Seduta del 6 giugno 1957
I voti «non graditi» dal governo Zoli
Governo Pella, governo Zoli, due governi Segni, governo Tambroni: negli anni della segreteria Michelini, cinque governi hanno potuto contare sull’appoggio esterno del Msi. Un’epoca che si chiuderà con i fatti di Genova (luglio ’60) e con il successivo avvento del centro-sinistra. Michelini ed Almirante, con i rispettivi schieramenti interni, sono uniti nel proiettare in avanti la battaglia del Movimento, spiegando il loro atteggiamento con la necessità di affidare al partito democristiano tutte le responsabilità, sottraendo i governi ai ricatti e alle pressioni delle sinistre. Ecco il governo Zoli, quello dei voti«non richiesti e non graditi». Ma comunque dati, per il bene dell’Italia, come spiega Almirante.
ALMIRANTE: “Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, il rammarico di parlare ad ora incomoda viene in questo momento superato in me dalla fortuna di avere ascoltato gli interventi dell’onorevole Malagodi e dell’onorevole Nenni dopo il brillante intervento del collega Cantalupo, ma soprattutto dopo l’intervento del segretario della Democrazia cristiana, onorevole Fanfani, perché se avessi dovuto intervenire immediatamente dopo il discorso dell’onorevole Fanfani, confesso che le mie prospettive politiche ne avrebbero, non per mia colpa, sofferto, perché il segretario della Democrazia cristiana, sul cui importante intervento mi permetterò successivamente qualche valutazione politica, ha indubbiamente pronunciato un discorso-bis un discorso da Presidente del Consiglio non so n. 2 o n. 1, e quel che è più grave un discorso che per molti versi mi permetterò di dimostrarlo, del resto è facile e la Camera n’ è stata testimone ha contraddetto le affermazioni che in chiusura di discussione al Senato aveva pronunciato il Presidente del Consiglio.
Per fortuna dicevo ho potuto ascoltare subito dopo l’onorevole Malagodi e poi l’onorevole Nenni, ai quali, o per meglio dire, alle formule politiche che essi per un verso o per l’altro hanno rappresentato o potrebbero o vorrebbero rappresentare, il segretario della Democrazia cristiana si era in precedenza esplicitamente o implicitamente rivolto. E siccome l’onorevole Malagodi e l’onorevole Nenni hanno avuto il merito di rispondere con molta chiarezza, direttamente o indirettamente, alle sollecitazioni dell’onorevole Fanfani, la situazione politica nei confronti della maggioranza parlamentare e del Governo, che all’inizio di questa seduta poteva apparire ingarbugliata, fluida, come si suol dire, in questo momento mi sembra assai più chiara. Perché? Perché ella, onorevole Zoli, in chiusura di dibattito al Senato aveva sepolto il quadripartito; per servirmi della frase che in interruzione ella ha oggi usato nei confronti proprio del discorso dell’onorevole Fanfani, ella aveva preso atto in chiusura del dibattito al Senato che quella porta era chiusa; per servirmi ancora della sua espressione nei confronti del discorso odierno dell’onorevole Fanfani, l’onorevole Fanfani ha tentato di riaprire la porta, l’onorevole Malagodi l’ha richiusa. Ringrazio l’onorevole Malagodi per averlo fatto. Ne prendo atto. E poiché con molto garbo e con molta cortesia l’onorevole Malagodi si è occupato oltre che dei suoi, dei nostri atteggiamenti passati e soprattutto presenti e futuri, gli devo qualche risposta che non è, naturalmente, a carattere personale, ma che è la risposta che in questo momento il deputato del Movimento sociale italiano ritiene di dover dare al segretario del Partito liberale e all’esponente autorevole (fino a ieri) della formula quadripartita o tripartita, della formula governativa.
Devo, in primo luogo, complimentarmi vivamente con l’onorevole Malagodi. E credo di dire cosa esatta e che d’altra parte deve fargli piacere, perché detta da un avversario che a volte è stato nei suoi confronti perfino impetuoso e forse sgarbato. Devo dirle, onorevole Malagodi, che ella ha pronunciato oggi un magnifico discorso nella sostanza e nella forma; e devo dirle che finalmente abbiamo imparato a conoscere il Malagodi vero: cioè che, in sostanza, il ricostituente dell’opposizione le fa veramente bene e mi auguro che le faccia sempre meglio per avere il piacere di ascoltare discorsi di opposizione sempre più interessanti, vivaci e programmaticamente solidi. “
PRESIDENTE: “È un’esperienza personale che ella cede agli altri. Ella si è fatto le ossa all’opposizione. “
ALMIRANTE: “No, signor Presidente, non vorrei cederla. Sto facendo un certo sforzo per conservare i vantaggi dell’opposizione anche entrando in una maggioranza parlamentare. Riconosco però che lo sforzo è pesante e mi rendo conto della pesantezza dello sforzo che l’onorevole Malagodi ha dovuto sostenere per tanti anni. È vero che gli sforzi che si compiono in una coalizione di Governo sono compensati dalle comodità, dai vantaggi e dai privilegi che la coalizione di Governo concede ed offre.
Ora, senza volere certo dispiacere al mio ottimo amico onorevole Lucifero, che ne ha in qualche modo una paternità degnissima, devo rivelare che l’onorevole Malagodi ha oggi, non dico fondato, ma ricostituito, rifondato il Partito liberale. Abbiamo sentito in quest’aula la voce del vero Partito liberale, che da anni non sentivamo più. Abbiamo sentito impostazioni rigidamente e ortodossamente liberali da parte del segretario del Partito liberale. Ci fa piacere. Non sono le nostre impostazioni, noi non le condividiamo; però sentire il segretario del Partito liberale parlare finalmente un linguaggio liberale, criticare la politica economica di questa compagine governativa, criticare, anzi attaccare a fondo l’istituto della regione in nome delle tradizioni alle quali finalmente vi ricordate di ispirarvi, direi che è stato uno spettacolo confortante. Onorevole Malagodi, abbiamo assistito proprio oggi alla nascita o alla rinascita del Partito liberale.
Ci consenta però di dirle, onorevole Malagodi, che abbiamo ancora nelle orecchie, da parte sua e dei suoi amici, e soprattutto dei suoi amici che hanno fatto parte della precedente coalizione governativa, accenti ben diversi, impostazioni ben diverse, o per lo meno impostazioni ben più caute; o per lo meno abbiamo il dolore di non avere ascoltato, per la vostra reticenza opportunistica quando eravate al Governo, le stesse impostazioni di oggi, né sul piano politico ed economico, né soprattutto sul piano politico generale dello Stato rispetto all’istituto della regione.
Onorevole Malagodi, quello che ella ha detto oggi è senza dubbio esatto dal punto di vista vostro e, fra l’altro, è stato detto veramente in modo formalmente mirabile. Ma sono anni che una parte notevole dell’opinione pubblica chiede al Partito liberale di distaccarsi da coalizioni opportunistiche, da posizioni opportunistiche che inducevano o costringevano il Partito liberale a tacere alcune sue fondamentali impostazioni programmatiche! Sono anni che voi siete costretti o ritenete di lasciarvi costringere alla tattica o alla politica del compromesso! Si parla di strizzatine d’occhio nei nostri confronti, ma c’è stata una permanente e decennale strizzata d’occhio fra voi, la Democrazia cristiana e il Partito socialdemocratico!
Si parla oggi dei problemi della pubblica istruzione, si parla oggi dei problemi dell’agricoltura, si parla oggi del problema regionale da parte vostra con rude ortodossia di partito; ma il fatto che tale ortodossia l’abbiate recuperata d’un tratto, essendo passati d’un tratto all’opposizione, non vi qualifica nel modo migliore per essere voi i censori non del Governo, ma delle nostre posizioni e delle nostre impostazioni! Già, perché ella trova incredibile il nostro atteggiamento!
Onorevole Malagodi, il nostro atteggiamento non ci forza in nessun modo, non ci porta, né ci porterà mai, a rinunziare a uno solo degli aspetti morali, storici, programmatici e politici della nostra impostazione, come risulta chiaro dagli interventi degli onorevoli Turchi e Ferretti al Senato e come cortesemente ci può testimoniare il Presidente del Consiglio. I discorsi dei senatori «missini», pur nella conclusione positiva, sono stati discorsi più di critica che di consenso ai programmi e soprattutto a talune impostazioni di fondo dell’attuale Governo.
Dal suo pulpito, dunque, onorevole Malagodi, non ci doveva venire una predica di questo genere.
Ma guardi, per passare dal generale al particolare, il problema delle regioni. Ho l’onore di far parte della prima Commissione (Interni) che si è occupata della nostra proposta di revisione di quegli articoli della Costituzione che appunto concernono l’ente regione. Naturalmente, di fronte alla nostra proposta, i colleghi socialcomunisti hanno gridato allo scandalo, come se la Costituzione fosse qualche cosa di intangibile.
Ma o si intende essere fedeli alla Costituzione, ed allora la fedeltà deve riguardare anche l’articolo 138 che saggiamente ne prevede la possibilità di revisione, o si è fedeli solo agli articoli che fanno comodo e allora non si è dei difensori della Repubblica e dello Stato, ma solo difensori delle proprie tesi di parte e la Costituzione è solo un usbergo. E questo è tanto vero che voi socialcomunisti vi scandalizzate oggi ma non vi scandalizzavate affatto, durante il periodo della Costituente che vi vide avversari o tiepidi assertori della regione, perché speravate che il 18 aprile segnasse la vostra vittoria e guardavate con preoccupazione a un ente regione che avrebbe diminuito il vostro potere centrale e assoluto.
L’onorevole Malagodi, comunque, ha compiuto oggi l’atto coraggioso di chiedere la revisione della Costituzione. O, per lo meno, egli si è espresso in modo da far capire che desidera la revisione degli articoli riguardanti la regione. Senonché, all’inizio dell’altra legislatura e di questa, nel 1948 e nel 1953, quando i parlamentari del Movimento sociale italiano presentarono la proposta di revisione costituzionale, recante per prima appunto la firma del segretario del nostro partito, la maggioranza della Commissione si schierò addirittura contro la presa in considerazione ed il rappresentante del Partito liberale votò contro la nostra tesi. Così quando, alla stessa Commissione interni della Camera giunse la proposta Amadeo per l’ elezione dei consigli regionali, il rappresentante del Partito liberale o votò contro la nostra tesi nuovamente, tesi per fortuna condivisa dalla maggioranza a proposito dell’emendamento Agrimi, o fu un brillantissimo assente. II Partito liberale, dunque, nella sua rappresentanza parlamentare, cioè nella attività legislativa che doveva svolgere in omaggio ai propri princìpi, non ha nessun merito a proposito dell’ente regione.
Non ci si dica dunque che il nostro atteggiamento è inverosimile. Intanto dobbiamo prendere atto con soddisfazione (è una nota positiva che registriamo con piacere) che le dichiarazioni di questo Governo in ordine all’ordinamento regionale sono meno gravi, meno preoccupanti delle dichiarazioni e degli impegni di tutti gli altri Governi dei quali voi liberali facevate parte.
Gli altri Governi hanno sempre programmaticamente dichiarato, salvo a dimenticarsene poi nell’attuazione del programma (consultate gli atti parlamentari dal 1948 in qua), la loro fedeltà all’ente regione e la loro volontà di dargli attuazione. Non solo; ma sia quando la nostra proposta costituzionale venne per due volte respinta, sia quando si parlò in questa aula e nell’altro ramo del Parlamento del problema
a proposito dei continui rinvii della legge elettorale regionale, tutti i governi dei quali voi liberali facevate parte fecero dichiarazioni, che potevano essere fittizie, che hanno potuto per fortuna non essere seguite dai fatti, che per fortuna non sono state mantenute ma che tuttavia sono state responsabilmente pronunciate, di pieno, assoluto ossequio all’ente regione e di volontà di dargli rapidamente attuazione.
Questo Governo ha, in sostanza, fatta sua la posizione che è risultata vittoriosa in Commissione per pochi voti, e contro la vostra volontà, liberali, per lo meno contro la volontà del vostro rappresentante nella Commissione interni della Camera.
Questo Governo dichiara: non si darà attuazione all’ente regione se prima non verrà disposta e attuata la legge finanziaria. È una posizione non soddisfacente per noi, evidentemente, perché non è la nostra posizione, non risponde al nostro punto di vista. Il nostro punto di vista l’abbiamo responsabilmente dichiarato, l’abbiamo tradotto in una proposta di legge costituzionale. Però, tra tutte le posizioni che finora sono state prese dai vari governi in ordine al problema regionale, è quella che meno gravemente si allontana dalla nostra e anche dalla vostra attuale presa di posizione.
A questo riguardo, pertanto, non è inverosimile il nostro atteggiamento; ma, semmai, è inverosimile e inspiegabile il vostro atteggiamento, onorevole Malagodi.
Sono lieto di aver parlato dopo l’onorevole Malagodi e l’onorevole Nenni. Dall’onorevole Nenni ho sentito parlare (ed è sempre commovente) di Provvidenza. Si è parlato di Predappio. L’onorevole Nenni è di quelle parti, e ha parlato come uomo della Provvidenza, e ha gravemente minacciato lei, onorevole Zoli, e tutti noi, l’Italia, con la solita minaccia del caos. Un discorso apocalittico, quello dell’onorevole Nenni. Ma l’onorevole Nenni è abituato da 10-12 anni a fare certe profezie, che per fortuna non si verificano mai. In sostanza egli è un gran bravo uomo, come un bravissimo uomo è lei, onorevole Zoli. Con quel suo temperamentaccio che gli conosciamo ormai, l’onorevole Nenni ha reso oggi, involontariamente, anch’ egli un grosso servizio alla chiarezza della situazione politica, come precedentemente l’aveva reso l’onorevole Malagodi. Perché, se l’onorevole Malagodi ha affermato che il quadri-partito per ora è sepolto (Dio ci salvi dal poi), l’onorevole Nenni ha confermato che per ora, malgrado gli inviti, le sollecitazioni, le graziose serenate odierne del segretario della Democrazia cristiana, non si può parlare d’ apertura a sinistra, che non sia apertura fino ai comunisti. Io ho registrato le più interessanti fra le frasi dell’onorevole Nenni; e credo che anche il Presidente del Consiglio, che è un pazientissimo annotatore, le abbia segnate nel suo taccuino.
L’onorevole Nenni, parlando della maggioranza che potrebbe domani costituirsi sui patti agrari, ha detto: essa vi è già e va dai democristiani fino ai comunisti. E ulteriormente ha dichiarato (e spero che il Presidente del Consiglio e anche l’onorevole Fanfani ne abbiano preso nota): «Noi socialisti non siamo alla ricerca di motivi di differenziazione dai comunisti». E ulteriormente ha precisato ancora meglio: «Badate, che le maggioranze pendolari o interscambiabili non sono per noi». Ed ha aggiunto: «Niente gioco delle mezze ali».
Mi faceva rilevare l’onorevole Lucifero (non voglio rubargli una battuta che mi sembra graziosa) che l’onorevole Nenni non è «sistemista»; usa il vecchio metodo. “
PRESIDENTE: “Il catenaccio. “
ALMIRANTE: “Il catenaccio dovrebbero metterlo loro, i democristiani. Il senatore Zoli da principio lo aveva messo, l’onorevole Fanfani si è incaricato di scassinarlo e l’onorevole Nenni lo ha chiuso. “
ZOLI: “Vi erano dei falli laterali da parte di qualcuno. Allora, rimetteremo le cose a posto. Cercheremo di far entrare il pallone in rete. “
ALIMIRANTE: “L’importante è che tutti possano giocare a questo giuoco e che non si dica come fa il bimbo capriccioso: con te non giuoco. Poi si vedrà chi sa giocare. “
ZOLI: “Si vedrà se è questione di capriccio o di coerenza. “
ALMIRANTE: “Se è questione di coerenza, onorevole Zoli, allora ci sono certi giuochi che ella non vuol fare con noi e che noi non vogliamo fare con lei. Stia sicuro che prima di tutto noi non vogliamo farli con lei, perché offenderemmo noi stessi ancor prima di offendere lei.
Vi sono altri giuochi che siamo invitati a fare dagli elettori, e sono giochi che stiamo facendo tutti quanti come deputati e come italiani lo ha detto l’onorevole Malagodi e gli rendo grazie di questo e sono giochi politici, parlamentari, democratici e tutti siamo qualificati a farli. Può darsi che li facciamo più o meno bene, ma è nostro diritto. La legittimità di farlo non ce l’ha data lei e non ce la può togliere, né noi ci permetteremmo di darla o di toglierla a lei: a lei e a noi l’ha data il popolo italiano quando ci ha mandati qui.
Questa è l’arena dove si gioca. “
ZOLI: “Ci siamo presentati al popolo in un certo modo; e, come ho detto, nessuno mi cambierà i connotati, stia tranquillo. “
ALMIRANTE: “Si immagini se io voglio cambiarle i connotati, che sono così simpatici; quelli devono restare. Non si tratta di cambiare i connotati. Credo che la mia impostazione, anche se scherzosa e che si è voluta servire di una battuta per rispondere ad una sua garbata interruzione, sia come tante altre volte una impostazione seriamente politica.
Questa è l’arena in cui si fanno i giochi. E una volta entrati qui dentro non è possibile essere messi fuori della porta, moralmente e politicamente, da chicchessia.
Si tratta di vedere e lo ripeto come e in quale misura, in quale maniera, con quale impostazione, con quale formula e soprattutto con quale senso di responsabilità, di chiarezza, si vuole partecipare al gioco. E siccome noi a lei non abbiamo contestato affatto né la sua coerenza, né il suo senso di lealtà e di chiarezza, penso che ella non contesterà affatto che il gioco potrà tradursi in un incontro e in uno scontro. Onorevole Zoli, stiamo già giocando, ella sta giocando nel momento in cui parla, mi interrompe, prende atto della mia posizione, e continua questo colloquio.
Crede forse in questo momento di essere ancora non fisicamente, non moralmente, ma come uomo e come uomo politico soprattutto, quello del 1945? No, anche io sono moralmente quello del 1943, quello del 1945 e di altri anni che non arrivano, per mia fortuna, al 1919. E lo sono nella mia ininterrotta coerenza, della quale mi vanto e alla quale certamente non rinunzio. E per queste ragioni onoro la coerenza altrui e sono lieto che ella ne abbia dato prova anche in questo dibattito, anche se talune delle sue espressioni hanno potuto legittimamente ferirci.
Ma dal punto di vista politico, cioè della responsabilità, sono un deputato italiano che parla a nome di un partito politico italiano, il quale non ha bisogno di nessun passaporto e di nessun lasciapassare per inserirsi nella vita politica italiana. Gli elettori ci hanno inserito nella vita politica. Non voglio fare della retorica e dirvi che ci hanno inserito anche le nostre e le altrui sofferenze. Gli elettori italiani ci hanno inserito in questo gioco. E gli ultimi a poterci dire che noi oggi ci inseriamo anche in una maniera probabilmente più penetrante, gli unici a non poterci rimproverare questa nostra capacità di inserimento, sono coloro che ci hanno rimproverato sempre del contrario.
Sono dieci anni che ci sentiamo rimbalzare addosso delle pesanti accuse: gli uomini col volto girato all’indietro, i dannati danteschi, i nostalgici. E quando in Parlamento noi soli, onorevole Zoli, stiamo dando la prova di capacità anche di capacità sofferta di inserimento, di senso di responsabilità, quando noi, forse sbagliando e forse illudendoci, rispondiamo con celerità e prontezza, della quale ci deve esser dato atto, ad un appello che ha voluto qualificarsi, come lo ha qualificato lei, l’appello di un Governo di partito, ma per la nazione, proprio in questo momento trovate modo di dirci: con voi non giochiamo. Altri momenti dovevate trovare, non questo. Noi vi ringraziamo, perché ci fate fare una magnifica figura, ma pensiamo che non sia saggia la vostra posizione. E credo che questo, onorevole Zoli, non la possa offendere, perché non è solo l’espressione di un uomo, ma di un partito. E chiedo scusa di questa digressione che comunque era necessaria.
L’onorevole Nenni chiarendo che non si presterà né a una apertura a sinistra che vada fino ai socialisti ed escluda i comunisti, né a un gioco alterno sulle mezze ali, né alle cosidette maggioranze pendolari e interscambiabili, dichiarando addirittura che non sta neppure cercando motivi di differenziazione dai comunisti, penso che abbia chiuso l’altra porta, abbia messo l’altro catenaccio, abbia dato al segretario della Democrazia cristiana la risposta che forse questi si attendeva e desiderava; e questo fatto non può essere dimenticato, io spero, da questa sera a domani mattina.
Quindi, sepolto il quadripartito dai suoi stessi esponenti; sepolta la possibilità non solo di una apertura a sinistra, ma di un gioco immediato con le sinistre da parte di coloro stessi che del gioco sembravano essere i protagonisti, penso che la situazione si sia chiarita nei suoi termini essenziali, e penso che questo chiarimento giovi a tutti, e che taluni equivoci non possano verificarsi ulteriormente.
Allora, a questo punto il dibattito potrebbe anche essere considerato inutile, potrebbe essere considerato un’appendice ormai oziosa del lungo dibattito svoltosi al Senato. Credo invece che il dibattito sia ulteriormente utile (a parte le precisazioni preziose fornite dagli onorevoli Malagodi e Nenni), perché ho l’impressione di non sbagliare quando dichiaro che in questi ultimi giorni in Italia qualche cosa di molto importante è accaduto.
Quando crolla un palazzo fatiscente, che pure aveva una sua apparenza di austerità e di imponenza, sono molti i calcinacci per terra; qualcuno li può anche scambiare per ruderi, ma sono soltanto calcinacci. Si leva un grande polverone. Qualcuno può dire: è una tempesta, è un ciclone. È il caos, dice l’onorevole Nenni. No: è polvere. Però occorre un po’ di tempo per riordinare i calcinacci e stabilire che sono proprio calcinacci, e non metterci intorno il muretto di cinta. Per carità, non mettete muretti di cinta intorno all’onorevole Saragat!
Ci vuole del tempo perché il polverone si dilegui. Il tempo poi è ancora più lungo quando per avventura, come in questo caso, oltre ai calcinacci veri vi sono quelli artificiali, e oltre al polverone autentico vi è la nebbia artificiale: una nebbia artificiale che in questo momento alita su tutta la situazione politica italiana e sull’opinione pubblica. E questo non per colpa vostra, e certo non per colpa sua, onorevole Zoli, non per colpa della Democrazia cristiana, se si eccettuano taluni interventi del segretario di quel partito. Questo avviene per colpa di taluni grossi organi di opinione pubblica che, guarda caso, sono proprio i cosiddetti giornali borghesi, contro i quali le sinistre tanto inveiscono. Tali giornali in questi giorni e la cosa non si verifica per la prima volta, né sarà l’ultima stanno compiendo un sottile gioco di equivoci che mi propongo in parte di smascherare nel corso di questo mio breve intervento.
Credo che si possa tranquillamente prendere atto che la politica centrista è fallita; ma vorrei pregare i responsabili della Democrazia cristiana, nel loro interesse, di non confonderla con un indirizzo politico di centro, che è altra cosa.
Credo che la Democrazia cristiana, proprio ora, possa incominciare a fare una politica di centro, e credo che non abbia potuto fare una politica di centro, ma abbia dovuto oscillare fra una lenta e talvolta accelerata involuzione a sinistra e un quasi permanente immobilismo, proprio a causa dell’equivoco centrista.
La politica centrista è finita. Che cosa significa in termini chiari? Significa che non esistono in questo momento le condizioni politiche, che non esistono neppure le condizioni personali per attuarla. L’intervento dell’onorevole Malagodi l’ha dimostrato, e l’intervento dell’onorevole Saragat ce lo dimostrerà ancora meglio, sen-
za dubbio, e sarà una delle poche volte in cui l’onorevole Saragat, suo malgrado, sarà utile all’interesse nazionale.
Non esistono, dunque, le condizioni politiche e neppure quelle personali per una collaborazione permanente al vertice tra Democrazia cristiana, Partito liberale, Partito socialdemocratico e Partito repubblicano. È un dato di fatto, è un fatto importante.
Ritengo, dal nostro punto di vista, che sia un fatto politico nazionalmente positivo e a noi non interessa sapere o stabilire o precisare di chi siano state le responsabilità.
Abbiamo letto cose estremamente divertenti in questi giorni da questo punto di vista. Se l’argomento e la discussione non fossero profondamente seri, sarebbe veramente il caso di fare un intervento a base solo di battute. Abbiamo letto, per esempio, in questi giorni a proposito delle ragioni del crollo del precedente Governo, che il presidente Segni sarebbe stato troppo «precipitoso» nel leggere sui giornali le dichiarazioni politiche «precipitose» che l’onorevole Saragat, vicepresidente del Consiglio in carica, aveva fatto «precipitevolissimevolmente» una domenica mattina in un’assemblea di partito.
Ma, senza andare a questi ultimi eventi, io penso che sui metodi veramente singolari di coabitazione al Governo dell’onorevole Saragat, almeno fino ai tempi di Pralognan, voi foste sufficientemente informati ed edotti.
Comunque, prendo atto, e soprattutto dopo il discorso dell’onorevole Malagodi ne prendo atto volentieri, che il quadripartito è in questo momento sepolto e, badate, non soltanto le ragioni che l’onorevole Malagodi ha espresso, egli che finalmente ha dichiarato quali sono i programmi del Partito liberale e riteniamo che indubbiamente non si acconcerà fra poche settimane, fra pochi giorni a rinfoderare quei programmi, a dimenticarli, a rinnegarli, a distruggere quel bel partito… “
BADINI CONFALONIERI: “Eravamo contro le regioni alla Costituente quando ella non aveva ancora salito quei banchi. “
ALMIRANTE: “Appena siamo saliti su questi banchi, abbiamo presentata un’apposita proposta di legge costituzionale alla quale vi siete opposti. Non lo potevamo fare prima per le circostanze di fatto che l’onorevole Zoli antifascista ben conosce. Quindi, non addossateci la colpa, perché non può essere nostra.
Ma a parte, dicevo, il discorso dell’onorevole Malagodi, a parte i fatti personali che si sono verificati in seno al quadripartito, a parte la preziosa interruzione al discorso dell’onorevole Malagodi da parte dell’onorevole La Malfa il quale oggi giustamente ha detto: ma come? Voi continuavate a stare nel tripartito e ci criticavate perché noi ne eravamo usciti; a parte tutto questo, siete stati voi, è stato lei, onorevole Zoli, a chiudere la porta al quadripartito. Con il suo discorso finale al Senato, ella non ha soltanto coperto di male parole l’onorevole Saragat ma ha respinto Sara-
gat sul piano ideologico e sono sicuro che ella se ne è reso conto e che lo ha fatto apposta. Me lo auguro, perché questo accrescerebbe di molto la mia stima nei suoi confronti. Quando ella ha affermato che fra il classismo delle sinistre e il vostro interclassismo esiste una irriconciliabilità che si spinge sul piano delle valutazioni religiose, io penso che ella abbia voluto socialmente e ideologicamente scomunicare non soltanto Togliatti e Nenni, ma anche Saragat, il quale non ha mai negato di essere classista, è una delle poche cose nelle quali egli è stato sempre coerente.
Se la Democrazia cristiana si è accorta che tra interclassismo e classismo non vi è possibilità alcuna di conciliazione sul piano della condotta politica, in quanto si tratta di principi assolutamente inconciliabili, indubbiamente essa in questo modo ha detto a Saragat: bada, non hai i titoli ideologici programmatici per convivere ulteriormente.
Quanto a Malagodi e La Malfa, come ha rilevato l’onorevole Malagodi, essi sono stati respinti sul piano delle intese politiche e programmatiche.
Pertanto, preso atto che il quadripartito è morto e sepolto, mi debbo chiedere che cosa ha inteso dire l’onorevole Fanfani; mi debbo anche chiedere, in questa stranissima combinazione di gioco delle parti, perché Fanfani ha tanto violentemente aggredito, anche se ciò era nel suo diritto e dovere di segretario del partito, l’onorevole Scelba, il quale, in fin dei conti, con la caratteristica che gli è propria, con una certa virulenza, con poco garbo, scarsa tempestività e disciplina, non aveva detto cosa politicamente difforme da quella che oggi, con tanto garbo e stretta aderenza alla disciplina del partito, ha detto il segretario della Democrazia cristiana.
Spero che nel consiglio nazionale del suo partito, che ella farebbe bene a rinviare, se lo statuto lo consente, di qualche giorno… “
ZOLI: “Quanti consigli mi sono stati dati in questi giorni! “
ALMIRANTE: “I nostri consigli sono tutti disinteressati. “
ZOLI: “Sono tutti sprecati. “
ALMIRANTE: “Ma ella, come Presidente del Consiglio, non si può sottrarre ai consigli.
Mi auguro, dicevo, che nel supremo consesso della Democrazia cristiana queste incertezze di valutazione siano chiarite.
Stabilito che il quadripartito è morto e sepolto, che, come ha detto Nenni, di apertura a sinistra e di gioco delle mezze ali non si può parlare, voi avete la scelta tra poche formule: monocolore di affari, monocolore di centro. Come vede, onorevole Zoli, non parlo di monocolore aperto a destra o di centro-destra, perché mi rendo conto che in questo momento a tale formula non potevate condurre il vostro par-
tito senza creare a voi stessi e al paese delle grosse difficoltà. Penso che dobbiate apprezzare questa nostra moderazione di giudizio. Comunque, potevate scegliere tra la soluzione indubbiamente per voi più comoda, monocolore d’affari, e una soluzione qualificata, monocolore di partito di centro. Avete scelto quest’ultima, ed ella ha aggiunto: «Di partito per la nazione».
Io, che in un discorso programmatico di un Presidente del Consiglio vado logicamente a cercare il significato politico impegnativo di ogni frase, penso di non essere lontano dal vero se interpreto la sua definizione così: Governo di partito, come ella ha detto, filiato dal partito della Democrazia cristiana. Il quale partito, onorevole Zoli, nella parola del suo segretario ha dei toni, nei confronti del Governo, come abbiamo sentito oggi, un poco incomodi, un poco presuntuosi. Abbiamo sentito una predica che l’onorevole Fanfani ha rivolto al Governo del suo partito e ne abbiamo avuto pena per lei e per i suoi colleghi ministri: pensiamo che la disciplina instaurata dal partito nei confronti del Governo sia piuttosto rigida.
Ad ogni modo, ella, onorevole Zoli, dice «Governo di partito», io la capisco; quando aggiunge «per la nazione», penso che abbia voluto fare un appello alla responsabilità nazionale, obiettivamente valido. Onorevole Zoli, non mi dica di no, perché io le sto dicendo cose che non possono che giovare alla causa di un Governo, indipendentemente dalle persone e dai gruppi che lo potrebbero con il loro voto appoggiare. Quando un oppositore, comunque un uomo di partito molto lontano dal suo, si rivolge al Governo in questa guisa, ha l’impressione di rendere un modestissimo servigio a quel Governo. Non mi deluda, non mi dica di no, per un istante almeno, aspetti che abbia completato il mio pensiero. Quando ella dice: Governo nazionale, penso abbia fatto un appello obiettivamente valido, cioè abbia inteso dire: la Democrazia cristiana è impossibilitata a dar vita ad altre formule. Potrebbe scegliere una formula di affari. Non vuole scegliere una soluzione così comoda, che sarebbe elusiva dei principali problemi sul tappeto. Sceglie il Governo che esprime o vorrebbe esprimere il programma del partito; si rivolge alla responsabilità nazionale nel senso che chiede alla responsabilità di coloro che possono determinare il crollo od il passaggio del Governo di consentire a questo Governo di stare in piedi fino alle elezioni per l’amministrazione della cosa pubblica nell’interesse obiettivo della vita del paese. “
MALAGODI: “Con quei programmi? “
ALMIRANTE: “Con quei programmi dei quali ho già parlato. “
ZOLI: “Programmi sui quali sono maggiori i vostri dissensi che i consensi. Comincio a non capire. “
ALMIRANTE: “L’aiuterò a capire. “
MICHELINI: “È uno sforzo pesante, perché ella sta cercando da parecchi giorni di non capire. “
ZOLI: “Ella si accorgerà che ho capito. “
MICHELINI: “È una minaccia questa? “
ZOLI: “Non è una minaccia. “
DEGLI OCCHI: “Minaccia semplice. “
ZOLI: “È un preavviso. “
ALMIRANTE: “Quando pertanto, onorevole Presidente Zoli, oggi il segretario del suo partito ha contrapposto una posizione di dovere della Democrazia cristiana ad una presunta posizione di calcolo da parte nostra e dei nostri amici del Partito nazionale monarchico, sarei indotto dal temperamento e dal diritto a capovolgere la non felice impostazione del segretario della Democrazia cristiana; ma dal mio senso di pacatezza e responsabilità sono indotto soltanto a modificarla, a riconoscere cioè che in questo momento la Democrazia cristiana adempie ad un dovere se dà vita ad un Governo, avendo avuto dall’elettorato italiano la qualificazione numerica, se non altro, necessaria ed indispensabile per dar vita in questo momento essa sola ad un Governo. Ma debbo immediatamente aggiungere che da parte nostra, semmai, si deve parlare non solo di un analogo ma anche di un più maturato e più sofferto, e certo di un più disinteressato dovere. Io non penso che il segretario della Democrazia cristiana né i componenti del Governo né il Presidente del Consiglio in persona abbiano diritto di parlare di calcolo da parte nostra in questo momento.
Penso che sia veramente assurdo parlare di calcolo nei nostri confronti quando i calcoli li avete sbagliati o li state sbagliando tutti, avendo puntato le vostre carte (ed i discorsi di Malagodi e di Nenni lo hanno oggi dimostrato) in altri settori ed in altre direzioni.
Si tratta adesso, signor Presidente del Consiglio, di dare qualche interpretazio-ne al nostro atteggiamento. Ella, signor Presidente, ha detto in Senato: «Voi tirate a compromettermi. Lo non mi lascerò compromettere da voi». Si riferiva in quel momento, signor Presidente, come si è riferito anche oggi nel corso di questo mio intervento, ad una compromissione direi di carattere storico e di principio: noi vorremmo fascistizzare il Governo, od applicare al Governo, a uomini del Governo, alla sua persona, signor Presidente, quella etichetta che giustamente l’ opinione pubblica attribuisce a noi.
No, signor Presidente, nulla è più lontano dalle nostre intenzioni, dalla nostra volontà e dal nostro temperamento. Noi siamo fieri della etichetta che portiamo e siamo lietissimi che voi ne portiate un’altra, siamo lietissimi di una differenziazione
che dal piano politico si estende al piano morale e a quello storico. Non abbiamo nulla da rinnegare e non vi chiediamo di rinnegare nulla. Una sola cosa possiamo domandarvi: di avere la bontà, tra un anno, durante i comizi elettorali quale che sia la situazione che si determinerà da adesso ad allora di presentare al popolo italiano, soprattutto nelle contrade dell’Italia meridionale, la stessa Democrazia cristiana antifascista e resistenzialista che abbiamo avuto il piacere di incontrare qui nel colloquio tra noi e il Governo. Non vorremmo ci capitasse di trovare una Democrazia cristiana elettorale di tipo diverso: non vorremmo, durante la prossima campagna elettorale, assistere ad abbracci tra un uomo molto qualificato del Governo, un vostro ministro, e combattenti della Repubblica sociale italiana, in pubblico ed a fini elettorali da parte vostra. Questo ci è successo durante le precedenti elezioni e lo abbiamo molto deplorato. A noi certe contaminazioni non piacciono: intendiamo presentarci al corpo elettorale quali siamo, e vogliamo augurarci che la Democrazia cristiana si presenti quale ella la dipinge, onorevole Zoli, al corpo elettorale, specie a talune zone, a taluni settori di esso, in particolare nell’Italia meridionale. E non ho bisogno di spiegarne i motivi.
È stato detto lo ha scritto il giornale ufficiale della Democrazia cristiana che il nostro atteggiamento sarebbe determinato soltanto da ragioni polemiche, in quanto la polemica contro il quadripartito e la polemica contro l’apertura a sinistra ci avrebbero indotto a considerare come una formula accettabile in linea di massima e prescindendo per ora dai giudizi su questa formazione governativa e sul suo programma la formula monocolore.
Se si sostiene che è puramente polemica una posizione la quale nasce dall’aver constatato con piacere che la formula monocolore rappresenta il sotterramento, almeno per ora, di formule che noi consideriamo esiziali e dannose per la salute pubblica e politica d’Italia, allora anche la medicina è polemica, ed il medico che guarisce l’ammalato lo fa in polemica contro l’ammalato stesso. Io credo piuttosto che egli faccia polemica contro il male al fine di sanare l’infermo.
Noi siamo in posizione polemica, sì, ma contro le formule negative che hanno finora afflitto l’Italia. E che si parli proprio da parte del giornale della Democrazia cristiana e in qualche modo anche da parte sua, signor Presidente, di una nostra presunta posizione negativa in questo momento, mi stupisce perché voi avete dato vita al governo della Democrazia cristiana. Un partito come il nostro, il quale dice: vediamo alla prova questo Governo; vediamo alla prova i vostri programmi eccomi a quell’appuntamento, onorevole Malagodi non penso che possa aprioristicamente essere tacciato di impostazione negativa, a meno che voi non consideriate negativi a priori i programmi della Democrazia cristiana e la possibilità di vita e di battaglia politica di essa. È una impostazione a priori certamente non negativa; è una impostazione tendenzialmente positiva: la positività o meno dipenderà da voi.
Ed eccomi all’appuntamento. Si è detto che il nostro atteggiamento è inverosimile, e lo si è detto con qualche leggerezza, con qualche sgarbo: ma ce ne avete fatti tanti in questi giorni! È un po’ lo stile della Democrazia cristiana”.
ZOLI: “In caso avrebbe imparato da qualche altro partito precedente. Non era certo molto cortese il fascismo. “
ALMIRANTE: “Dal Partito repubblicano, forse, ma da noi no! Non ci sono mai state occasioni precedenti per dialoghi di questo genere. “
ZOLI: “Ella crede che il fascismo non ci abbia mai fatto degli sgarbi? Ella si è vantato di esserne l’erede, ha detto che è fiero di portare, non dico quella bandiera, ma quel gagliardetto. “
ALMIRANTE: “Vogliamo parlare dei tempi nostri, onorevole Zoli? “
ZOLI: “Ma voi parlate dei tempi passati, e li giudicate! “
ALMIRANTE: “Io sono qui per esprimermi sull’attuale situazione politica e poiché nel nostro atteggiamento qualcuno di voi non ha voluto vedere un atteggiamento politico, ma ha voluto insistere nel vedere soltanto un residuo di atteggiamenti nostalgici, ci siamo pronunciati molto rispettosamente sul vostro passato, come intendiamo ci si pronunci rispettosamente sul nostro. Dopodiché si parla del presente e del futuro.
Credo di non sbagliare, di non essere fuori dal seminato invitando garbatamente il Presidente del Consiglio a giudicare il nostro partito a seconda degli atteggiamenti politici che esso prende in questo momento. “
ZOLI: “A seconda dell’idea cui afferma di ispirarsi, non a seconda degli atteggiamenti, che sono contingenti. “
ALMIRANTE: “Sono proprio le idee, che determinano i nostri atteggiamenti, onorevole Presidente; perché mi debbo occupare, in risposta anche dell’onorevole Malagodi, delle ragioni politiche che stanno determinando il nostro atteggiamento, ragioni politiche che sono anche ragioni di principio, ragioni programmatiche. L’onorevole Malagodi ed altri anche lei, signor Presidente del Consiglio in una interruzione hanno considerato singolare il nostro atteggiamento.
La prego, signor Presidente del Consiglio di voler non dico rileggere, perché li ha pronunciati lei e li ricorderà bene, ma riconsiderare i suoi due discorsi al Senato, quello iniziale e quello finale; e di voler considerare, nell’ intervallo, le nostre impostazioni politiche e programmatiche in Senato. Forse quanto sto per osservare le riuscirà nuovo o le dispiacerà, ma si tratta di fatti reali.
Nel suo primo discorso, ella ha fatto un elogio che è stato scherzosamente definito un poema statistico al quadripartito e, in sostanza, attraverso l’elogio al quadripartito, è affiorata una malinconia, la nostalgia del quadripartito stesso e in pari
tempo è affiorato un tentativo di giungere ad un nuovo quadripartito, o quanto meno ad una nuova coalizione di centro. In tale discorso la parola «comunismo» non risultava affatto e non vi era alcun attacco, alcun indizio a quegli aspetti del comunismo su cui ella invece si è pronunziata molto chiaramente nel suo secondo discorso.
Così le sue posizioni nei confronti del Partito socialista italiano erano reticenti o addirittura ambigue. Nei nostri interventi al Senato sul piano politico, ispirandoci ai nostri principi, per quella vitalità che questi principi hanno ancora oggi nel paese, noi abbiamo chiesto al Governo di pronunziarsi in ordine a tre cose: al quadripartito, all’ apertura a sinistra, al grave problema del comunismo. Ebbene, nel suo discorso di replica, forse non intendendo di rispondere direttamente a noi, o in parte forse rispondendo direttamente a noi, ma comunque, l’abbia voluto o non l’abbia voluto, l’abbia fatto a ragion veduta o l’abbia fatto suo malgrado, solo perché a questo l’ha portato la logica delle cose, come poc’anzi diceva l’onorevole Pietro Nenni, nella sua replica ella si è riferita a quei tre problemi e in ordine a ciascuno di quei tre problemi ella ha dato una impostazione.
Quadripartito: chiusura. Ed era questa appunto la nostra vecchia impostazione, la nostra consueta impostazione, anzi. Ella non avrà avuto intenzione di farla sua, ma lo avrà fatto per la logica degli eventi; comunque l’ha fatta sua. Apertura a sinistra: a prescindere, onorevole Presidente del Consiglio, da quanto l’onorevole Nenni ha precisato ora, ella ha detto che c’è un’apertura politica e un’apertura sociale e che per quanto riguarda l’apertura politica la Democrazia cristiana è divisa tra coloro che sono d’accordo per ora per il no, ma che comunque tutti sono d’accordo per il no.
Mi pare queste siano state esattamente le sue parole testuali. Ha poi espresso sul comunismo dei giudizi che non soltanto il nostro settore ma larga parte del Parlamento ha da sempre espresso, quando invece nel discorso iniziale aveva sull’argomento totalmente taciuto.
Non può dunque dirsi che un nostro atteggiamento politico in questo momento sia privo di coerenza e di validità, non può dunque dirsi che il nostro atteggiamento politico in questo momento non si richiami a principi che sono stati sempre nostri e che abbiamo sempre sostenuto in opposizione alle precedenti formule di Governo, in opposizione anche a precedenti impostazioni del partito di maggioranza.
Quando poi ci si consiglia, come qualche amico del giaguaro ci ha consigliato, un atteggiamento astensionistico, cioè un atteggiamento di copertura della nostra responsabilità, noi rispondiamo esattamente quello che l’onorevole Malagodi ha risposto: in questo dibattito non si tratta di astensione, ma si tratta di dire sì o no. Il segretario del nostro partito, onorevole Michelini, preciserà a conclusione del dibattito, il nostro pensiero responsabile, ma egli mi ha autorizzato a dire pubblicamente che si tratterà di dire sì o no e non certamente di un atteggiamento di astensione o di copertura o di sotterfugio. Questo è il dibattito delle aperte e chiare responsabilità e penso che questo atteggiamento, che è forse più di stile che politico, debba essere apprezzato anche da coloro che non condividono il nostro punto di vista.
Ed allora, onorevole Zoli, quando ella dice Governo di centro per la nazione, Governo di partito per la nazione, noi rispondiamo che sulla formula in generale saremmo d’accordo, purché alla formula voi vi atteniate. Governo di partito? Ed allora fuori con il vero volto della Democrazia cristiana. Finora vi siete coperti di alibi più o meno comodi e più o meno tempestivi. Finora, quando vi si chiedeva di chiudere verso Nenni, dicevate: abbiamo Saragat in casa, Saragat che torna da Pra-lognan sta lavorando per la unificazione e se chiudiamo la porta a Nenni, mettiamo Saragat in condizioni di difficoltà. Adesso non potete più dirlo, non avete più questo coinquilino piuttosto incomodo. Quando vi si chiedeva anche da questa parte di affrontare grossi problemi sociali, di struttura, quando vi si chiedeva, per esempio, di tradurre in leggi operanti gli articoli 39 e 40 della Costituzione, di dar vita alle leggi sindacali (e di questi problemi vi parlerà il presidente del nostro gruppo parlamentare, onorevole Roberti, anche come presidente della «Cisnal») voi rispondevate: vi sono i liberali in casa nostra ed è difficile, coabitando con il Partito liberale, poter affrontare i grandi problemi di struttura sociale e sindacale. “
MALAGODI: “Probabilmente presenteremo una proposta di legge.”
ALMIRANTE: “La studieremo volentieri. Potreste intanto cominciare a studiare le vostre. “
MICHELINI: “Ella, onorevole Malagodi, all’opposizione è un grosso acquisto. Sono convinto di questo. “
ALMIRANTE: “Intanto dicevo onorevole Malagodi, potreste cominciare a studiare, ora che siete all’opposizione, ora che potete farlo e l’onorevole Fanfani non ve lo vieta più, la proposta di legge che noi abbiamo presentato per il riconoscimento giuridico dei sindacati. Perché non cogliete la buona occasione ora che siete liberi dal gravame del Governo? Fatelo pure. Potreste anche studiare l’altra proposta di legge, dato che si parla di socialità, dividendo il campo fra partiti sociali e partiti conservatori e reazionari, sulla socializzazione delle aziende I.R.I. e potrebbe anche prendere visione lei, onorevole Zoli, di questa nostra proposta di legge. Potreste dicevo studiare questi problemi e rendervi conto che i partiti non possono essere socialmente divisi in maniera schematica all’uso di Nenni e Togliatti.
Dicevate, finché eravate inseriti in formule quadripartitiche e tripartitiche, che anche la lotta contro il comunismo non poteva essere condotta fino in fondo perché la formula composita e soprattutto la presenza dei repubblicani o socialdemocratici al Governo e nella maggioranza parlamentare vi impedivano talune iniziative. Adesso non avete più alcun alibi e vi incoraggiamo a fare la vostra politica. L’avete esposta? Non credo che il Presidente del Consiglio l’abbia potuta o voluta esprimere in pieno, anche perché il Presidente del Consiglio è stato molto onesto nell’esprimere dinanzi al Parlamento i limiti di tempo della sua azione. Il Presidente del Consiglio
ci ha ricordato e ha ricordato anche a se stesso che questo Governo non vuole essere transitorio, ma che è un Governo a scadenza costituzionalmente fissata, invalicabile. Il Presidente del Consiglio ha fatto riflettere che non molte settimane di lavoro avrà il Parlamento dinanzi a sé per la sua attività legislativa normale. E a questo punto il Presidente del Consiglio, se avesse portato fino in fondo le sue oneste riflessioni, avrebbe probabilmente stralciato qualche parte del programma legislativo che ha esposto alle Camere. Io penso che egli coltivi qualche buona, qualche ottima illusione, se pensa di poter realizzare un programma così vasto.”
ZOLI: “Ho molta fiducia nel Parlamento. “
ALMIRANTE: “O in sé stesso? “
ZOLI: “Nel Parlamento. “
ALMIRANTE: “Gliene siamo grati. Le auguro di poter realizzare un programma ancora più vasto, ma penso che i limiti di tempo diverranno ad un certo momento veramente invalicabili. E credo di non sbagliare prevedendo questo.
Per questa ragione e per altre ragioni che sono politicamente evidenti, penso che il Presidente del Consiglio non abbia esposto tutto il programma del suo partito. E d’altra parte il segretario della Democrazia cristiana ha dichiarato che la Democrazia cristiana pensa di presentare il suo vero programma come manifesto elettorale per la battaglia elettorale, per le future sue glorie e maggioranze. L’attendiamo a questa prova.
Il programma che l’onorevole Presidente del Consiglio ha presentato comporta alcuni problemi di carattere sociale ed economico sui quali si pronuncerà l’onorevole Roberti. Io mi sono pronunciato in merito al problema della regione. Comunque devo dire, per venire al punto più delicato dell’attuale situazione politica, che coloro che in questo momento (alludo a quella tale stampa borghese di cui parlavo all’inizio) vagheggiano una strana operazione, una politica sociale di sinistra coi voti o con la copertura della destra, non hanno ascoltato bene il suo discorso di replica al Senato, onorevole Zoli.
In quel discorso ella è stato molto chiaro e molto efficace quando ha detto: attenzione, classismo è inconciliabile con interclassismo; ha detto: attenzione, classismo è uguale a marxismo; e ha detto ai socialisti dal punto di vista sociale qualche cosa di più: badate voi, sotto le bandiere aperte o arrotolate del Partito comunista, attraverso una vostra impostazione di politica unitaria di classe operaia, in sostanza contrabbandate una merce che è merce comunista perché è merce marxista e classista, e perciò non è conciliabile coi nostri principi.
Ella ha detto questo, onorevole Presidente del Consiglio, ma come accade, gravato da tante fatiche, da tante preoccupazioni e da tante interruzioni, se ne è dimen-
ticato subito dopo, quando ha aggiunto che, se di apertura politica verso sinistra non si può parlare, si può parlare invece di apertura sociale.
Ora noi siamo d’accordo se per apertura sociale si intende che questo Governo vuole realizzare, nei limiti che lo spazio e il tempo gli consentiranno, il programma sociale della Democrazia cristiana, cioè un programma sociale interclassista. Io mi permetterei soltanto di usare una denominazione più propria, più italiana, anche, e perfino più democristiana; oserei suggerirvi di parlare, anziché di interclassismo, di corporativismo. E non lo dico in senso fascista, ma in senso vostro, del vostro corporativismo di Toniolo.
Non penso che vi possiate adontare per un riferimento di questo genere. E vi suggerisco il termine non per confondere le idee, ma per chiarirle. Interclassismo somiglia molto a classismo e somiglia soprattutto a espediente. Corporativismo demo-cristiano e cattolico è, invece, termine storicamente e programmaticamente individuato in maniera perspicua e intorno al quale il segretario della Democrazia cristiana, in senso cattolico e non in senso derivato, potrebbe darci in un suo prossimo intervento una lezione di chiarezza e di definizione programmatica, terminologica e politica. Sarebbe una buona occasione per parlare insieme di un certo passato e di aspetti di quel passato che indubbiamente al professore onorevole Fanfani non possono dispiacere e dei quali non può rifiutare né corresponsabilità né, in qualche modo, paternità.
Comunque, continuate a parlare di interclassismo, però come ne ha parlato lei, onorevole Zoli: cioè stabilendo per sempre che interclassismo e classismo sono termini inconciliabili, perché il primo rientra nel programma cattolico mentre il secondo rientra in quello marxista e materialista. Se dunque il Partito socialista pratica una politica sociale classista, di intesa con il Partito comunista, attraverso la CGIL, non basta dichiarare che non è possibile nei confronti del PSI un’ apertura politica, ma bisogna aggiungere perché è la logica delle cose che vi porta a questa precisazione che nei confronti del Partito comunista e del Partito socialista, se veramente volete essere democristiani e antimarxisti, interclassisti, (come voi vi chiamate) o corporativi (come dovreste chiamarvi senza vergognarvene) non è possibile prima di tutto nemmeno un’ apertura sociale.
Nenni ha dichiarato oggi che sulle leggi sociali troverete una maggioranza che va fino ai comunisti. Ciò sarebbe naturale trattandosi delle leggi sociali dei marxisti e dei classisti. Ma tali leggi, ispirate a una politica di classe, cioè di divisione e di odio, non di soluzione ma di esasperazione dei problemi, non sarebbero leggi di tutela dei legittimi interessi dei lavoratori, ma leggi eversive.
Ma tali leggi voi le approvereste con i voti dei socialisti e dei comunisti e con il nostro «no»! E questo è un «no» programmatico, non politico od opportunista; non è un «no» di questa sera né una minaccia, ma un leale avvertimento: anche perché, vi ripeto, quelle leggi voi le approvereste, non soltanto con i voti di Nenni, ma anche con quelli di Togliatti: quelli di Togliatti prima di quelli di Nenni. Ed in que-
sto caso voi costituirete una nuova alleanza e una nuova maggioranza, assumendo-vene tutte le responsabilità. Giochi di contrabbando a questo riguardo non se ne fanno con questa parte, non se ne faranno mai nella maniera più tassativa.
Ed a proposito di salti, attenzione, perché Nenni non si è stasera dimostrato una quaglia, ma addirittura un canguro: un canguro che porta Togliatti nel marsupio. Voi non riuscirete mai a costituire una maggioranza coi socialisti che non sia tale da comprendere anche i comunisti. “
CORONA ACHILLE: “Ella cerca di spaventare, onorevole Almirante. “
ALMIRANTE: “Onorevole Corona, sono venuto al congresso di Venezia ed i limiti entro i quali l’onorevole Pietro Nenni può muoversi li conosco bene. Oggi l’onorevole Nenni è stato costretto a pronunziare una delle frasi più dolorose, forse, della sua carriera politica. Mentre la leggeva si sentiva la sofferenza: «Noi non cerchiamo ha detto Nenni di differenziarci dai comunisti». Ma come? Tutta la politica di Pietro Nenni da parecchi mesi a questa parte è rivolta a cercare una siffatta differenziazione, tutto il congresso di Venezia si è svolto su quel tema e su quel tentativo. Nenni si è lasciato rivolgere infinite serenate ed ora viene qui, nel momento in cui la Democrazia cristiana, ingenuamente (o malignamente) riapre la porta che il Presidente del Consiglio aveva chiuso l’altro giorno, e proprio in questo momento è costretto a dire ai democristiani (che non gli hanno chiesto che un gioco di mezze ali), a dire, dopo il discorso dell’onorevole Togliatti di ieri: noi non cerchiamo nessuna differenziazione dai comunisti.
Dopo di che io non so che cosa ancora cerchiate per comprendere la vera situazione.
La politica dell’onorevole Nenni è questa, non perché sia ansioso della soluzione dei problemi sociali, ma perché la sua base elettorale è la base sindacale, perché egli non può uscire dalla CGIL Egli ha potuto, nei confronti dei comunisti, usare un linguaggio apparentemente indipendente su problemi molto lontani, oltre cortina; ma quando si è al di qua della cortina e si entra nelle camere del lavoro, i socialisti nenniani sanno benissimo di non poter fare a meno dell’appoggio dei comunisti, sanno che quella è la loro base politica, la loro potenza.
Lo dovete sapere anche voi democristiani, e quindi dovete rendervi conto che certi giochi non sono assolutamente possibili.
Rendetevi conto pertanto che chiudere politicamente al Partito socialista non vuol dire chiudere al progresso sociale. Questo è il vecchio gioco delle sinistre che purtroppo ha attecchito in Italia. Essi sono riusciti ad identificare propagandisticamente il progresso sociale con l’apertura a sinistra e con la politica di classe. Invece, al contrario, non si va verso il popolo andando verso quei partiti. Andando verso quei partiti (lo dico senza retorica: è la realtà, e non faccio che ripetere le sue frasi, onorevole Zoli) significa andare verso Poznan e Budapest; significa mettere domani
(lo ha detto ella al Senato) i lavoratori e i giovani italiani nelle stesse condizioni in cui si sono trovati e ancora si trovano i lavoratori e i giovani in Polonia, in Ungheria e nella Germania orientale.
Non basta dire di no all’apertura politica a sinistra. Bisogna aver chiaro questo concetto: che tutto l’armamentario pseudo-sociale della sinistra è un armamentario antisociale e che per progredire socialmente bisogna aver il coraggio di trasferire sul terreno politico quello che ella ha detto felicemente sul terreno dei principi.
Se l’interclassismo è inconciliabile con il classismo, allora una politica sociale di centro è inconciliabile con una politica sociale aperta a sinistra e con singoli provvedimenti sociali che vengono proposti dalla sinistra, quando si tratti di provvedimenti di grande importanza.
Che cosa potete ottenere attraverso le vostre reiterate serenate all’onorevole Nenni, in questa situazione? Questo magnifico risultato: dare all’onorevole Nenni la possibilità di: 1°) non rompere con i comunisti; 2°) restare all’opposizione e votarvi contro, come ha detto anche oggi; 3°) entrare però a far parte della maggioranza e quindi poter dichiarare all’opinione pubblica di essere contro il Governo e nello stesso tempo di essere necessario al Governo per varare quelle uniche leggi di riforma sociale che i socialisti e i comunisti presenterebbero alla pubblica opinione non come le vostre conquiste, ma come le loro conquiste.
Ma sembra che gli dareste fra le mani una carta più grossa di quella che, ingenuamente, per molti anni avete messo fra le mani dell’onorevole Saragat. Mi auguro che l’equivoco sia stato chiarito. Ad ogni modo credo di aver compiuto il dovere di chiarirvi molto nettamente la nostra posizione al riguardo.
Per avviarmi alla conclusione, voglio soffermarmi su un argomento che concerne anche i vostri rapporti con i socialisti in particolare e con le sinistre in genere: la politica estera. Ne parlerò brevissimamente, anche perché ne ha parlato con grande competenza l’onorevole Cantalupo.
Devo semplicemente limitarmi a rilevare che si fa confusione, che è spesso insidiosa confusione, tra distensione e distensionismo.
Quanto alla distensione, cioè alla speranza di assicurare la pace al nostro paese, all’Europa e al mondo, io penso che siamo tutti d’accordo. Quanto al distensionismo, non solo è un’altra cosa, ma è l’opposto.
Il distensionismo non porta alla distensione; porta alla smobilitazione: smobilitazione degli animi prima, delle alleanze poi, delle forze militari infine, nei confronti della Russia sovietica. In una situazione tutt’altro che chiara, non è sinonimo di volontà di pace, soltanto di velleitarismo e di irresponsabilità in politica estera. Su questo punto noi siamo molto chiari e riteniamo di poter dire queste cose con le carte in regola proprio per l’atteggiamento che abbiamo tenuto sempre in merito ai grandi problemi di politica estera.
Mi associo in questo a quanto è stato detto molto efficacemente, eloquentemente e con parole commosse, dall’onorevole Cantalupo. Devo dire che il Movimento sociale italiano non può affermare di essersi sempre trovato su determinate posizioni d’accordo con voi in politica estera.
Siamo stati in grave dissenso. Al tempo del Patto atlantico abbiamo combattuto una dura battaglia contro la vostra impostazione di allora. Perché? Perché avevamo la sensazione (e i fatti che seguirono non ci hanno dato torto) che si entrasse nel Patto atlantico per la porta di servizio. Cioè avevamo la preoccupazione in senso opposto a quella dell’estrema sinistra, temevamo che lo strumento fosse poco efficace, che la garanzia fosse scarsa, che si trattasse non di un’alleanza ma di una soggezione, e volevamo uno strumento organico di difesa dell’occidente cattolico e anticomunista. Tanto è vero che quando lo strumento, nella dinamica della politica internazionale, è stato adottato e quando in questa Camera sono venuti in discussione gli accordi per l’U.E.O., il Parlamento, la nazione italiana e il partito di maggioranza hanno trovato nei deputati e nei senatori del Movimento sociale uomini che si sono fermamente battuti per la causa della difesa occidentale, della civiltà cattolica, dell’Europa contro la minaccia comunista.
D’altra parte nessuno fra i componenti dell’attuale Governo da questo punto di vista ci conosce meglio dell’attuale e antico ministro degli Esteri, il quale sa quale fu il nostro atteggiamento nei confronti della sua politica ai tempi del non dimenticato discorso in Campidoglio del settembre del 1953 quel discorso con la sua impostazione realistica è costato allora assai caro all’onorevole Pella da parte della Democrazia cristiana, da parte dell’attuale segretario del suo partito, ma in quella occasione l’atteggiamento del Movimento sociale è stato inequivoco. Ed allora il Presidente del Consiglio parlo dell’attuale ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio ce ne ha dato atto, ci ha dato atto del disinteresse col quale ci eravamo comportati.
Concludendo, onorevole Zoli, devo io parlare della penosa vicenda delle formulette che sono state escogitate qui e fuori di qui a proposito dei nostri voti in Senato? «Non richiesti», «non graditi», ha detto il presidente del vostro gruppo senatoriale.”
ZOLI: “«Sgraditi» ha detto. “
ALMIRANTE: “L’onorevole Ceschi ha detto «sgraditi». Invece il segretario della Democrazia cristiana ha detto oggi «non richiesti e non graditi ».
È stato molto duro con noi. Quando si trattava del Governo da lui presieduto, sempre a nome della Democrazia cristiana, egli era più garbato con noi. Chiesti, non richiesti? Potrei parlare in proposito della situazione di allora e della situazione di oggi. Graditi, non graditi? Allora erano molto graditi, e siamo stati deplorati per non averli dati: ci è stato detto che avevamo perso l’autobus ed altre cose. Graditi
e non graditi adesso? Mi esprimo più realisticamente e garbatamente di voi: perché, onorevole Zoli, se dovessi dare ascolto all’animo mio, di fronte ad espressioni di questo genere, legittimamente insorgerei, perché vi sono reazioni di dignità che sono legittime anche in Parlamento; ma anche senza dare ascolto a legittime reazioni, le dico che immaginavo che il segretario della Democrazia cristiana usasse un linguaggio più responsabile. Soprattutto perché egli è stato messo in penosa contraddizione con se stesso, in quanto ha dichiarato, dopo la votazione al Senato, che i nostri voti non erano necessari, ma poi ha dovuto riconoscere che in questo momento la situazione è diversa. Egli lo sapeva prima. Io credo che il segretario della Democrazia cristiana sappia che il Parlamento italiano si compone di due rami: della Camera e del Senato, in cui le votazioni sulla fiducia avvengono con sistemi diversi, in cui la composizione dei gruppi è differente. Penso che il segretario della Democrazia cristiana si renda conto che il voto di fiducia e quindi la vita di questo Governo non sono da considerarsi perfetti se non quando anche la Camera avrà votato. Credo perciò che sia stato imprudente. Ma ancora più imprudente e contraddittorio è stato oggi quando, dopo aver detto che i nostri voti non sarebbero graditi, ha immediatamente soggiunto che il Governo minoritario deve andare in cerca di voti. Dopo di che è andato a cercare voti, e ha trovato una porta sbarrata dall’onorevole Nenni. Non so dove il segretario della Democrazia cristiana possa andare a cercare voti graditi. Penso che egli abbia delle ambizioni eccessive in questo momento, e ritengo che egli dovrà modificare il linguaggio, le sue ambizioni, il tono, oppure, se egli continua a usare un tono di questo genere e a nutrire ambizioni così spavalde in momenti tanto difficili per noi ma anche per voi che non siete ancora nati come Governo, penso che il segretario della Democrazia cristiana, insieme a tutti voi, dovrà cercare diverse, meno comode soluzioni e probabilmente a sentire quanto l’onorevole Nenni ha oggi annunciato e minacciato soluzioni più pericolose.
Noi abbiamo fatto il nostro dovere, non per calcolo. Abbiamo fatto il nostro dovere e continueremo a farlo, siamo decisi a farlo. Ma riteniamo che se altri, come certamente lei, signor Presidente del Consiglio, e come certamente il segretario della Democrazia cristiana, vorranno fare davvero il loro dovere, debbano, prima di tutto, rendersi conto realisticamente di una situazione che non consente licenze, non poetiche ma prosaiche, quali quelle che ancora oggi abbiamo, con disappunto, sentito risuonare in questa aula.”
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