costituisce il pericolo maggiore e l’obbrobrio maggiore, dal punto di vista giuridico, di questa legge. La legge colpisce i partecipanti ad un partito politico, la legge colpisce, può colpire tutti gli iscritti a un partito politico; la legge colpisce i partecipanti a un partito politico quando si sia posto in moto il meccanismo che ha inizio nell’articolo 1.
E allora vi faccio un esempio: il solito esempio. L’onorevole Poletto ha detto che certe cose vanno ripetute ad oltranza: orbene, faccio mio il suo ammonimento e ripeto ad oltranza certe cose perché si sappia per che cosa si vota. Un partito può essere riconosciuto per fascista in quanto dice la legge all’articolo 1 compia manifestazioni esteriori di carattere fascista. Ma nell’articolo 1 non si precisa che debba trattarsi di più fatti né è illustrata la gravità che questi fatti debbono rivestire Per potere essere incriminati. Ne consegue che l’articolo 1 può applicarsi per una singola manifestazione. Ora, io non voglio fare l’ipotesi, d’altronde abbastanza verosimile, che la manifestazione sia attuata da agenti provocatori, ma faccio l’ipotesi di una semplice manifestazione di elementi irresponsabili, faziosi. In questo caso, cioè per una singola manifestazione di irresponsabili, un partito politico può essere incriminato di ricostituzione del disciolto partito fascista sulla base dell’articolo 1 di questa legge. Entra allora in gioco il meccanismo previsto dall’articolo 2, e tutti i partecipanti a questo partito possono essere automaticamente sottoposti alle conseguenze della legge. L’onorevole Scelba ci ha risposto in Commissione che questa è un’ipotesi assurda; mai noi applicheremo questa legge egli ha detto con uno spirito simile. Ma io vorrei replicare all’onorevole Scelba con la storia della vedovella e di Traiano partente per la guerra, cui la vedovella disse: E se tu non torni? Se cioè, dopo questo Governo così mite, così umano, così ossequiante ai suoi doveri politici e giuridici poiché evidentemente non legiferiamo per oggi, ma legiferiamo per domani e per dopodomani venisse un altro governo il quale…”
SCELBA: “Si farà allora un’altra legge.”
ALMIRANTE: “Si farà un’altra legge? È difficile, onorevole Scelba, che possa farsi una legge peggiore: questa legge con le sue norme sarà sufficiente.”
Io vi faccio un augurio sincero ed umano: che una legge simile non vi piombi mai sulle spalle, non sia attuata mai contro di voi, che cada nel dimenticatoio.
SCELBA: “Onorevole Almirante, un regime di dittatura si infischia di questa e di altre leggi: confidi nella democrazia: la legge sarà applicata democraticamente e con il rispetto delle prerogative.”
ALMIRANTE: “Questa legge, onorevole Scelba, mi toglie la fiducia nella democrazia; questa legge distrugge la fiducia nella nascente democrazia italiana, ed è questa forse l’accusa più grave che si possa fare a questa legge. In base al meccanismo posto in moto dall’articolo 2, è possibile l’incriminazione di centinaia di migliaia di innocenti. Anche se ciò può sembrare assurdo, a me basta che si possa fare l’ipotesi. È un periodo ipotetico di secondo tipo, come diceva l’onorevole Poletto.
POLETTO: “Una serie di sofismi sono i suoi.”
ALMIRANTE: “Mi pongo sullo stesso suo piano, onorevole Poletto: deve ammetterlo.Si giunge quindi, in base a questo articolo 2, ad un risultato, ad una conseguenza che è contraria alla libertà e al diritto. Io ho sentito risuonare più volte una frase; e l’ ho sentita riecheggiare anche dalla parola per lo più equilibrata e serena del relatore di maggioranza onorevole Poletto: libertà a tutti, tranne che ai fascisti. L’onorevole Poletto è giunto anche a dire che la XII disposizione transitoria della Costituzione pone il fascismo e i fascisti fuori della Costituzione stessa.”
POLETTO: “Ne sono profondamente convinto.
ALMIRANTE: “In tema di Costituzione potrei obiettare che la norma XII pone anche il fascismo e i fascisti dentro la Costituzione, perché tutto quello che è nello Stato è nella Costituzione…”
POLETTO: “I delinquenti sono fuori.”
ALMIRANTE: “Sono nella Costituzione i delinquenti comuni e lo saranno (sempre derivando il termine da quel tale verbo latino delinquere da lei tante volte citato) anche i delinquenti politici. Non può mettere fuori della Costituzione…”
POLETTO: “Non ha compreso in che senso.”
ALMIRANTE: “Qui è il caso di precisare, perché anche il processo verbale potrà dire qualche cosa al magistrato di domani. Non al di fuori della Costituzione e dello Stato, ma nello Stato, se non altro per stare nelle galere statali. Almeno nelle galere statali vorrete dar posto a questi signori che volete colpire. Prendiamo atto che con questa legge in galera si vuol mettere una parte di italiani, che ci auguriamo non abbiamo ad essere noi. Comunque, a prescindere da questa frase che è sfuggita all’onorevole relatore di maggioranza (e capisco molte cose da lui dette e soprattutto quelle non dette), a parte questa frase, mi interessa l’altro luogo comune: libertà a tutti, tranne che ai fascisti. Questa è una tautologia. Fino a quando non vi sia una definizione giuridica di quello che può intendersi per fascismo, quella frase vuol dire: libertà per tutti, tranne a coloro cui abbiamo deciso di negare la libertà. Perché questa legge dà la possibilità al Governo di definire i fascisti per legge coloro a cui si vuole togliere la libertà. Questo dovete ammetterlo sul piano giuridico. Sul piano politico potete avere, dal vostro punto di vista, tutte le ragioni che volete; ma sul piano giuridico bisogna ragionare sulla base di norme generali, altrimenti si fa la dittatura e ci si mette fuori della Costituzione, si straccia la Carta costituzionale. Ma non si può pretendere di fare il 3 gennaio e di non farlo, perché farlo nei confronti di un partito politico è come farlo nei confronti di tutti, soprattutto quando si tratta di un partito politico che non è espressamente nominato dalla legge.
Con questa legge qualsiasi partito potrà ad un certo punto incorrere in questi rigori. E sono in buona compagnia quando sostengo questa tesi; anzi fui in buona compagnia, perché molti, che mi facevano buona compagna due anni fa, dando su questa legge un giudizio analogo, identico a questo, nel frattempo (è umano) hanno cambiato idea, e vedremo perché. Il relatore di maggioranza è stato un gioiello. E chi lo nega? Solo che il gioiello 1952 dell’onorevole Corbino non potrà incastonarsi nello stesso diadema, perché stonerebbe, coi gioielli del 1950 e del 1951 dello stesso onorevole Corbino, il quale, quando la legge fu presentata, ne diede un giudizio sferzante. Egli disse che con leggi di tal genere si potrebbe sciogliere anche il Partito liberale dicendo essere quello un partito di massoni e di anticlericali. Quello che l’onorevole Corbino dice è sempre attendibile, è sempre importante, è sempre grande quanto egli è piccolo. Lo ha detto lui nel 1950 e nel 1951. Ma nel 1952 ha cambiato pensiero. Badate che di giudizi simili (e ne citerò) nel 1950 e nel 1951 ne sono stati dati tanti; e badate che la gente che muta idea per strada è sempre quella che la muterà un’altra volta, altre due volte o altre tre volte. Non vi rallegrate di certi estemporanei consensi avuti in questa occasione! Sarebbe stato molto più brillante per voi essere soli con la vostra responsabilità, anziché trovare compagni di strada per ragioni molte volte facilmente intuibili sul piano politico.”
SCELBA: “Se aderiscono, non possiamo respingerli.”
ALMIRANTE: “Mi auguro (e non sono forse cattivo profeta in questo) di vederli presto con lei al Governo. Stanno bene su quei banchi.”
MICHELINI: “Questi gioielli li regaliamo agli altri. Questi sono i loro gioielli!”
PIGNATELLI: “Latanza è vostro.”
MICHELINI: “E ci piace! È meglio di Corbino.”
LATANZA: “Ella {Indica il deputato Pignatelli) è davvero il gioiello del cattolicesimo. Stare in questi banchi nella mia posizione è difficile, nei vostri è facile.”
ALMIRANTE: “Infine e sempre per rimanere sul piano giuridico debbo affrontare l’argomento più importante, e ho la possibilità di affrontarlo con estrema rapidità perché l’onorevole Roberti ne ha fatto il centro del suo discorso. L’articolo 3, secondo comma, attribuisce al potere esecutivo una facoltà che chiamare speciale è poco, che chiamare anche eccezionale sarebbe poco.
Prego i colleghi che voteranno a favore della legge, che sono l’enorme maggioranza fra coloro che mi ascoltano, di leggere attentamente l’articolo 3, secondo comma (non si offendano per questo mio modesto consiglio) e di rendersi conto di ciò che esso significa.
L’articolo 3, secondo comma, significa che dopo avere affidato agli articoli 1 e 2 e al primo comma dell’articolo 3 la cognizione dei delitti, l’,indagine, il potere istruttorio, il potere di giudicare, di emettere la sentenza alla magistratura, cioè dopo avere riconosciuto che l’intera materia di questa legge è materia di legge penale che deve essere rimessa al magistrato per il suo sereno ed illuminato giudizio, di colpo si muta scena, si muta quadro, si accoglie per inciso…”
POLETTO: “Una eccezione con tutte le garanzie.”
ALMIRANTE: “…un criterio assolutamente diverso. Non dirò né peggiore, né migliore; un altro criterio. E si rimette al Governo, il quale diventa automaticamente il denunziante, il giudicante, l’esecutore della sentenza, si rimette dicevo il potere di sciogliere un partito politico al Governo, qualora ricorrano «a suo giudizio» (ma chi accerta che il giudizio di un Governo sia obiettivo in una materia simile?) talune fra le ipotesi di cui all’articolo 1. I relatori di maggioranza hanno una sola obiezione, malauguratamente per loro infondata, a quest’argomento. Essi dicono: si tratta di un potere speciale, si tratta di casi straordinari. Peggio mi sento. E chi decide quando il caso è ordinario o straordinario? E chi giudica?”
CLERICI: “Il Parlamento.”
ALMIRANTE: “Verremo anche al Parlamento. Chi decide se la situazione è eccezionale? Chi decide se la situazione è straordinaria o normale ed ordinaria? Sempre il Governo. L’onorevole Clerici dice: vi è poi la garanzia del Parlamento.
Ma quando si mette in atto, quando opera questa presunta garanzia del Parlamento? Quando il decreto-legge è stato emesso, quando è stato applicato; nella fattispecie, quando quel tale partito politico, che potrebbe dar noia al Governo, è già stato sciolto.
Onorevoli colleghi, siamo tutti esperti in materia di organizzazione di partiti. Credo sappiamo tutti cosa voglia dire mettere su un partito, aprirne le sedi, organizzarlo, condurne l’attività. I partiti politici nell’attuale fase della vita politica italiana, nell’, attuale interpretazione ed attuazione della democrazia (me lo insegnate voi; non pretendo insegnarlo io) sono congegni delicatissimi…”
GIANNINI GUGLIELMO: “In questo campo siete voi che insegnate. Ella, onorevole Almirante, ha dato lezioni formidabili.”
ALMIRANTE: “La ringrazio. Poiché mi laurea professore, dirò che in questi cinque anni mi sono dedicato soprattutto all’organizzazione. So cosa voglia dire organizzare dal nulla un partito.”
GIANNINI GUGLIELMO: “Appunto per questo le dico di non essere così modesto.”
ALMIRANTE: “Sono modesto, appunto perché qualcuno mi corregga o possa dire di me quello che ella sta dicendo. Certo è che pochissimi uomini hanno messo su dal nulla un partito politico che un qualche interesse ha suscitato, visto che ce ne stiamo occupando da settimane, anzi da mesi. Per organizzare un partito occorre dunque una estrema fatica; e il giorno in cui questo congegno si spezza, si interrompe, si sa bene quello che ciò significhi. Volete voi ammettere (ipotesi questa che a me sembra del terzo tipo, ma voglio mantenermi nel secondo) che il Parlamento non ratifichi un decreto-legge di tal genere? Pensate voi che una maggioranza metterebbe in crisi il suo governo su un provvedimento di tal genere? Vi dirò che se fossi deputato di quella maggioranza, di fronte a un provvedimento di quel genere mi troverei imbarazzato a seguire la mia coscienza e non i naturali, obiettivi interessi della maggioranza e del Governo. Mettere in crisi un Governo per non ratificare un decreto-legge di quel genere? Quando mai avverrà? Queste sono ipotesi aberranti.
E allora la garanzia in che consiste? Dov’è la garanzia di legge? Vi era molta più garanzia (l’ ho detto in Commissione e lo ripeto adesso; la sinistra lo ha dimenticato) nel sistema proposto al Senato dalle sinistre. A quel sistema ci siamo opposti e ci opponiamo, perché non riteniamo che un Parlamento, composto come l’attuale di rappresentanti di partiti politici eletti a scrutinio di lista, possa giudicare di un altro partito politico; però riconosciamo che vi era più linearità e garanzia nella tesi proposta dal senatore Terracini, che chiedeva che tutta questa fosse materia di legge. Noi conosciamo l’iter di una legge: vi è la preparazione della legge, poi la presentazione e vi è in Parlamento una certa facoltà di sollevare i problemi dinanzi all’opinione pubblica, per cui, prima di giungere alla promulgazione e all’ esecuzione della legge, vi sarebbe tutto il tempo per un partito politico di potersi in qualche modo garantire e di poter per lo meno prospettare obiettivamente la sua situazione.
Qui ogni garanzia è stata tolta. Questi sono dati obiettivi di valore giuridico. Questa è una legge con la quale molti di voi si sono illusi di colpire il Movimento sociale; e può essere legittimo dal vostro punto di vista un tal desiderio e un tal fine. Voi volete sbarazzarvi di un concorrente: è esatto. Badate, però, che scegliete la strada peggiore, perché date all’esecutivo un’arma della quale si avvarrà contro altri partiti politici. Non intendo neppure dire che avvalersi di quest’arma sarà questo esecutivo. Però è un dato di fatto che con questa legge si attribuiscono all’esecutivo poteri eccezionali in materia di scioglimento di partiti, di diritto di associazione, di limiti al diritto di associazione dei cittadini.
Le sinistre hanno aspramente combattuto non tanto la legge sulla difesa civile quanto l’articolo 4 della stessa legge, articolo che stabilisce poteri eccezionali, in caso d’emergenza, per il Governo. Quell’articolo dà al Governo la possibilità di dichiarare a un certo punto uno stato di emergenza, che (fu osservato quando la legge venne alla Commissione dell’interno; lo osservai io stesso) non si sa bene cosa sia. È uno stato intermedio fra lo stato di pace e lo stato di guerra. Questa legge fissa lo stesso principio e stabilisce un precedente gravissimo. Voi siete padronissimi di non ascoltarci. Ognuno faccia la sua politica, faccia la sua battaglia. Noi sosteniamo la nostra. Attenzione però! Perché il precedente lo avete creato. Vi siete gettati allegramente in questa impresa. Fate pure!”
PAGLIUCA: “Faremo ricorso alla legislazione fascista!”
ALMIRANTE: “I suoi discorsi, come quello di ieri sera, dovremo riprodurli sui giornali. Mi auguro che la Democrazia cristiana faccia parlare spesso l’onorevole Pagliuca e l’onorevole Clerici. Sono di quegli oratori che ci fanno propaganda. Mi auguro che chiedano ancora l’epurazione come l’ hanno chiesta ieri. Il ministro dell’Interno è troppo intelligente per non darmi ragione dentro di sé.
Devo far rilevare che i rappresentati della maggioranza, i più autorevoli, ed anche i più autorevoli rappresentanti dell’estrema sinistra sono caduti in contraddizioni, a proposito di questa legge, così gravi sul piano giuridico che essi, ancora una volta, convalidano la nostra tesi: qui si corre all’avventura politica, dimenticandosi di legiferare, dimenticando che sì tratta di operazioni estremamente delicate. L’onorevole Bettiol, capo del gruppo parlamentare della Democrazia cristiana, ha pronunciato l’altro giorno un discorso moderato (gli do atto volentieri di questa moderazione; e dal punto di vista politico mi permetterò di rispondergli tra poco), ma sul piano giuridico mi deve consentire che gli faccia un rilievo personale. Ancora una volta, onorevole Giannini, sono modesto; ma questa volta sul serio: mi trovo davanti ad un illustre giurista, io che sono un professorucolo di lettere, e quindi devo chiedere scusa all’illustre giurista se mi permetto di fare dei rilievi giuridici.”
BETTIOL GIUSEPPE: “Qui siamo tutti deputati.”
ALMIRANTE: “La ringrazio. Dicevo che l’onorevole Bettiol, ora a capo del gruppo parlamentare della Democrazia cristiana, alla Costituente ebbe l’onore di essere relatore della legge 3 dicembre 1947 e fece una bella, dotta ed anche quella volta moderata relazione, e fu anche moderato l’atteggiamento che tenne in Assemblea. Nella relazione dell’onorevole Bettiol alla legge 3 dicembre 1947, che non mi negherete tratti dello stesso tema di cui ci stiamo occupando, è detto: «L’eccezionalità della legge (l’onorevole Bettiol ammetteva trattarsi, in quel caso, di una legge eccezionale) non può dimenticare alcuni criteri fondamentali di carattere politicogiuridico, i quali devono considerarsi come dei punti fermi in una concezione democratica del diritto penale, onde non avvenga di redigere delle leggi che riproducano i caratteri che presentavano le leggi dei regimi totalitari».”
BETTIOL GIUSEPPE: “È quello che abbiamo fatto allora e che facciamo adesso.”
ALMIRANTE: “Mi lasci dire; ella poi contesterà a suo piacimento.
«Tali criteri fondamentali così aggiungeva sono: 1°) una legge di difesa non può essere una pura e semplice legge vendicativa che sovverta ogni tradizionale criterio tecnico-politico ancorata ad una idea di giustizia retributiva. Diversamente si cade nell’arbitrio e quindi in una forma di terrorismo penale». La contestazione che qui faccio all’onorevole Bettiol non è certamente che non sia giusto quanto scriveva nel 1947. La contestazione è diversa: la legge attuale, a mio parere, al primo criterio fondamentale di allora non risponde.”
BETTIOL GIUSEPPE: “Questo è l’errore. Abbiamo avuto il merito di inquadrare su principi democratici questa legge.”
ALMIRANTE: “Io mi sono messo sul piano giuridico e credo di averlo illustrato fino ad ora. Mi affido non al vostro consenso…”
BETTIOL GIUSEEPPE: “Il pericolo di scivolare vi era.”
ALMIRANTE: “…che non mi potete e non mi dovete dare, ma al giudizio obiettivo di chi vorrà darsi la pena di leggere i resoconti parlamentari per vedere se questa legge risponde al primo criterio della precedente. Continua la relazione dell’onorevole Bettiol: «2°) caratteristica saliente del diritto penale totalitario è il processo alle intenzioni». E qui ci siamo, perché l’articolo 1 di questa legge dichiara che ricostituisce il partito fascista chi crea un partito che abbia finalità antidemocratiche.”
BETTIOL GIUSEPPE: “Ella è carente di nozioni penalistiche se dice di queste cose.”
PRESIDENTE: “Onorevole Bettiol, ella potrà prendere la parola per fatto personale, se lo riterrà opportuno.”
ALMIRANTE: “Io giudico un testo in una maniera o in un’altra, ma le parole sono dell’onorevole Bettiol; quindi non credo di attribuirgli cose inesatte.
«Il presente disegno di legge egli diceva deve formulare le fattispecie in modo diretto, ancorarle a determinati comportamenti esterni»; ma questa legge, onorevole Bettiol, all’articolo 1, non indica nessun determinato comportamento esterno. Ella aggiungeva ancora: «… i quali (comportamenti esterni) per l’uso dei mezzi violenti rappresentino un pericolo effettivo per l’ordine democratico e repubblicano»; ma ella, onorevole Bettiol, mi insegna che il criterio distintivo fra la presente legge e quella del 1947 è proprio il fatto che l’uso di mezzi violenti in questa legge non è specificatamente richiesto per individuare la ricostituzione del partito fascista, tanto è vero che l’onorevole Scelba ha scritto nella relazione ufficiale che il precedente provvedimento è stato inoperante proprio perché chiedeva questa condizione essenziale: la quale condizione essenziale era però stata richiesta specificatamente dal relatore di maggioranza, che oggi, come capo del gruppo parlamentare democristiano, ritiene che se né, possa fare a meno. Ma lo stesso ministro dell’Interno ha cambiato idea durante l’iter di questa legge. Spiegherò poi la ragione di tutti questi cambiamenti di opinione, legittimi, del resto, soprattutto in un paese come l’Italia dove il cambiare idea spesso rappresenta un vantaggio. L’onorevole ministro degli Interni, dunque, presentando l’attuale legge al Parlamento, così scriveva nella relazione che la accompagnava: «La norma che rimette all’autorità giudiziaria l’accertamento della esistenza delle condizioni previste dalla legge per aversi la ricostituzione del disciolto partito fascista ed il conseguente scioglimento del movimento o della associazione, ripetendo uguale norma contenuta nell’articolo 10 della legge 3 dicembre 1947, n. 1546, vuole costituire conferma ed ossequio alla esigenza democratica di offrire più sicura garanzia a favore dei movimenti o delle associazioni incriminate».
In altre parole, il Governo, presentando questa legge, ritenne che per fare ossequio ad una esigenza democratica bisognasse rimettere l’intera procedura alla magistratura. Sennonché, durante la discussione presso l’altro ramo del Parlamento, il Governo stesso cambiò idea, ed il cambiare idea sul piano politico può essere anche legittimo, ma sul piano giuridico è meno accettabile e richiede dei chiarimenti giuridici e non delle giustificazioni di carattere soltanto politico, come voi avete fatto e come dimostrerò fra poco. Quanto ai rappresentanti delle sinistre, anch’essi hanno cambiato idea, e non una volta sola, a proposito di questa legge. Essi cominciarono col respingere l’urgenza richiesta dal ministro dell’Interno al Senato nel novembre 1950; in Commissione prima tennero un atteggiamento piuttosto cauto e di semplice riserva, indi, sempre al Senato, ritennero di presentare una ampia e quasi drammatica relazione di minoranza nella quale dichiaravano di dover respingere la legge a meno che non fosse stata sostanzialmente riveduta: una legge di tal genere, infatti essi spiegavano costituirebbe una arma di ricatto, uno strumento antigiuridico ed un pericolo obiettivo quando venisse manovrata dal Governo. La discussione generale svoltasi in Senato vide le sinistre compatte contro questa legge: i rappresentanti socialcomunisti dissero contro di essa cose che non siamo arrivati a dire noi: si leggano in proposito i discorsi dei senatori Spezzano e Berlinguer, addirittura feroci, si legga il discorso dello stesso relatore di minoranza e si vedrà come è pieno di riserve e di obiezioni gravissime contro questa legge.
Senonché, durante la discussione degli articoli in Senato, accadde il miracolo, la festa familiare, tutti si misero d’accordo per motivi che non voglio giudicare. Le sinistre, dunque, mutarono la legge d’accordo con il centro. Qui alla Camera, nuova sorpresa. In sede di Commissione vi furono sull’articolo 3 esplicite gravi riserve dei rappresentanti delle sinistre, i quali giunsero a dichiarare testualmente: «Questa legge, così come è, non ve la daremo, perché è una legge totalitaria». Ricordo le esatte parole; le ho citate nella relazione di minoranza; nessuno le ha smentite. Nuovo miracolo, il miracolo direi del 25 maggio, e si raggiunge l’accordo un’altra volta. Sono giri di valzer, lecitissimi in sede politica. Sul piano giuridico suscitano qualche perplessità. Comunque ,dell’ atteggiamento politico delle sinistre mi permetterò di parlare subito dopo.
La risposta che i nostri avversari danno a queste nostre obiezioni è proprio questa: si tratta di un problema politico, non si tratta di un problema giuridico.
Veniamo al problema politico. Vorrei pregare l’onorevole ministro ed anche il relatore di maggioranza di non insistere troppo, sul piano politico, su una tesi che li ho sentiti ripetere, cioè: la legge è stata presentata nel 1950 ed quindi assolutamente assurdo dire che la legge comunque possa collegarsi alla situazione politica determinata nel nostro paese dall’ esito elettorale del 25 maggio. E’ una tesi insidiosa per voi sul piano politico, perché il Parlamento legifera, ma il Parlamento credo sia il supremo consesso politico del nostro paese. Credo che il Parlamento debba e voglia legiferare tenendo conto della situazione politica obiettiva. Quando, pertanto il ministro dell’ Interno dichiara che la sua politica non risente affatto, neanche minimamente, di ciò che è avvenuto in Italia il 25 maggio mentre ciò che è accaduto ha un certo rilievo obiettivo, comunque si voglia giudicare la situazione, anzi ha un maggiore rilievo obiettivo se la si giudica con quell’ allarme con il quale sembra
l’ abbiate giudicata voi quando il ministro dice che non si occupa della situazione politica ma di presentare delle leggi e che può capitare che una legge venga all’ esame del Parlamento in un mese piuttosto che in un altro o in un altro ancora, e tutto ciò lo lascia perfettamente indifferente e lascia perfettamente indifferente la maggioranza”
SCELBA: “Non è in questo senso che l’ ho detto.”
ALMIRANTE: “Lo so, ma questa è una interpretazione che l’opinione pubblica può dare. L’opinione pubblica, dopo l’esito del 25 maggio, si attendeva dal Governo una certa politica. Il Governo dice: nossignori, noi continuiamo tranquillamente il nostro cammino legislativo, giuridico, politico precedente. Quello ché è avvenuto dal punto di vista politico è come se non fosse avvenuto. Mi sembra sia per voi una tesi insidiosa e, d’altra parte, non è una tesi sostenibile sul piano obiettivo.
È vero che la legge è stata presentata da lei nel 1950, è vero, onorevole ministro se mi consente il tono scherzoso che ella è un peccatore incallito in materia, che è un «antemarcia», che ha tutti i titoli dell’anzianità. Non è soltanto dal 1950 che ella pensa a una legge di questo genere. È un tu per tu che dura da parecchio tempo, da quando siamo qui, in Parlamento. È esatto, sul piano dei meriti dell’anzianità se ella tiene a questi meriti ma è altrettanto esatto che oggi la situazione è quella che è; e che nel momento in cui l’opinione pubblica ha saputo che il 27 maggio, cioè due giorni dopo le elezioni, questa legge è stata l’assillo di questo Governo e del Parlamento, l’opinione pubblica ha tratto da ciò un giudizio politico. Vuole ella consentirci di trarre anche il nostro? Il nostro giudizio politico sereno, tranquillo, obiettivo è che uno dei modi con i quali il Governo, con i quali la maggioranza parlamentare intendono rispondere alla consultazione del 25 maggio è rappresentato sul piano politico da questa legge, strumento che in altri momenti poteva avere un altro fine, un altro scopo, un’altra giustificazione, ma che oggi non potete non consentirci di inquadrare in una situazione che è quella che è, che non ha determinato l’onorevole Scelba, che non ho determinato io, ma che una certa parte, numericamente rispettabile, dell’opinione pubblica italiana ha creduto di determinare. E allora mi consentirete di delineare quella che, a mio avviso, è la manovra politica che si collega non a questa legge, ma alla sua discussione e alla sua approvazione nel clima che si è determinato qui in questi giorni.
Mi sembra che i fini politici di questa che, senza alcuna insinuazione malevola, io definisco una manovra, siano tre: vi è un’operazione a destra che è in corso, la quale operazione a destra, se non mi sbaglio, tende a far sì che la prossima battaglia elettorale non si svolga più sul tema della partita a tre, ma ritorni al tema tanto caro alla maggioranza e non so perché tanto caro alle sinistre della partita a due.
Vi è l’operazione a sinistra, la cosiddetta «operazione Nenni», della quale parleremo. Vi è infine un’operazione particolare nei nostri specifici confronti, tendente a strangolarci, o a dividerci, o ad eliminarci; forse tutte e tre le cose insieme.
L’onorevole Poletto ci ha voluto rassicurare (parlerò poi della faccenda della retroattività, che non è tanto chiara come si crede) dicendo (come ha detto quel «gioiello» dell’onorevole Corbino): perché vi preoccupate? La legge non tocca voi, non è contro il MSI; è una legge che potrà essere applicata contro di voi se farete i cattivi! È uno strano criterio questo, sul piano legislativo! Se io dovessi preoccuparmi, come deputato, soltanto delle leggi che mi possono colpire od interessare personalmente, credo che verrei meno secondo il vostro stesso giudizio alla mia missione.
Io intanto combatto questa legge ed ho il dovere di combatterla in quanto non sono d’accordo con le sue norme, in quanto la ritengo incostituzionale, antigiuridica. Posso avere, in questo, torto o ragione, ma ho il dovere di combatterla.
E, secondariamente, abbiate un po’ di bontà! Avete partita vinta, stravinta!… Avete un’enorme maggioranza: ci volete anche usare il torto di ritenerci così poco intelligenti? Voi sostenete nei nostri confronti argomenti di questo genere: la legge non vi riguarda se sarete bravi!
GIANNINI GUGLIELMO: “Si faceva della fine ironia, come quella che sta facendo lei ora.”
ALMIRANTE: “Esatto. Quindi, lasciamo da parte queste storielline per bambini, per pupi, e parliamo sul serio. Vi è dunque una terza operazione, che è quella che tende a colpire non sappiamo come il nostro settore politico.
Certo in parte dipende anche da noi: sono d’accordo, perché non siamo spettatori passivi, e non abbiamo alcuna intenzione di esserlo. Dipenderà dal nostro comportamento, dalla nostra intelligenza o imprudenza, dal nostro coraggio o dalla nostra viltà, quello che in tal senso potrà accadere in Italia. Badate, però, che l’opinione pubblica coglie il significato di questa operazione. Vi dirò che ne posso parlare con assoluta tranquillità (prego l’onorevole ministro dell’Interno di prenderne atto); siamo molto sereni, in questo momento, nei confronti dell’approvazione di questa legge nei nostri riguardi. Prima del 25 maggio glielo confesso a posteriorieravamo molto meno sereni. Siccome, però, fra lei e noi, in un certo senso fra questa legge e noi, si è inserito il diaframma del 25 maggio, ci sentiamo più tranquilli, ci sentiamo protetti, e protetta è la nostra coscienza: abbiamo combattuto una battaglia giudicabile in qualsiasi modo, non dirò che l’abbiamo vinta: queste elezioni, come tutte quelle che si svolgono in Italia, le hanno vinte tutti; però, a giudizio comune, abbiamo ottenuto un certo successo che ha coronato i nostri modesti sforzi. Quindi, siamo tranquilli, perché abbiamo con noi alcune centinaia di migliaia di italiani, i quali, a loro volta, seguendo il sistema democratico, produrranno altri deputati, e non credo che saranno deputati come questi che votano contro di noi, se quegli italiani hanno votato in favore nostro. Quindi, ci sentiamo democraticamente sereni, e anche politicamente sereni.
Ci sembra il 25 maggio abbia costituito una indicazione politica di ragguardevole importanza. Se ne sono sentite delle curiose in proposito! Si sono sentite dire, fra gli altri, da quel «gioiello» dell’onorevole Corbino, cose di questo genere: sono voti di ignoranti. Altri han detto: sono voti di religiosi. Altri ancora hanno detto: è gente corrotta, gioventù corrotta quella che applaudito e votato per il MSI.
E io dico: che occhi fini ha questa gente! Ha fatto la spettroscopia di una votazione; è andata a guardare nell’urna se il voto racchiuso in quella scheda o in quell’ altra era di un ignorante o di un intelligente, e ha stabilito che i nostri piuttosto molti voti sono di ignoranti e i loro piuttosto pochi sono di intelligenti. Desolante questo fatto: che, secondo dei liberali e dei democratici, ci siano così pochi uomini intelligenti in Italia! Perché, se gli intelligenti hanno votato per l’onorevole Corbino o per l’onorevole Bellavista, che a Roma ha avuto 1800 voti, sulla intelligenza della città eterna c’è da dubitare. È triste che, dopo sette anni di educazione democratica e liberale, di discorsi meravigliosi, di comizi formidabili dell’onorevole Bellavista e dell’onorevole Corbino, gli italiani si siano incretiniti al punto da dar loro soltanto 1800 voti e al partito degli ignoranti 140 mila.
Non mi sembra, che, dal punto di vista democratico e anche dal punto di vista nazionale, siano dichiarazioni da farsi; sono dichiarazioni che tradiscono un certo senso intimo di delusione, di disinganno, di dispetto, che capisco. E triste trovarsi nella situazione del deputato, che sa già di non tornare più alla Camera dei deputati, non perché facciano per lui, onorevole Pignatelli, una legge particolare. Ella, onorevole Pignatelli, mi ha molto onorato lo dico con la stessa serenità con cui sto parlando con il suo ordine del giorno illustrato ieri sera, con il quale chiede all’onorevole ministro dell’Interno una nuova legge, che, fra l’altro, escluda dalla eleggibilità coloro che sono stati comunque nelle segreterie dei ministeri e dei sottosegretariati della Repubblica sociale italiana; un ordine del giorno, come dicevo, onorevole Pignatelli, fatto gentilmente, graziosamente ad personam. Ella mi onora moltissimo, perché ella presume, evidentemente, che io ho probabilità di essere rieletto deputato; e ammette che voi potete fare una legge, per impedire che sia rieletto deputato qualcuno, che ha la probabilità di essere rieletto. Provate piuttosto a fare una legge, che impedisca di non essere rieletti deputati a coloro che non lo saranno, perché hanno perduto il corpo elettorale. Sarebbe più intelligente e più producente!”
PIGNATELLI: “Non avevo presente lei; ho pensato ad altra compagnia.”
ALMIRANTE: “Io penso allora che ella proporrà un emendamento, ma mi troverete nelle piazze a darvi più noia. Non vi conviene farlo! {Commenti). Sono essi che mi fanno questo onore; io non mi sono mai occupato di loro.”
DI VITTORIO: “Parlate come se aveste conquistato la maggioranza.”
ALMIRANTE: “Io mi limito a fare il conto dei voti; un certo numero di elettori ha ritenuto nel maggio 1952 di votare per il Movimento sociale italiano. L’onorevole Corbino dice che sono elettori ignoranti. L’onorevole Pignatelli col suo ordine del giorno intende dire: non ve lo permetteremo più. Io dico che questi elettori ci sono e mi permetta, onorevole Di Vittorio, di dire qualche cosa di più dal mio punto di vista egoistico mi levo tanto di cappello di fronte a questi poveri ignoranti elettori, i quali hanno votato per un partito come il nostro, malgrado l’ imbottimento dei crani per dirla alla francese che è stato fatto da tutta la stampa contro di noi. Non vi è stato un solo giornale quotidiano, il quale non abbia invelenito l’atmosfera nei nostri confronti durante la campagna elettorale.
Noi abbiamo fatto più comizi che abbiamo potuto. Non avevamo altra arma, non dico per attaccare, ma per difenderci, per sostenere la nostra tesi, completamente isolati, come eravamo, dall’opinione pubblica. I cosiddetti giornaloni indipendenti non hanno fatto la campagna elettorale a favore del Movimento sociale, ma a favore del Governo, anche se in extremis hanno parecchie volte cambiato idea, per motivi, anche questi, umanamente comprensibili. Ma non potete negare che l’intera cintura della propaganda ci abbia circondati e isolati. E non potete negare che questi 142 mila poveri ignoranti, che a Roma hanno votato per il Movimento sociale italiano, hanno compiuto un gesto, che potrà essere di stravaganza, secondo voi, ma che, secondo me, è stato un gesto di coraggio e di fierezza. Permetterete che noi, invece di definire ignoranti gli elettori degli altri, definiamo non intelligenti, ma onesti i nostri.”
GIANNINI GUGLIELMO: “Io li definirei ingrati verso la stampa: il Tempo di Roma cosa ha fatto? Il Giornale d’Italia cosa ha fatto?”
ALMIRANTE: “Hanno consigliato di votare per il Partito liberale.”
GIANNINI GUGLIELMO: “Mi riferisco all’appoggio che vi hanno dato due o tre giornali quotidiani, appoggio che volentieri avrei voluto per me. Comunque, onorevole Almirante, vada avanti, altrimenti facciamo una scena di gelosia.”
ALMIRANTE: “È esatto. Questo per quanto riguarda l’operazione contro di noi. Per quanto riguarda poi l’operazione politica verso destra, essa secondo me tende a far sì che la prossima partita elettorale sì giuochi a due e non più a tre, in modo che questa volta almeno si realizzi il motto: 25 uguale a 18. Debbo però osservare che una simile operazione postula una politica che con questa legge fa a pugni.
Voi vi illudete, signori del Governo, se con questa legge intendete isolarci. Otterrete tutto il contrario. Voi ci state mettendo al centro della vicenda politica nazionale. Poco fa, l’onorevole Poletto ha detto che non si ha intenzione di far di noi dei martiri. Non è neppure la nostra intenzione. Ad esempio, io non desidero affatto avere la corona del martire, mi imbarazzerebbe alquanto. Tuttavia siete voi che mi laureate tale, e non mi potete impedire…”
ROSSI PAOLO: “Mi perdoni, onorevole Almirante, una cosa, da uomo a uomo: di che persecuzioni si lagna lei? Sa che cosa è successo 28 anni or sono, di giugno, in quest’aula, per un discorso di opposizione? Di che cosa si lagna? Perché non ha fede in questa democrazia che le consente di parlare così liberamente in quest’ aula. Noi l’ascoltiamo rassegnati e tranquilli mentre ella dice cose… Io ho i capelli bianchi. Si corregga.”
FERRARIO: “Ricordiamoci di ciò che è accaduto nel 1924 per un semplice discorso di opposizione: è costato la vita ad un uomo!
ALMIRANTE: “Onorevole Rossi, le rispondo. Ella è molto grazioso quando dall’ alto dei suoi capelli bianchi, per la sua esperienza, per le sue sofferenze politiche, mi rivolge ammonimenti di questo genere; soprattutto perché ella l’ ha fatto graziosamente, giungendo le mani: mi è sembrato proprio un democristiano. {Proteste al centro e a sinistra). Perché vi offendete se dico questo? E sta bene: non lo dirò più. Dirò che mi sembra soltanto un socialdemocratico e non un democristiano. Siete contenti? (Proteste al centro). Non vedo che cosa ci sia di male in questo, dopo tante ingiurie che ci sono state lanciate. Onorevole Rossi, ella mi ha detto in sostanza che mi state sopportando. Ringrazio la Camera perché sta sopportando un deputato ignorante (ma pari a tanti altri) (Proteste), eletto con voti ignoranti, ma tali da rendere valida la mia elezione. Ma quando ella si richiama ai drammatici episodi che deprechiamo tutti lei ha parlato da uomo ad uomo ed io le rispondo da uomo ad uomo, senza nessuna preoccupazione di parte che tutti deprechiamo, noi uomini politici, e noi uomini del Movimento sociale, dal punto di vista politico ella convalida la mia tesi. Io sto sostenendo un sereno dibattito, che non credo abbia nulla a che vedere con quei dibattiti, con quei momenti, con quella tragedia. L’ombra di quella tragedia la sta richiamando lei; ella non dovrebbe farla entrare qui.”
DI VITTORIO: “No, no: quella è un’ombra che pesa, che pesa sulla storia del paese, che pesa sulla vita del popolo e che non potrà essere facilmente dimenticata.”
ALMIRANTE: “Onorevole Di Vittorio, quanto è difficile fra italiani sforzarsi di usare delle parole pacate e serene!”
CALOSSO: “Ma imparatele!”
DI VITTORIO: “Avrei voluto ascoltare qualcuno di voi parlare di diritti quando tutti i diritti erano calpestati.”
ALMIRANTE: “A quei tempi qualcuno di noi era bambino.”
DI VITTORIO: “Tra voi ci sono anche altri che sono più anziani di lei.”
ALMIRANTE: “L’onorevole Rossi ha parlato di capelli bianchi. Ai capelli bianchi dell’onorevole Rossi io dico che il sottoscritto non aveva i capelli bianchi in quell’epoca: aveva anni otto.”
SCELBA: “Non aveva nove anni durante la repubblica di Salò, però.”
ALMIRANTE: “Onorevole Scelba, ella mi invita ad un contraddittorio che mi piace molto. Le dirò, onorevole Rossi mi lasci continuare, perché risponderò anche all’onorevole ministro…”
PRESIDENTE: “Onorevole Almirante, tenga presente che sono una finzione i capelli bianchi dell’onorevole Rossi: è del 1900. Ho consultato l’annuario.”
ALMIRANTE: “Dirò allora ai finti capelli bianchi dell’onorevole Rossi e dirò anche all’onorevole ministro che se io nel 1922 (poi parlerò anche della Repubblica sociale: non ho nessuna paura) avevo otto anni, qui nella Camera c’era un gruppo popolare (e lo ricordo perché recentemente i democristiani hanno sollevato una polemica obiettivamente ingiusta contro i liberali, per il loro atteggiamento presunto fiacco nel 1922)…”
GIANNINI GUGLIELMO: “Ma deve parlare del 1924.”
ALMIRANTE: “Ci arriverò. Nel 1922 in questa Camera vi era una maggioranza antifascista, vi era un forte gruppo del partito popolare, il quale così si espresse in data 25 novembre 1922 per bocca dell’attuale senatore Cingolani:
«Il gruppo popolare voterà i pieni poteri: questo voto è la conseguenza logica del voto già dato favorevolmente al Ministero” Voce a destra. “Fascismo!”
CINGOLANI: “No, non è fascismo, ma è volontà decisa e precisa di servire il paese.”
ALMIRANTE: “Siamo dunque noi giovani che vi diciamo che nel 1922 la democrazia non avete saputo difenderla voi. Non avete le carte in regola per farci questo processo: non mettetevi su questo terreno. La legge elettorale Acerbo (e con questo vengo oltre, onorevole Giannini, il 1922, vengo cioè al 1923)…”
GIANNINI GUGLIELMO: “Qui ella ha drammaticamente ragione su questo punto; quindi è inutile che lo racconti a me.”
ALMIRANTE: “La legge elettorale Acerbo fu votata dalla stessa maggioranza parlamentare, con dichiarazioni di voto vostre favorevoli.”
PIGNATELLI: “Sbaglia.”
ALMIRANTE: “Il gruppo popolare presentò in quella circostanza un duplice ordine del giorno: mi dispiace solo di non avere con me il documento: Non potevo d’altronde prevedere che sarei stato portato su questo terreno.
PIGNATELLI: “Io allora avevo 23 anni e non 9.”
PRESIDENTE: “Non denunzi, onorevole Pignatelli, queste cose che evidentemente la mettono in imbarazzo.”
ALMIRANTE: “L’ordine del giorno, dunque, fu presentato dal gruppo popolare a chiusura della discussione generale sulla legge Acerbo. La prima di quell’ordine del giorno riconfermava la fiducia al governo, compresi i pieni poteri; la seconda parte invece era una dichiarazione con cui i popolari facevano conoscere di astenersi dal voto sulla legge in quanto essi, pur accettandola nei principi essenziali, non erano d’accordo circa l’aliquota. Il motivo di dissenso fu soltanto questo, un dissenso quindi di carattere tecnico: si discuteva su un quorum. Tanto è vero questo, che Mussolini pronunciò un discorso sdegnoso in cui disse che a quelle condizioni egli non voleva alleati elettorali.”
PIGNATELLI: “Prego di leggere le dichiarazioni del presidente del gruppo dell’epoca, De Gasperi.”
SCELBA: “Però con quel voto i popolari non autorizzarono Mussolini a sopprimere la libertà in Italia.”
ALMIRANTE: “Siamo perfettamente d’accordo, ma io mi riferisco al tentativo di far passare il Partito liberale come reo di aver fatto una politica fiacca, di non aver visto il pericolo: se qualcuno ha commesso quegli errori, sia chiaro che furono anche i popolari.”
SCELBA: “E noi non vogliamo commettere gli errori di allora.”
ALMIRANTE: “Ma, onorevole ministro, la legge Acerbo l’ ha fatta lei adesso: si va da parte vostra verso il listone, e le conseguenze le stiamo subendo noi. “
SCELBA: “Onorevole Almirante, è così poco «Acerbo» quella legge, che a Bologna hanno vinto i comunisti e altrove voi.”
ALMIRANTE: “Perché non siete neppure capaci di realizzare quello che volete: avete soltanto delle velleità.”
SCELBA: “Perché siamo dei democratici.”
ALMIRANTE: “La vostra politica si ritorce su di voi come un boomerang. Ecco perché siete alla ricerca di nuovi sistemi elettorali che ripetano il miracolo di trasformare minoranze in maggioranze. “
ROSSI PAOLO: “Ma allora, onorevole Almirante, l’antifascista è lei adesso ” {Ilarità).
ALMIRANTE: “Se il fascista è lui ( Indica il ministro dell’Interno), allora sì, senz’altro! Io sono allora l’antifascista, e lo sono in pieno! Io non attribuisco il titolo di fascista a nessuno, ma se giudicate che quello sia fascismo, se la legge maggioritaria è fascismo, il fascismo è lì, e noi lo combattiamo!”
VIGORELLI: “E allora perché avete nominato Borghese presidente?”
ALMIRANTE: “Noi del MSI abbiamo sempre sostenuto la proporzionale. Rispondiamo sempre delle nostre responsabilità!”
VIGORELLI: “E chi ha nominato Graziani presidente della vostra associazione di combattenti? Se siete antifascisti, non prendete di questi arnesi.”
ALMIRANTE: “Il giochetto delle parole, questo barare (per dirla con l’onorevole Giannini) sul fascismo e sull’antifascismo, non lo accetto.”
VIGORELLI: “Le conviene! È come «el duel del sciur Panera»!.”
ALMIRANTE: “Onorevole Vigorelli, nella sua ben nota onestà, la prego di ascoltarmi. L’epiteto o il termine di fascista per gli avversari politici io non lo uso nemmeno per comodità polemica. Non ho nessun pensiero, nemmeno il più lontano, di chiamare fascista l’onorevole ministro dell’Interno. Io definisco la sua politica. Se tale politica la chiamate fascista, io sono antifascista di fronte a quella politica. Ma il giochetto fra i termini di fascismo e antifascismo non lo faccio. Sono cose serie che vorrei tenere al di fuori di questo dibattito qua dentro. Ritornando all’argomento, parlavo della operazione politica a destra, connessa con questa legge, e dicevo che questa legge mi pare che faccia a pugni con quella operazione, innanzi tutto perché ci mette al centro della vicenda politica nazionale, non come martiri e, se non vi garba, neppure come perseguitati (come diceva l’onorevole Rossi); ma comunque questo almeno lo ammetterete al centro dell’opinione pubblica. Aprite i giornali di questi giorni e ve ne renderete conto. La maggioranza non ci isola, ma ottiene lo scopo contrario. E non solo, ma dopo la discussione generale svoltasi su questa legge, dopo il voto concorde contro di noi (tranne qualche rara eccezione) che a questa legge verrà dato, dopo la ricostituzione in quest’aula se non fuori di qui di un rinnovato e postumo comitato di liberazione nazionale, anche quell’altra polemica (usata con maggiore o minore abilità o fortuna, non importa) delle presunte collusioni fra noi e la estrema sinistra, dei due totalitarismi, vi si spezza fra le mani e non la potrete usare più. Questo dibattito ha avuto su di sé l’attenzione interna e internazionale. Si è visto quali sono non dirò le collusioni, ma le concordanze politiche, non su un problema marginale, ma su quello che, almeno per noi e nei nostri riguardi, è il problema centrale. Quindi, anche da questo punto di vista vi siete danneggiati con la vostra manovra. Dirò di più: non troverete più un alleato serio nella lotta anticomunista in Italia. Potrete trovare alleati di accatto, uomini o partiti che, non sapendo più dove aggrapparsi per mantenere le loro posizioni, si aggrappino come naufraghi a voi. Vi saranno di peso, e voi lo sapete, e vi sono già di peso e vi sono stati di peso in più d’una occasione. Ma alleati seri non ne troverete più.
Vengo ora ad una parte delicatissima del mio discorso e che dispiacerà all’onorevole ministro, ma si tratta di notizie che grosso modo già circolano nell’opinione pubblica e che io non farò che avallare e confermare. Voi democratici cristiani, voi Governo, voi maggioranza state tenendo nei nostri confronti un atteggiamento di lotta asperrima: si sono sentiti qui dentro i termini più aspri. Voi dichiarate che il Movimento sociale italiano, così come sinora si è manifestato e se per avventura continuasse a manifestarsi allo stesso modo, per ciò solo deve essere posto al di fuori della vita politica del nostro paese.
È la vostra tesi. È la vostra tesi oggi. E come mai, onorevole ministro, non era la vostra tesi il 22 aprile di quest’anno? Come mai il 22 aprile di quest’anno si riteneva che questo partito, che già allora aveva indubbiamente mostrato i denti, che già allora (sono 5 anni che viviamo) aveva dimostrato quale fosse la sua «follia ipernazionalista», la sua «antidemocrazia», che aveva allora dimostrato di essere un pericolo, un nemico, un «obbrobrio» dal punto di vista costituzionale, come mai questo nostro partito poteva farvi comodo per una intesa anticomunista a Roma? Non a Sgurgola di Sotto, ma a Roma!
È stato il Popolo, il vostro giornale ufficiale, che ha dato notizia di quella iniziativa. È stato il Popolo del 24 aprile che ha pubblicato esattamente questo: «La Democrazia cristiana aderì prontamente a tale impostazione» (la impostazione del listone) «e viene dichiarata pertanto destituita di ogni fondamento la notizia secondo la quale il comitato romano della Democrazia cristiana o altro organismo del partito di maggioranza si sarebbero espressi contrariamente alla iniziativa di don Sturzo».
Quindi il partito della Democrazia cristiana, vale a dire l’onorevole professor Gonella, il 24 aprile si dichiarava, si manifestava, si proclamava favorevole ad una iniziativa politica che io non voglio discutere, che comunque era di marca anticomunista totale, e doveva inglobare tutte le forze politiche che a Roma si sarebbero battute contro il comunismo. Ci si è detto poi che in quella pericolosa occasione l’onorevole De Gasperi insieme con l’onorevole Pacciardi abbia salvato la Democrazia buttando all’aria l’iniziativa di don Sturzo. Rendiamo omaggio all’onorevole De Gasperi che ha salvato la democrazia. Il problema di un eventuale dissenso fra l’onorevole De Gasperi e il segretario del partito di maggioranza, che permetteva che in tal modo il giornale ufficiale del partito si pronunciasse, è problema vostro nel quale non oso intervenire. Però è un dato di fatto che il partito di maggioranza il 24 aprile si esprimeva nei confronti anche nostri in quel determinato modo. Prescindo da ogni altra considerazione. Vi è di più: io qui ho due documentini di non eccessiva importanza, comunque di un certo interesse; sono due lettere di due sezioni della Democrazia cristiana della Puglia. Ho una certa documentazione su quanto è avvenuto in provincia di Bari e in provincia di Foggia.
Vi è una lettera (potrete controllare l’autenticità; sono pronto a metterla a disposizione della Presidenza) della sezione della Democrazia cristiana di Gravina di Puglia indirizzata al Movimento sociale in data 19 aprile 1952, nella quale si dice: «Questa sezione, esaminata la situazione politica inequivocabile esistente a Gravina e considerato che le forze di sinistra e precisamente i socialcomunisti e gli pseudoindipendenti hanno formato un fronte unico per riconsegnare in mani incompetenti il nostro comune, ritiene opportuno costituire un saldo blocco anticomunista formato dal Partito socialdemocratico, dal Movimento sociale, dal Partito nazionale monarchico, dall’uomo qualunque, dai liberali, dall’Associazione reduci e combattenti, dalla Democrazia cristiana e da qualsiasi altra forza eventualmente esistente o in formazione» (non andavano troppo per il sottile); «pertanto invita anche codesto Movimento sociale italiano a considerare con obiettività e serena responsabilità civica questa evidente necessità di unione di tutte le forze anticomuniste». Ho qui inoltre una lettera della sezione democristiana di Gorato in cui si invita il Movimento sociale a partecipare a riunioni dello stesso genere. Ripeto, i documenti sono a disposizione della Presidenza.
Poi vi è la notizia (che possiamo documentare e ci riserviamo a richiesta di documentare) che trattative dello stesso genere, per iniziativa sempre delle sezioni della Democrazia cristiana, hanno avuto luogo, per ciò che riguarda la provincia di Bari, anche a Gonversano, a Minervino Murge, ad Andria. Non hanno avuto esito per l’opposizione della nostra federazione provinciale. Ed anche questo possiamo documentare.”
DI VITTORIO: “In qualche parte hanno avuto esito.”
ALMIRANTE: “A Foggia hanno avuto esito. Aspettate, prevedevo l’interruzione. Sono abbastanza furbo per aver previsto una simile interruzione. Io penso che in Senato l’onorevole Jannuzzi, membro del Governo, abbia votato a favore della legge attualmente in esame. Ebbene io posso dichiararvi (e naturalmente sono pronto a documentare che dico cose esatte) che l’onorevole Jannuzzi, sottosegretario per la difesa, ha più volte impegnato la sua persona per ottenere l’apparentamento della Democrazia cristiana con il «movimento sociale» ad Andria e a Gorato, dove ebbe perfino a svegliare di notte il nostro segretario, dottor Leone, per indurlo all’apparentamento. Anche gli apparentamenti notturni! Io posso aggiungere e sono anche pronto a documentarlo che qui, in Roma…”
DI VITTORIO: “L’onorevole Jannuzzi è un agrario! Questo spiega tutto.”
ALMIRANTE: “Onorevole Di Vittorio, ella se ne intende di agrari.”
DI VITTORIO: “Per averli sempre combattuti tutta la vita! Questo è un mio onore. Ella pure li conosce, ma in altro modo.”
ALMIRANTE: “Sono purtroppo un incompetente in fatto di scienze agrarie, di qualunque genere. Dicevo che posso anche dichiarare e documentare che in Roma una nostra gentile collega democristiana, la onorevole Giuntoli, ha avuto, su sua richiesta e con l’intercessione di un giornalista, un colloquio con un membro della nostra direzione nazionale, il dottor De Marzio, per sollecitare un apparentamento per la provincia di Foggia. Posso dire che in provincia di Foggia (me lo suggerisce l’onorevole Di Vittorio) intese di questo genere, su sollecitazione delle sezioni democristiane, hanno avuto luogo… “
DI VITTORIO: “Invano! Perché vi abbiamo battuti lo stesso!”
ALMIRANTE: “Non voglio dare giudizi politici su quello che è avvenuto. Il mio giudizio personale potrebbe anche essere negativo, ma non avrebbe alcuna importanza e alcun rilievo. Mi si dice (e prevedevo l’interruzione): anche con i comunisti vi siete messi d’accordo. Purtroppo, è accaduto in talune sezioni comunali dell’Italia meridionale che abbiano avuto luogo lo hanno pubblicato i giornali… “
DI VITTORIO: “Dove?”
ALMIRANTE: “Onorevole Di Vittorio, non so di preciso: ma può essere accaduto che in taluni paesini dell’Italia meridionale si siano fatti non degli apparentamenti ma le cosiddette liste civiche, in cui potevano essere anche elementi di sinistra. Deploro, per quel che ci riguarda, che ciò sia avvenuto. Voi potrete deplorarlo dal vostro punto di vista. Possiamo prendere atto con dispiacere che ciò sia avvenuto, ma quanto a coloro che mi interrompono per accusarmi di questo, devo dire: badate che il Movimento sociale italiano è diventato, allora, per tutti, scomunicato e scomunicabile dopo il 25 maggio; ma prima, quando si trattava di garantirsi almeno localmente determinati risultati elettorali, scomunicato non era. E quindi anche l’interruzione dell’onorevole Trulli torna a nostro favore. Ora, con questi sistemi, signori della maggioranza, non credo che troverete degli alleati seri nella lotta anticomunista, quando voi sbattete sul banco degli accusati coloro ai quali avete chiesto un’alleanza un mese prima. Questi sistemi non vi giovano, se volete operare con questa legge il cosiddetto «agganciamento a destra».
Vi è poi l’altra operazione, quella dell’agganciamento a sinistra, «l’operazione Nenni», per la quale io vi faccio i migliori auguri, di gran cuore. È da molto tempo che abbiamo notato certi accenni di un certo rinascente affetto, o mai spento affetto. I giornali hanno pubblicato anche note di colore su questo tema; hanno osservato che quando gli onorevoli Nenni e De Gasperi si trovano insieme alla Camera, sia pure da opposti banchi, vi è sempre tra loro un certo tono di cortesia, di gentilezza, di reciproca stima. E noi siamo commossi di fronte a questo spettacolo!
Andate innanzi per questa strada! Soltanto devo farvi rilevare (e qui mi indirizzo ai colleghi dell’estrema sinistra) che se poco fa vi ho detto che potrei documentare i vostri «giri di valzer» intorno a questa legge e alla politica che essa postula, devo precisare che la documentazione è molto facile. L’ Unità del 22 novembre 1950, quando la legge fu presentata, si esprimeva così: «La legge Scelba serve al Governo come alibi e come precedente (la mia tesi di poco fa) per fare accettare alla opinione pubblica quelle tali misure di polizia che l’ostilità generale l’aveva costretto ad abbandonare». Il Paese del 23 gennaio 1952 riportava un articolo di Berlinguer, dove si leggeva questo: «La legge Scelba maschera l’intenzione non di punire i fascisti in quanto tali, ma solo in quanto oppositori del Governo, maschera cioè una intenzione ricattatoria nei confronti dei fascisti i quali non sarebbero perseguitati qualora non si opponessero alla politica governativa». Ma non voglio insistere su questa documentazione e ve lo dico francamente perché rilevo che il vostro attuale atteggiamento, in questa discussione generale, in favore della legge e contro di noi, è il solo atteggiamento logico e lecito che possiate tenere, dati i vostri precedenti, i vostri programmi, date le vostre mire politiche. Voi non potete fare altra polemica che questa.
Fatta questa franca ammissione, spero che accetterete un rilievo: che la vostra è una politica nostalgica, che presuppone che il popolo italiano si trovi nello stato d’animo del 1945, mentre è nello stato d’animo del 1952, che è uno stato d’animo diverso. Sarà una situazione ambientale, peggiore o migliore, secondo i punti di vista; comunque è ben diversa. Ho sentito parlare anche qui, dopo averne sentito parlare tante volte e dopo averne anche parlato, di vento del nord e di vento del sud. Io non sono tra coloro che sulle piazze hanno detto che adesso spira il vento del sud. Io sono tra coloro che si limitano a dire: non spira più il vento dal nord. Questo è un fatto obiettivo. Io non voglio che spiri il vento del sud perché non chiedo nessuna divisione degli italiani, sono recisamente contrario a qualsiasi politica di scissione tra nord e sud. Potete anche non credermi, è lo stesso. Comunque, il vento del nord non soffia più.
DI VITTORIO: “Non spira perché nel sud ci siamo anche noi.”
ALMIRANTE: “Ci siete, ma con ben altro linguaggio. Siete troppo abili politici per usare oggi nel sud il tono che usavate sette anni fa nel nord. Non ritornerete con quei toni nel sud e neppure nel nord perché il popolo italiano ha mutato atteggiamento. L’onorevole Sceiba dice che è merito suo, altri dicono che è merito loro, noi abbiamo la presunzione di dire che è un pochino anche merito nostro. Comunque, il calendario politico parla: il 1952 non è il 1945. Non fate i nostalgici voi, quando accusate altri di esserlo: tenete conto della situazione di fatto. Siete troppo fini politici per non rendervene conto. Voi oggi postulate una politica antifascista intesa come 7 anni fa lo fu la politica della Resistenza. È vostro diritto, forse è vostro dovere dal punto di vista sentimentale, dottrinale, ideologico.. “
DI VITTORIO: “E nazionale.”
ALMIRANTE: “Ma dal punto di vista politico no.
Badate che non vi rispondo io in tal modo, perché sarebbe una risposta di parte: noi abbiamo sempre fatto la politica anticiellenistica. Vi risponde il generale Cadorna, che è una voce autorevole; tanto che il Presidente del Consiglio ultimamente alla sua persona si è riferito volendo esaltare gli ideali della Resistenza. Il generale Cadorna, il 22 aprile 1950, così scriveva in un giornale romano: «La convergenza delle forze che diedero vita alla Resistenza e alla lotta di liberazione si esaurì con la liberazione stessa. Tentare di ricreare una coscienza unitaria, che la realtà di ogni giorno smentisce nella impossibilità di usare un comune vocabolario per definire i termini fondamentali della libertà e della democrazia, mi sembra cosa artificiosa». “
LOMBARDI RUGGIERO: “Ma è Graziani che vuole farlo. “
ALMIRANTE: “Ritornerò su questo argomento. Sul piano internazionale la risposta l’ha data l’onorevole Bettiol, il quale alla Camera il 9 giugno 1950 ha detto: «Se oggi noi piangiamo (parlava della situazione internazionale), se oggi ci troviamo in una situazione politica internazionale che ha aspetti negativi, questa è proprio la conclusione, la conseguenza della politica di Yalta e della politica di Potsdam, che è stata per il nostro paese una politica da beccai o da macellai, vale a dire quella politica che ha rotto le vertebre e ha dato al nostro paese il trattato di pace, perché il trattato di pace è conseguenza di questi tristi amori fra oriente ed occidente».
È il capo del gruppo della Democrazia cristiana che parla di «tristi amori tra oriente ed occidente»! E parlare di «tristi amori» oggi è un gentile eufemismo, perché mentre qui in Italia voi volete (e coerentemente, ripeto, dal vostro punto di vista, ma, a mio parere, con la testa un po’ nelle nuvole) ricreare quel clima e quegli accordi politici, non vi accorgete, rifiutando persino di leggere i giornali, degli eventi che si stanno svolgendo in questi giorni negli altri paesi europei dove (e non solo in Francia, ma anche, e purtroppo, in Germania, dove la situazione è ben più grave) il clima è completamente diverso. Voi pensate di poter fare in Italia, nell’attuale situazione, una politica interna in opposizione e nettamente in contrasto con la crisi internazionale che va maturando in un certo senso? Evidentemente siete voi i nostalgici, gli «ipernazionalisti», che non si rendono conto che una politica interna non può essere indipendente dalla politica estera, e che non si può avere una politica estera orientale e occidentale che sia indipendente dagli eventi che si stanno svolgendo negli altri paesi.
Queste vostre strizzatine di occhio, quindi, onorevoli colleghi, queste vostre intese fraterne, si esauriranno con la discussione e con l’approvazione di questo disegno di legge. E con questo credo di aver risposto anche alla intelligente interruzione dell’onorevole Ruggero Lombardi. Può darsi senz’altro che certe nostre manifestazioni siano giudicate imprudenti, diano esca a determinate intese e quasi le postulino sul piano sentimentale; ma non si va e non si deve andare al di là del piano sentimentale, perché quelle tali nostre manifestazioni si sono svolte, appunto, sul piano sentimentale e sul piano politico: anche voi, senza accorgervene, vi muovete sul piano sentimentale, ma non potete farlo sulle stesse linee anche sul piano politico. Non si possono fare, infatti, due politiche in una volta: o fate la politica del «25-18», cioè del miracolo del 18 aprile (e fu un miracolo anticomunista, se non erro), o ne fate un’altra in senso opposto; ma non si può impostare una campagna elettorale così come l’ ha impostata il Presidente del Consiglio, il quale parecchie volte ha dichiarato agli italiani del Mezzogiorno che il bolscevismo è il pericolo numero uno, e nello stesso tempo pretendere di intendersela con Nenni. Sono esplosioni sentimentali, onorevoli colleghi della maggioranza, che giovano alle sinistre perché servono a giustificare le loro tesi, ma danneggiano voi, perché quando vi presenterete un’altra volta agli italiani con la bandiera del 18 aprile e dopo aver strizzato l’occhio a Nenni, gli elettori non abboccheranno più.
Devo ora rispondere ai colleghi che hanno avuto la bontà di intervenire nel dibattito. Rispondo, naturalmente, piuttosto a coloro che hanno parlato a favore della legge, ma prima di tutto devo ringraziare gli onorevoli Capua, Golitto, Giannini Guglielmo, Cuttitta, Tonengo, Cocco Ortu, De Caro Gerardo, Palmieri per i loro interventi a favore della nostra tesi (non dirò a favore nostro), e devo rinnovare il mio ringraziamento all’onorevole Casalinuovo che in anche in Commissione si è battuto per la nostra tesi, e all’onorevole Covelli che ha fatto altrettanto. All’onorevole Guglielmo Giannini e all’onorevole Cocco Ortu, che hanno sostenuto, con diverso tono e da diversi punti di vista, tesi non dissimili, devo una particolare risposta. L’onorevole Giannini ha toccato un tasto delicato, trattato anche nella relazione di maggioranza. Egli ha detto che noi bariamo al giuoco della propaganda e della battaglia politica; e la stessa cosa ha detto, da un diverso punto di vista, l’onorevole Cocco Ortu, che mi duole di non vedere presente perché volevo dirgli che la nobiltà dei suoi accenti è stata tale, anche quando ha parlato, e duramente, contro di noi, che mi ha commosso e che lo ringrazio per ciò che ha detto, anche contro di noi, ripeto, perché lo ha detto in un tono talmente elevato e nobile e con tanta fede, che trovarsi di fronte ad avversari di quel genere fa piacere.
All’onorevole Giannini debbo dunque dire che è vero, si bara al giuoco, soprattutto durante le campagne elettorali. Chi non bara al giuoco elettorale? Nelle elezioni, nei comizi, qual è l’oratore che ha tanto controllo di sé da non scivolare in quello che è un vero e proprio barare al giuoco?”
GIANNINI GUGLIELMO: “Io, per esempio.”
ALMIRANTE: “Gliene rendo atto e merito ben volentieri, pur non avendo seguito la sua campagna elettorale. Io, invece, faccio ammenda e le dirò che può essere capitato anche a me, per primo, durante una campagna elettorale, nell’asprezza di una battaglia elettorale, di barare, credo, abbastanza innocentemente. Giudichino comunque gli avversari. Ma non è, questo, un tema da liquidarsi così; è un tema molto grave, e ci riporta un po’ indietro. Non al ventennio: fermiamoci alle comuni responsabilità di quest’ultimo periodo. Veda, onorevole Giannini, io penso, e molti italiani pensano come me, che colui che ebbe l’idea di far suonare l’8 maggio 1945 le sirene di tutte le città italiane per annunciare non che la guerra era finita (che sarebbe stato giusto), neppure che ci eravamo liberati del peso della guerra e delle catastrofi che essa portava (che sarebbe stato giusto), ma per annunciare, come dissero alla radio, come scrissero le gazzette, come si fece conoscere a tutto il popolo italiano, che questo aveva vinto perdendo; io penso che quel tale abbia barato al gioco, e mi pare che abbiano barato, prima che gli italiani, gli stranieri…”
COLOSSO: “Ma non è esatto! Affermare ciò non è una cosa seria! È una cosa buffonesca…”
ALMIRANTE: “Vede, onorevole Colosso, ella è un po’ il clown di questa Camera, e quindi usa l’aggettivo «buffonesco» che compete a lei, ma non a me. Hanno barato al giuoco gli stranieri, prima degli italiani. Il giuoco della Carta atlantica non fu un po’ un grosso barare? Sapevano di barare? Non lo sapevano? Non possiamo dirlo… “
GIANNINI GUGLIELMO: “Perché non può dirlo? Io questo l’ ho detto molto tempo fa. “
ALMIRANTE: “D’accordo; ma voglio portarla a dire quello che ancora non ha detto e che, insieme con me, potrebbe dire a conclusione di questo dibattito. Quindi mi scusi la piccola furberia. Partivo da lontano per vedere se si potesse, una volta tanto, arrivare concordi alla conclusione. Hanno barato allora al giuoco quei signori, tutti; e hanno continuato a barare. Quando questi signori dicono che Tito è democratico e che contemporaneamente Franco è democratico e che vi sono dei dubbi sulla democraticità del nostro paese, barano tutti al giuoco. Si bara al giuoco, anche in Italia, quando ci si scandalizza perché dei soldati italiani, che il Presidente del Consiglio ha definito eroici, si presentano sulle piazze; e ci si dimentica che coloro che inveiscono per questo corrono il rischio di trovarsi fra poco, nei vari consessi atlantici, in Germania, accanto, non dirò per esempio a Kesselring che è per ora in libertà provvisoria ma certo al generale Guderian, a Von Rahn, a Heusinger. Egregi signori, se si accetta la morale di Norimberga anche quella, secondo me, fu un barare al giuoco sono criminali anche quelli, e per giunta criminali di guerra. Ed allora la morale di Norimberga la si vuole applicare solo in Italia: non è questo un barare al giuoco? C’è un grosso barare in tutti i sensi e in tutte le direzioni, perché anche gli esponenti di sinistra potrebbero trovarsi insieme a von Paulus o insieme a qualche altro generale hitleriano. C’è un barare al giuoco sul piano internazionale, e c’è un barare al giuoco sul piano interno.
Onorevole Giannini, ella è giornalista. Ho fatto anch’io, modestamente, il giornalista, ma sono stato epurato… “
GIANNINI GUGLIELMO: “Anch’io sono stato epurato!”
ALMIRANTE: “Sul piano giornalistico, quando gli italiani leggono certi giornali indipendenti, con articoli di fondo gravi, densi di pensieri, di concetti, di certi direttori che per venti anni hanno, non dico esaltato il regime fascista (sarebbe niente!) ma hanno codificato i principi politici e dottrinali del fascismo, e che il 26 luglio non un giorno prima né un giorno dopo si sono convertiti all’antifascismo, non le pare che si bari così non al giuoco, ma al doppio giuoco, il che è ancora peggio, o addirittura al triplo o al quadruplo giuoco? E quando questo Governo, che si definisce democratico, e che è democratico, fa difendere contro di noi la sua democraticità vogliamo fare un nome? da Mario Missiroli, io mi indigno; e la gente dice: costoro barano al giuoco; non crede alla loro democrazia, non li piglia sul serio. E quando mi presento io, modestissimo, sulle piazze, e dico queste cose, la gente si diverte: la gente viene ad assistere ai nostri comizi perché trova in noi gente che, se mai bara, bara con carte italiane. Abbiamo forse anche noi qualche carta nella manica: sarà l’asso di bastoni, sarà quello che volete, ma sono carte italiane. “
GRILLI: “Sono tedesche… “
MICHELINI: “Le vostre sono russe! “
ALMIRANTE: “Non ho fatto mai doppi giuochi: ho fatto il mio giuoco…”
GRILLI: “Ha fatto quello dei tedeschi, lei, insieme con gli altri! “
ALMIRANTE: “Quindi il nostro giuoco, ammesso e non concesso che bariamo, è un giuoco piuttosto semplice, schietto, semplicione. Voi dite che inganniamo la gente. Ma allora questa gente si ricrederà! Perché avete tanta paura? Diceva bene, ieri sera, l’onorevole Cocco Ortu: con questi uomini mi sento di battermi su una piazza, di denunziare i loro torti, di trascinare con me l’elettorato italiano, dopo questa sfuriata di malcontento! Noi siamo qui, pronti alla prova. Altro non chiediamo. Che abbiamo fatto, in questi cinque anni, se non aderire a tale impostazione, accettando la battaglia sul piano della convinzione (voi dite della corruzione)?
Che altro abbiamo fatto se non parlare agli italiani? E se gli italiani, in parte, sia pure in piccola parte, ma comunque in una certa parte che va aumentando e non diminuendo, votano per noi, ciò non vi dice nulla? Non costituisce questo, per voi, la base di una diversa politica? Pretendete di chiudere la porta a tutto ciò con una legge repressiva? Qui non si tratta onorevole Scelba, di sciogliere il MSI, e non si tratta neppure di legare i dirigenti del MSI, che è forse l’operazione più semplice e comoda. Qui si tratta di captare quei due milioni e mezzo, quei tre milioni di voti, quei tali voti saranno quelli che saranno che le recenti elezioni hanno espresso in nostro favore. Voi potete sciogliere o legare noi, non i voti. L’opinione pubblica, lo stato d’animo, il sentimento popolare giudicateli come volete non solo rimangono, ma s’ingrossano. E ripeto quello che disse molto bene l’onorevole Roberti la vostra politica è fallimentare, in quanto non è da oggi che state cercando di colpire questo settore politico italiano, e questo settore politico italiano cresce di colpo in colpo. Vi sono i finanziamenti, hanno detto taluni colleghi. Vogliamo parlar chiaro in fatto di finanziamenti? Allora vi chiederò: certi quotidiani di partiti i quali a Roma prendono cinquemila, seimila, ventimila voti al massimo come vivono? Chi li finanzia? Quel denaro, quella pecunia, non olet perché arriva ad un certo settore? Olet solo se arriva al nostro? Noi possiamo, per avventura, sostenere che un partito che ha preso a Roma 142.000 voti si sia potuto pagare i suoi manifesti, grazie al sostegno dei suoi simpatizzanti; ma certo non lo possono altri partiti… “
GIANNINI GUGLIELMO: “Potrebbe sostenerlo Lauro! “
ALMIRANTE: “…i quali non esistono più, o quasi più, e tuttavia posseggono costosissimi quotidiani.
I soldi, chi li dà? Non credo che i quotidiani siano finanziati dagli operai. Saranno finanziati da cittadini italiani o stranieri, certamente democratici, poiché si tratta di voi, ma cittadini danarosi, cioè capitalisti od agrari.
Ed allora, che significato ha questa campagna di denigrazione contro il presunto finanziamento del MSI? Vogliamo moralizzare la vita pubblica italiana, la vita dei partiti politici italiani? Fu chiesta, alla Costituente, una legge sul controllo delle fonti finanziarie dei partiti e dei giornali, e ricordo che l’onorevole Giannini si oppose a quella legge. Ma vogliamo riprenderla? Riprendiamola; ma per tutti, e si chiarirà così la situazione. Vi saranno da apprendere cose molto più divertenti di quelle che l’onorevole Preti va denunziando in quest’aula da qualche tempo. Circa il barare al giuoco, la legge elettorale maggioritaria non è un barare al giuoco? L’opinione pubblica non comprende che si tratta di barare al giuoco? E quando il Movimento sociale lo denunzia, bara esso al giuoco, o denunzia chi bara? E se simpatie vanno verso il Movimento sociale, sono simpatie rubate o regalate a noi da questo Governo e dalla maggioranza? La legge Scelba non è il più clamoroso modo di barare al giuoco della democrazia? E non è essa che ci ha portato gran parte dei consensi che abbiamo avuti? Ci si è detto: ringraziate il ministro dell’Interno. Io non mi sento di ringraziarlo, perché il suo stato d’animo è alquanto contrario alla mia parte, e forse alla mia persona. Ma non potrete ringraziarlo neppure voi. Io non ho né ragione, né interesse, né voglia di ringraziarlo. Non credo che potrete ringraziarlo voi, quando questa avventura politica sarà finita. Io, fra l’altro, lo dissi un anno fa: l’onorevole Scelba è pericoloso; sì, ma per la maggioranza. I fatti lo hanno dimostrato: il 25 maggio lo ha dimostrato, sia pure in modo parziale. Volete altri fatti del genere? Andate avanti con questa politica; lasciate che il ministro dell’Interno vada avanti su questa linea, incoraggiatelo con le facili maggioranze di questi giorni, con gli applausi a ripetizione, con gli evviva; incoraggiatelo: sarà la vostra rovina, non la nostra. Ho poche cose da rispondere agli altri oratori. All’onorevole Scalfaro, che non vedo presente, dirò che si è risposto da se stesso, perché dopo aver pronunziato il suo bel discorso, il giorno successivo è corso a Novara ad abbracciare il senatore Moscatelli; in quell’abbraccio si è rivelata la sua linea politica. Se questa sia la linea politica della maggioranza e se convenga alla maggioranza, ditelo voi.
All’onorevole Gorbino, oltre al già detto, devo semplicemente contestare una frase. Nel resoconto è detto testualmente, a proposito del discorso dell’onorevole Gorbino: «Per qualche tempo certa gente dovrà prendere le nostre misure cautelatrici ed avere gli stessi timori che avevano gli antifascisti durante il ventennio». Ed allora si tratta della stessa politica, che costringe altre persone a rifugiarsi ed a nascondersi a causa di una identica persecuzione. È una confessione che, da parte di un liberale, non credo faccia pubblicità a questa legge.
All’onorevole Bettiol ripetendo che il suo intervento è stato moderato, tanto da correggere l’impressione poco buona data da altri interventi, non controllati e non responsabili, del partito di maggioranza nella sua alta responsabilità di capo di un così forte gruppo parlamentare, desidero chiedere una spiegazione sullo strano enigma della legge polivalente e della legge monovalente. Francamente, non ci capisco più nulla. Durante la campagna elettorale, l’onorevole Presidente del Consiglio ha preso l’iniziativa di annunziare, con la presentazione della legge polivalente, la fine di una politica e l’inizio di un’altra. Se le parole hanno il significato che hanno in italiano, il fatto che viene presentata una legge polivalente per la difesa della democrazia significa che si abbandona la strada della legge monovalente per la difesa della democrazia, e s’imbocca un’altra strada.
Durante la campagna elettorale stessa, la dichiarazione del Presidente del Consiglio suscitò un tumulto di commenti e di polemiche; fra l’altro stando ai giornali non so se bene informati polemiche anche intragovernative, in quanto il ministro guardasigilli dava di quella dichiarazione una interpretazione cioè, secondo i giornali, la presentazione della legge polivalente significava ritiro o inglobamento della legge monovalente mentre il ministro dell’Interno dava altra interpretazione, che sembra avere poi trionfato, secondo cui il cammino parlamentare di questa legge avrebbe proseguito ugualmente. Finita la campagna elettorale, la legge polivalente è stata presentata all’altro ramo del Parlamento. Dei suoi articoli parleremo in sede di discussione degli articoli di questa legge. Ma essa contiene una introduzione, una relazione firmata dal ministro guardasigilli, che conferma la nostra interpretazione politica della tesi del Presidente del Consiglio: cioè, che il Governo vuole abbandonare la strada delle leggi speciali o monovalenti, per prendere la strada delle leggi polivalenti.
Ci è parso, allora, logico chiedere che questa legge venisse esaminata insieme con l’altra, per motivi politici e anche per motivi regolamentari; ci è stato invece risposto di no. Non solo, ma l’onorevole Bettiol, parlando di questo argomento, nel suo discorso, ci ha detto, se non sbaglio, che la presente legge dovrà essere poi «inquadrata» nell’altra legge polivalente. Io mi chiedo: che cosa significa «inquadrata»? Che cosa significa inquadrare una legge in un’altra? A me pare che questo vocabolo non abbia, dal punto di vista legislativo, alcun significato. Significa forse che questa legge sarà in vigore sino al giorno in cui non sarà inserita nell’altra? Allora, questa legge, sarebbe una burletta e avrebbe una vita veramente brevissima, se a poca distanza dovesse subentrare la legge polivalente. Significa invece che le due leggi convivranno, in una specie di coabitazione giuridica? Sarebbe una curiosa situazione. Tutto questo, dal punto di vista legislativo e giuridico, non significa nulla. Poiché l’onorevole Bettiol ha poi detto che questa legge deve essere approvata senza emendamenti, io mi permetto di osservare: come si può, a nome del gruppo parlamentare di maggioranza, dichiarare che nessun emendamento a questa legge sarà accolto, prima ancora che eventuali emendamenti siano presentati e stampati? Come potevate presumere che emendamenti non sarebbero stati presentati? Poteva capitare il caso che alcuni appartenenti alla maggioranza presentassero emendamenti intesi a migliorare la legge (a peggiorare la legge, per noi); perché, dunque, non porsi questa ipotesi? Come avete potuto dichiarare che non sarebbe stato accolto alcun emendamento a questa legge senza offendere voi stessi, senza offendere il prestigio e la serietà del Parlamento? Questo veramente vuol dire barare al giuoco. A parte ciò, voi dimenticate che l’articolo 10 della legge attualmente in esame vi impegna a dichiarare decaduta questa legge non appena entreranno in vigore le nuove norme del codice penale. Non potete, ancora una volta, fare due politiche diverse. Voi volete portare avanti questa legge e avete in cuore, forse, di rinunciare all’altra. Dovete dire, non a noi, ma all’opinione pubblica, quale politica intendete svolgere. Mi avvio all’ultima parte del mio discorso, e rispondo all’onorevole ministro dell’Interno. Egli non ha ancora parlato, ma io, pur non avendo a disposizione speciali servizi di informazione, immagino già quali saranno i temi sostanziali del suo discorso.
Credo che l’onorevole ministro, come ha fatto altre volte, intenda trattare nei nostri confronti soprattutto tre argomenti, che tra l’altro sono stati sfiorati da un relatore di maggioranza. Il primo è il tema della pacificazione; il secondo è il concetto di democrazia protetta, il terzo, la nostra particolare responsabilità, soprattutto per quanto attiene alla nostra condotta durante la recente campagna elettorale. Quanto alla pacificazione, ho sentito parlare molto spesso di generosità. Vorrei far rilevare ai colleghi della maggioranza che altro è una politica di generosità, altro è una politica di pacificazione; l’una e l’altra non si possono fare, l’ una esclude in un certo senso l’altra. La politica della generosità dopo una guerra civile si estrinseca in atti amministrativi, in atti di giustizia, come l’indulto, l’amnistia la più clamorosa fu l’amnistia Togliatti i quali sistemano o risistemano in un certo senso la situazione sul piano amministrativo, ma lasciano immutate le discriminazioni sul piano morale, sul piano politico e finanche sul piano giuridico. La politica di pacificazione è un’altra cosa. La politica di pacificazione, come diceva il collega Poletto, mette una pietra sul passato; la pacificazione riguarda il passato, non riguarda il presente, mantiene intatte le divergenze di vedute, le divergenze di indirizzi, le battaglie, le polemiche, gli scontri per quanto riguarda il presente; ma impedisce che avversari politici, i quali differiscono oggi su determinati problemi, non possano oggi stesso o domani ritrovarsi d’accordo su quelli o su altri problemi, in quanto li divida una barriera insormontabile: la barriera del passato e delle responsabilità assunte da ciascuno nel passato. Ancora una volta, voi dovete scegliere; voi dovete dire non a noi, ma all’opinione pubblica se intendete fare politica di generosità, che è una cosa, o una politica di pacificazione, che è un’altra. In tema di generosità noi non intendiamo affatto entrare in polemica. Noi siamo lietissimi ogni qual volta si annunziano provvedimenti intesi ad attribuire o restituire diritti a categorie di cittadini che ne erano stati privati per effetto della guerra civile. Noi siamo stati felicissimi quando abbiamo appreso che presentavate all’altro ramo del Parlamento una legge per concedere le pensioni agli ex combattenti della Repubblica sociale italiana (meno soddisfatti siamo stati, naturalmente, quando abbiamo appreso che l’esame di quella legge è stato rinviato). Comunque accogliamo, come cittadini, ben volentieri la notizia di ogni provvedimento di tal genere e non vorremmo che vi fossero polemiche in materia, perché le polemiche danneggiano i provvedimenti a favore delle categorie che gli uni e gli altri vorrebbero in qualche modo assistere.
FERRARIO: “Ricordi che l’onorevole Franceschini ha presentato qui, prima ancora di quel provvedimento, una proposta di legge in proposito. “
ALMIRANTE: “Lo ricordo volentieri; e rinnovo all’onorevole Franceschini il ringraziamento per il suo gesto. E sto dicendo che prendo atto volentieri di qualsiasi gesto che in tal senso venga fatto. Però, questa non è politica di pacificazione: è politica di generosità; come tale l’avete presentata voi stessi, come tale l’ ha illustrata ancora oggi il relatore per la maggioranza, come tale l’ hanno illustrata altri oratori di maggioranza. La politica della generosità implica un sistema ed una concezione paternalistici; e comporta la discriminazione dei cittadini in due categorie sul piano morale, sul piano politico e sul piano storico. La pacificazione non c’entra. La politica della pacificazione è un’altra. Ma disse al Senato il ministro che cosa volete allora? La resa senza condizioni della democrazia? Volete invertire le parti, volete voi sottoporre a processo gli altri? Non ci limitiamo a dire che la politica della pacificazione, se politica di pacificazione vuoi essere, deve far crollare, coraggiosamente crollare (l’iniziativa non la potete prendere che voi, perché voi siete al Governo) tutte le linee gotiche, chiudere tutte le polemiche sul passato. Il che non vuol dire che non si debbano perseguire i crimini individuali, nei riguardi di chi abbia commesso reati comuni previsti dal diritto penale. Noi non abbiamo nessun interesse a difendere i delinquenti comuni, e neppure voi. Bisogna che i cittadini italiani siano discriminati sulla base del diritto comune e dei delitti che sul piano del diritto comune abbiano potuto commettere. Occorre fare sì che vi siano da un lato tutti i galantuomini, qualunque sia stata la loro parte politica, e dall’altra tutti i disonesti, qualunque sia stata la loro parte politica. Questa è la pacificazione; ma non la possiamo fare noi, la potete fare voi, se la volete fare. Ora, questa legge chiude le porte ad una politica di pacificazione. Può lasciare intatta una politica di generosità. Ho letto giorni fa sui giornali una notizia che spero vera. L’onorevole Rossi, relatore per la maggioranza, avrebbe auspicato che l’approvazione di questa legge venga accompagnata da un indulto per i reati politici. Spero che la notizia sia vera. Mi dispiacerebbe se non lo fosse. “
ROSSI PAOLO: “Non posso confermare né smentire, perché non ho detto nulla. “
ALMIRANTE. I giornali le hanno attribuito una generosa dichiarazione di questo genere. Noi, certo, ce lo auguriamo, ma ciò non ha nulla a che vedere con la pacificazione; sul piano della pacificazione, questa legge dice no, e in maniera definitiva. Può non interessarvi, ma dovete prendere atto che è così. E vi dimostro che è vero. Quando ieri sera sono stati presentati e illustrati ordini del giorno che chiedono, in sostanza, una riapertura dell’epurazione, che chiedono in sostanza un ritorno, sia pure larvato, a magistrature speciali, che chiedono in sostanza un azionismo politico che maturerebbe oggi le sue vendette per essere stato ieri sconfitto e disciolto dall’opinione pubblica italiana, io non mi sono stupito né scandalizzato. Tale è la logica di questa legge. Se questa legge viene approvata, finiscono purtroppo per aver ragione, dal loro punto di vista, coloro che dicono: non basta la legge Scelba, ci vuole anche un’altra magistratura; dell’attuale non ci fidiamo, fa troppi cavilli; ci vogliono tribunali speciali. Ieri sera ho sentito dire: ci vuole, nella magistratura, un «afflato nuovo». Ma che vuol dire questo? Non è chiaro; o lo è anche troppo. Si è detto, ancora: la legge Scelba potrà bloccare un partito politico, ma ci sono troppi ex fascisti tra gli impiegati statali; e si è dimenticato che se questa gente ha aderito alla Repubblica sociale, è stata già epurata una volta e disepurata in virtù di una legge che avete fatto voi e che porta la data del 7 febbraio 1948, legge di propaganda elettorale essa pure. Si dimentica anche questo? Si può, purtroppo, dimenticarlo, perché la logica della legge Scelba si chiama epurazione e magistratura speciale. “
ROBERTI: “Tanto è vero che se ne demanda l’applicazione al potere esecutivo: è la legge della paura. “
ALMIRANTE: “Ben giustamente dice il collega Roberti che è la legge della paura. “
GEUNA: “Non saranno mica le vostre pubblicazioni, per caso, a promuovere la pacificazione? Avete dimenticato che cos’è la vostra stampa? Sono sette anni che continuate a metterci sotto accusa. “
ALMIRANTE: “Questo è un po’ troppo. “
GEUNA: “No: è la realtà dei fatti! “
ALMIRANTE: “La politica di questa legge, la logica di questa legge è la politica dell’antifascismo, tipica del «partito d’azione»: non lo potete negare. Ora, io vi ripeto quello che ho detto poco fa: due politiche insieme non potete farle. Non potete fare la politica di questa legge e insieme la politica del 18 aprile, non potete fare la politica di questa legge e insieme la politica anticomunista, la politica contro il pericolo bolscevico, che è stata anche di recente tratteggiata dall’onorevole De Gasperi. E badate che noi, con questo, non vi sollecitiamo ad un’intesa; brutta o bella che sia, noi abbiamo fatto la nostra strada e continueremo a farla. Quanto alla democrazia protetta, io ve lo dico chiaro: noi siamo d’accordo su ogni legge che, tutelando i diritti dei cittadini e non stabilendo discriminazioni fra i cittadini, protegga le istituzioni contro i tentativi di sovversione violenta. Siamo d’accordo. Ci impegniamo fin da questo momento, come parlamentari e come partito, ad approvare (salvo naturalmente l’esame delle norme) ogni nuova legge che in tale senso difenda la democrazia contro qualsiasi pericolo. Ci impegniamo ad approvarla; e siamo noi a chiedervi di osservare e fare osservare a tutti le norme del diritto comune. Perché non potete far credere (altro che barare al giuoco!) agli italiani che sia enormemente pericoloso per la democrazia il MSI che, d’altra parte, come ho udito ieri sera, viene qualificato come ridicolo, come puerile, come inutile, come «movimentino» di scarsissima importanza; non potete far credere che sia pericoloso il MSI, di fronte ad una politica di protezione della democrazia, e che non siano pericolosi altri partiti che, non so se sia vero, ma voi vi affannate a dichiararlo, avrebbero a disposizione addirittura degli eserciti clandestini! Perché è stato lei, onorevole Scelba, che in questa Camera, nella seduta del 28 ottobre 1950, parlando sul bilancio dell’interno in qualità di ministro, ha dichiarato esistere (parole testuali) un apparato militare clandestino del Partito comunista. Ella ha dichiarato in quella stessa occasione che, in una provincia, le sue autorità avevano appurato essere il segretario amministrativo di quel partito il capo dell’apparato clandestino. Non ho mai saputo e non so se le sue informazioni di quel giorno fossero vere o false, ma, se false erano, il ministro dell’Interno è stato un po’ leggero e facile nel diramarle al Parlamento e all’opinione pubblica; se vere erano, erano di tale gravità da postulare non un’azione politica, ma un’azione penale immediata. Ella denunciava all’opinione pubblica fatti di tanta gravità, e non ne è seguito nulla. Ne è seguita, invece, a pochi giorni di distanza, la presentazione di questa legge! E qui si bara ancora una volta al giuoco.
Volete proteggere la democrazia? Proteggiamola veramente da tutti gli assalti e non contro i mulini a vento che vi fa piacere immaginare per i vostri fini politici particolari! E vengo alla risposta che devo all’onorevole Geuna, e non mi dilungo dal tema perché essa fa parte di quello che devo dire anche all’onorevole ministro. Ci ha detto il relatore di maggioranza, e certamente lo documenterà l’onorevole ministro (ma penso che potrà fare a meno di tale documentazione dopo le dichiarazioni che sto per fare), ci si è detto: durante la recente campagna elettorale, e prima ancora, da molti anni, siete voi che non controllate i vostri toni, che usate toni talvolta di minaccia, che incitate alla vendetta, che avete fatto aperta apologia del passato, che avete risuscitato figure compromettenti del passato, vi siete smascherati. Ha detto l’onorevole Gonella: dopo la campagna elettorale, abbiamo capito tutto.
Rispondo: in primo luogo, bisogna stare attenti con le accuse di tale genere, perché può darsi (non voglio onestamente escluderlo) che oratori del mio partito, più o meno importanti, abbiano durante la recente campagna elettorale potuto eccedere nella battaglia polemica, che era naturalmente la nostra battaglia polemica e non la vostra e, quindi, poteva richiamare determinati motivi. Può darsi. Però è un dato di fatto che, d’altra parte, nelle forme più responsabili, sono venute verso di noi minacce di estrema gravità, dal punto di vista politico lecite agli altri solamente se, dal punto di vista politico, sono lecite anche a noi le controminacce e le contropolemiche.
L’onorevole Togliatti, in uno degli ultimi e più importanti discorsi, pronunciato nell’Italia meridionale, ha detto (non cito le parole esatte testuali perché non le ho qui, ma mi sarà facile portarvi il documento, perché il discorso è noto a tutti): se il MSI dovesse avere un grande successo nel sud, attenzione, perché noi siamo disposti a spazzare via quelle formazioni. L’onorevole Nenni ha fatto dichiarazioni esattamente analoghe. Perfino il piccolo onorevole Romita ha dichiarato che, se noi avessimo dovuto vincere, egli, con le sue immaginarie forze, ci avrebbe spazzato. E il senatore Parri, in piazza Santi Apostoli, ha fatto un discorso ancora più violento e minaccioso. Ed allora, la legge è uguale per tutti? Sta bene. In questa campagna elettorale la polemica è andata oltre il segno, siamo andati noi oltre il segno? Non Posso escluderlo. Però anche gli altri sono andati oltre il segno nei nostri confronti e non possono dire a loro giustificazione: si trattava di un partito vietato. Lo ha detto l’onorevole Poletto: la legge non è retroattiva. Il Movimento sociale è, fino ad oggi, anche nei confronti di questa legge, un partito come tutti gli altri, ha i suoi rappresentanti al Parlamento, ha preso legittima parte alla battaglia elettorale. Lo stesso onorevole Poletto ha riconosciuto che il Movimento sociale rappresenta dei cittadini e degli interessi legittimi, esattamente come gli altri partiti. Quindi, se da un lato si è, per avventura, offeso il rispetto alla democrazia, lo si è offeso anche dall’altro. Possiamo chiudere anche questo capitolo, se si vuole, o possiamo tenerlo aperto, ma in tutti i sensi. Ma certo l’opinione pubblica non accetterebbe, perché gli italiani hanno sentito i nostri discorsi e quelli degli altri, impostazioni post-elettorali di carattere fazioso. Ma debbo dire un’altra cosa, in particolare all’onorevole Geuna. “
GEUNA: “Ella, onorevole Almirante, non mi ha risposto. A me non interessa quello che ha detto l’onorevole Togliatti. Dico che fin dal vostro nascere la vostra stampa ha suonato accusa contro la Resistenza, ed ingiustamente. E noi, che ne avremmo avuto il diritto, nei vostri confronti non abbiamo mai preso questo atteggiamento. Pertanto, chiedo serenamente: da quale parte è venuta la pacificazione? Non accusateci, proprio voi, di uno stato di cose che soltanto voi avete mantenuto. “
ALMIRANTE: “Le rispondo subito. Mi perdonerà: io non ho il dossier del ministro dell’Interno. Non ero pronto a questa sua obiezione e quindi non ho documenti di quello che dico, ma è molto facile trovarli.
Sono 5 anni, da quando il Movimento sociale italiano è nato, che esso è sottoposto (a voi potrà sembrare giusto, a noi certamente no) nei suoi uomini, nei suoi vivi, nei suoi morti, al continuo, tenace e insistente vilipendio da ogni parte. La discussione che si sta chiudendo ne è stata un esempio. Io mi sono sentito dire da un deputato della vostra parte che, sul piano morale, noi, quelli fra noi che sono stati nella Repubblica sociale italiana, siamo al di sotto del bandito Giuliano. È un deputato democristiano, irresponsabile se volete, però è un deputato democristiano che l’ ha detto in quest’aula. Inutile che vi ripeta quello che nei nostri confronti è stato detto. Lasciamo stare le memorie o le tradizioni. Onorevole Geuna, abbiamo fatto la guerra, e purtroppo anche la guerra civile. Dico «purtroppo» perché, mi creda, l’ho fatta con il lutto nel cuore, come l’ ha fatta lei. Non credo fosse per lei divertente, così come non lo è stata per me. Ma non basta essere d’accordo su questo: ci deve unire anche un’altra cosa: il rispetto per quelli che abbiamo visto cadere accanto a noi. Ma voi non avete dato nemmeno sepoltura ai nostri morti. Voi negate i cadaveri alle famiglie. L’attuale Governo non parlo a lei, onorevole Geuna è responsabile di sottrazione di cadaveri. Tra l’altro, è un reato previsto dal codice penale comune. “
Una voce al centro: “Di chi si tratta? “
ALMIRANTE: “Di Mussolini, se non le dispiace. Cominciate a dare sepoltura ai caduti! “
PRESIDENTE: “Onorevole Geuna, prenda atto che tutto il settore a cui appartiene l’onorevole Almirante dichiara che ciò che si sta dicendo non riguarda lei. “
GEUNA: “Siccome la polemica era fra noi due… “
PRESIDENTE: “Siccome a lei non giunge l’espressione di questo settore, ho il dovere di fargliela arrivare. “
GEUNA: “La ringrazio. “
ALMIRANTE: “Se ci vogliamo ritrovare, onorevole Geuna, sono prontissimo a fare ammenda di tutti gli eccessi polemici cui ci siamo potuti abbandonare; ma ciò deve avvenire, con i fatti, anche dall’altra parte. E qui un altro inciso, per dare una risposta che avevo dimenticato ad una cosa grave detta dall’onorevole Scalfaro. Questi ha parlato, a nostro riguardo, dei capi che scappano. Noi cinque deputati del Movimento sociale italiano diciamo che ci assumiamo fin da questo momento tutte intere, fino in fondo, le responsabilità passate, presenti e future del nostro partito. Sia ben chiaro: non siamo i capi che scappano. “
PIGNATELLI: “Il quinto chi è?”
ALMIRANTE: “È l’onorevole Latanza.”
PIGNATELLI: “Anch’egli assume queste responsabilità? “
LATANZA: “Sissignore. “
ALMIRANTE: “Sissignore. E l’essere venuto con noi in questo momento, lo onora. Vorrei rispondere all’insinuazione dell’onorevole Scalfaro e degli oratori di sinistra sul nostro conto: esserci dietro le nostre spalle chissà quali capi che ci manovrerebbero come burattini. Ebbene, se volete dei responsabili, siete pregati di ricercarli fra noi, che non rinunziamo ad assumere alcuna delle responsabilità del nostro partito. “
SANNICOLÒ: “Chi è il vostro presidente? “
ALMIRANTE: “Non è ancora in quest’aula. Potrà venirci se le leggi eccezionali verranno abrogate. Quando ci verrà, lo saluterete. “
SANNICOLO: “Chi è?”
ALMIRANTE: “È un eroico soldato, come ha detto il Presidente del Consiglio.”
SANNICOLO: “È un assassino! “
ALMIRANTE: “Secondo voi; secondo noi, è un eroe. È una medaglia d’oro: rispettatelo! “
GEUNA: “Non sono un comunista, io. Non mi confondete con loro. “
MIEVILLE: “Bravo Geuna! “
ALMIRANTE: “Quanto al dossier che sarebbe stato preparato contro di noi, come ha detto l’onorevole Poletto, soprattutto dopo la campagna elettorale, io devo fare due dichiarazioni. Primo: se è vero quello che i nostri avversari asseriscono, cioè che durante la campagna elettorale da parte nostra vi sarebbero state flagrantissime manifestazioni di apologia, chiedetene conto al ministro dell’Interno e ai suoi funzionari. Esiste la legge del 3 dicembre 1947, che per il reato di apologia è tanto chiara che questa legge ne riprende le norme. Esiste la legge 3 dicembre 1947, esiste il codice penale, esiste il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Nelle mani del ministro dell’Interno e delle autorità che da lui dipendono sono tutti gli strumenti per stroncare le manifestazioni di apologia del fascismo che si ritengono stroncabili. L’altro giorno, con procedura inusitata in questo Parlamento, come i giornali avversari hanno riconosciuto, sono stato portato in giudizio per avere espresso giudizi politici ritenuti apologetici in un comizio tenuto a Ragusa. “
GIANNINI GUGLIELMO: “Hanno fatto apposta per farla assolvere. Ella non si rende conto della collaborazione che ha in questa Camera… “
ALMIRANTE: “Se tale trattamento l’autorità di pubblica sicurezza ha ritenuto di farlo a un deputato del MSI il quale ha espresso, come potete vedere dal testo dell’autorizzazione a procedere, giudizi da voi ritenuti apologetici, ma enormemente meno gravi di quelli che si sono letti tante volte su tanti giornali non sequestrati, ciò significa che il ministro dell’Interno e le autorità, quando vogliono, hanno i mezzi, la volontà, la capacità di stroncare manifestazioni che non siano ritenute conformi alla legge. Se l’onorevole ministro dell’Interno insisterà, dunque, nel denunciare al Parlamento e all’opinione pubblica eventuali mancanze da noi commesse durante la recente campagna elettorale, prendetevela con lui. E lui se la prenda con le sue autorità. Mi risulta che ha indirizzato circolari ai questori affinché usassero il massimo rigore nei nostri confronti. Vi è stata anche qualche piccola circolare che raccomandava di seguire in modo particolare i miei comizi. Ringrazio l’onorevole ministro di questa speciale attenzione. Se ciò è vero, se le mie informazioni sono esatte, cosa hanno fatto le autorità? Non si venga a scaricare su noi la colpa, non si venga a chiedere conto a noi di una mancanza che il Governo può avere commesso durante la recente campagna elettorale. Non è prudente, da parte del ministro dell’Interno, tirar fuori simili argomenti di carattere poliziesco: non attacca. Se le autorità hanno mancato, il Governo le richiami. Noi saremo i primi ad esserne soddisfatti. La legge 3 dicembre 1947 è da noi considerata iniqua, ma è la legge; e noi ci impegniamo ad osservarla; se non la osserviamo, ci si colpisca. Io, deputato, ne ho dato la prova quando ho votato la mia autorizzazione a procedere perché ritengo, come deputato, di dover rispondere due volte alla legge. Ve lo ho dichiarato. Noi non ci siamo coperti, come hanno fatto altri deputati di altri partiti, dietro voti di amici, di compagni ed anche di avversari, noi ci esponiamo in prima linea.
Ma non si vada oltre i limiti, non si tenda contro di noi questo tranellino che non regge. Penso, dunque, che certi dossier possano rientrare in archivio. A meno che non sia esatta un’informazione estremamente grave che è stata pubblicata dai giornali, in piena contraddizione con quanto l’onorevole Poletto ha affermato all’inizio del suo dire. L’onorevole Poletto ha dichiarato che la legge non ha valore retroattivo, che non contempla fatti compiuti anteriormente all’entrata in vigore della legge stessa. Ora io leggo su un giornale che, secondo un’informazione dell’organo socialdemocratico La Giustizia, il Governo avrebbe completato in questi giorni la raccolta di documenti e di materiali relativi al Movimento sociale italiano e ai suoi gerarchi. «Salvo colpi di scena che peraltro non sono previsti scrive il giornale la legge avrà applicazione. Il Movimento sociale italiano di conseguenza sarà disciolto con buona pace di tutti coloro che vanno affermando che il Governo non è deciso a farlo perché lo scioglimento del Movimento sociale italiano costituirebbe un errore politico. È più probabile però (affermazione ufficiosa di agenzia) che la legge non venga applicata al Movimento sociale italiano come tale (bisognerà attendere che il partito definisca chiaramente se stesso con il congresso che chiede di tenere), bensì a qualche suo esponente». La stessa informazione è comparsa in un organo governativo dell’Italia settentrionale. Io in modo formale, come relatore di minoranza, chiedo al Governo che voglia confermare esplicitamente, alla chiusura di questa discussione, quanto ha dichiarato il relatore di maggioranza (mi perdoni, non è una mancanza di riguardo verso di lei, onorevole Poletto, ma si tratta di precisare delle responsabilità) circa l’impossibilità di applicare la presente legge in maniera retroattiva e di contemplare per l’applicazione di questa legge in sede giudiziaria fatti compiuti anteriormente all’entrata in vigore della legge stessa.
Ché se il Governo non confermasse le dichiarazioni esplicite della maggioranza, allora noi diffidiamo formalmente il Governo dal tentare di mettere in moto contro di noi simile macchina propagandistica e poliziesca, diffidiamo il Governo dal raccogliere oggi per domani dei dossier, i quali di fronte alla giustizia ed anche di fronte all’opinione pubblica (e lo dichiaro perché purtroppo il meccanismo dell’articolo 3 di questa legge può mettere in mora la giustizia e la stessa opinione pubblica) non possono trovare applicazione. Dichiaro anche che, avendoci il ministro dell’Interno, tramite la questura di Roma, gentilmente denunciati, or è qualche tempo, in base alla legge 3 dicembre 1947, per la ricostituzione del partito fascista, ed avendo il pubblico ministero chiesto l’archiviazione della denuncia in quanto non sussistevano, a giudizio dello stesso pubblico ministero, i fatti imputatici, ed essendo arrivata questa archiviazione alla firma della procura generale in data 23 maggio, questa firma sta stranamente tardando. Mi sembra che vi siano più che leciti sospetti di intrusione del Governo negli affari della magistratura, se le mie informazioni sono esatte. “
SCELBA: “Le sue informazioni possono essere sospette. Come fa a sapere queste cose, che costituiscono segreto d’ufficio? Lo spieghi alla Camera. “
ALMIRANTE: “Le so. Sono bene, o forse male informato. Mi auguro di essere male informato. “
SCELBA: “Domando: come fa a conoscere questa attività della magistratura, che dovrebbe essere segreta? “
ALMIRANTE: “Onorevole ministro, «credo» di saperlo, e non ho alcun bisogno di dare spiegazioni. Chiedo dunque al Governo assicurazioni… “
SCELBA: “Io non le darò mai assicurazioni di questo genere, perché, in questo caso, ella chiede cosa fuori della legge. “
ALMIRANTE: “Chiedo che il Governo confermi la dichiarazione dell’onorevole Poletto secondo cui questa legge non avrà efficacia retroattiva, anche perché dal punto di vista giuridico, io non sono d’accordo con i relatori di maggioranza quando dicono con assoluta certezza essere impossibile l’applicazione retroattiva di una legge di questo genere. Ciò diventa possibile (come abbiamo già detto in commissione senza essere sufficientemente smentiti o rassicurati) in quanto la legge apre una procedura a carattere induttivo sui precedenti dei presunti rei e in quanto può consentire al Governo di utilizzare, nei confronti di un partito politico o di uomini politici che si vogliono colpire, anche motivi propagandistici e politici relativi all’attività svolta prima che la legge stessa fosse promulgata. Infine, come abbiamo già preannunciato e come abbiamo già avuto occasione di fare con un ordine del giorno apposito, chiediamo al Governo di voler finalmente pronunciarsi sul problema del congresso del MSI. Su questo ho l’impressione che siano concordi molti fra gli stessi deputati che voteranno a favore di questa legge e, comunque, ho l’impressione che sia concorde con noi molta parte dell’opinione pubblica. Noi attendiamo una risposta a questo proposito, anche perché da essa si potrà giudicare quali intendimenti il Governo abbia nei confronti di questa legge e della politica che essa comporta.
Concludo rilevando quanto segue: 1) l’opinione pubblica prende atto che il risultato elettorale del 25 maggio non vi fa mutare indirizzo politico e addirittura esaspera il precedente indirizzo; 2) l’opinione pubblica prende atto che, dopo aver sventolato per l’ennesima volta durante la recente campagna elettorale la bandiera dell’ anticomunismo e dopo averla sventolata anche e soprattutto nei nostri confronti, subito dopo, a conclusione della campagna elettorale, sul problema che maggiormente vi interessa, voi siete d’accordo con l’estrema sinistra; 3) l’opinione pubblica prende atto che, dopo avere annunciato durante la campagna elettorale una politica polivalente in difesa della democrazia, voi avete ammainato anche quella bandiera e continuate a fare una politica monovalente; 4) l’opinione pubblica prende atto che, con un atto concreto di Governo e di Parlamento, voi dite di no alla politica di pacificazione ed aprite la porta ad un periodo ancora più aspro di polemiche interne; 5) l’opinione pubblica prende atto che il Parlamento dà, con questa legge, al Governo qualche cosa di più dei pieni poteri: gli dà poteri discrezionali con l’articolo 3, in materia di libertà di associazione.
Quanto a noi, ringraziamo Iddio di averci messo al centro di una battaglia di questo genere della quale siamo fieri, che abbiamo condotto, nella povertà delle nostre forze, aspramente e duramente fino in fondo; e vi diciamo che riconfermiamo, in questa occasione, l’impegno di continuare a combattere, impegno che abbiamo preso con i nostri elettori. Soprattutto vi diciamo che, qualunque cosa accada, dalle nostre bocche nessuno sentirà mai ripetere il detto veramente nefando: «Perisca la patria, purché crolli un regime». Anche se voi instaurate e tenete in piedi questo regime che per noi è di eccezione; anche se fate questa politica che per noi è di fazione, la patria rimane sempre più grande di voi e di noi. Continueremo a servirla e quando essa ci chiamerà, da chiunque sia rappresentata, ci troverà ai suoi ordini. Questa è la più alta risposta che vi si possa dare; ed è per questo che mi sento di poter concludere questa penosa, dura, faticosa e talvolta ossessionante e umiliante discussione col nostro e, spero, vostro grido: «Viva l’Italia!»
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